Luigi Guiso, la Repubblica 23/7/2009, 23 luglio 2009
AZIENDE INSOLVENTI BOMBA A OROLOGERIA
I politici parlano di germogli, ma appena girato l´angolo ci attendono delle sorprese tutt´altro che liete. Ciò che oggi si inizia a osservare è l´impatto di una economia indebolita sul settore finanziario. Non si è però ancora fatto i conti pienamente con l´insolvenza di imprese e famiglie e il relativo effetto su questo già stremato settore. La domanda chiave oggi è: quanto sarà vasta l´ondata di sofferenze sui prestiti? E quale sarà l´impatto sui bilanci dei già dissestati istituti bancari?
Innanzitutto, i default sono un fenomeno che emerge con ritardo e tende a persistere a lungo. La maggior parte delle aziende entra nei periodi recessivi con mezzi propri liquidi sufficienti per fare fronte alle esigenze quando le vendite calano drasticamente e i flussi di cassa si affievoliscono. Le aziende possono poi anche liquidare asset per sopperire al fabbisogno di liquidità e per evitare onerose condizioni di insolvenza. In questa fase iniziale, inoltre, le banche hanno un forte incentivo a fornire loro liquidità sperando in una rapida ripresa.
Grazie a questi fattori, l´insolvenza tende a emergere verso la fine del ciclo economico, spesso a ripresa già avviata. Nella recessione del 1992 in Italia, per esempio, il picco massimo dei default fu toccato nell´anno successivo rispetto al minimo ciclico e il tasso di default continuò a registrare una percentuale superiore alla media di quasi il 30% nei quattro anni successivi.
Secondo, le condizioni di insolvenza imputabili all´incapacità dei debitori di onorare il debito possono innestare un altro tipo di default ben più insidioso: quello strategico, ossia, il default da parte di debitori che possono ripagare il debito ma che scelgono di non farlo. Infatti, quando il numero delle insolvenze comincia a essere alto, il costo sociale dell´insolvenza si riduce notevolmente incoraggiando anche debitori solventi a non restituire il debito. In un recentissimo sondaggio, a un campione di famiglie americane è stato chiesto se considerano la possibilità di smettere di pagare il mutuo pur potendolo fare: è emerso che addirittura il 17% sceglierebbe di non onorare le rate, pur potendolo fare, se valore della casa dovesse scendere al disotto del valore del debito.
Terzo, vi è dell´evidenza che le grandi banche, poiché hanno una difficoltà intrinseca nel valutare la solidità economica delle piccole imprese in questa particolare congiuntura, stanno ritirando loro il credito forzandole a dichiarare default. In circostanze normali, senza questo taglio del credito sarebbero aziende attive. Il fenomeno potrebbe non pesare molto in Paesi quali l´Olanda dove prevalgono le grandi aziende, ma può diventare un serio problema in Italia, Germania o Spagna dove l´importanza relativa delle Pmi è molto più alta. La dimensione del problema dipende anche dalla possibilità per le piccole società di trovare fonti alternative di finanziamento, in particolare da banche locali.
Quarto e ultimo, il ritmo dei default potrà essere accelerato nel futuro prossimo dalle stesse forze che in primis hanno innescato la crisi: il ritorno alla normalità di tassi di interesse oggi molto bassi. Prima o poi ciò accadrà e la questione è nell´agenda dei banchieri centrali che ragionano su una exit strategy per la crisi. In generale, la minaccia di una ondata massiccia di default suggerisce che l´attuale ottimismo è fuori luogo. Tutto ciò che oggi ci possiamo permettere è un certo sollievo per essere riusciti a superare il peggio del panico.