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 2009  luglio 23 Giovedì calendario

ISTIGAZIONE ALLA CORRUZIONE, GIUDICE SOSPESO


Milano, la Grossi non dirigerà il Tribunale fallimentare. In passato si è occupata di cause delicate

Nel 1990 come pretore esaminò la vicenda del controllo delle azioni Mondadori

MILANO - Maria Rosaria Grossi, per il momento, non dirigerà il Tribunale fallimentare di Milano. Il gip di Brescia Lorenzo Benini, ieri in tarda mattinata, ha accolto la richiesta d´interdizione che, il 20 giugno scorso, il procuratore aggiunto Fabio Salamone aveva sollecitato. La Grossi è accusata di abuso d´ufficio e tentata concussione, ma il provvedimento di ieri ridisegna l´impianto accusatorio, inquadrando la sospensione limitatamente al reato di «istigazione alla corruzione». Non è bastato all´indagata formalizzare la richiesta di trasferimento ad altra sede per evitare la sospensione per due mesi dal servizio. Al centro dell´indagine, una presunta richiesta che la designata responsabile della Fallimentare avrebbe fatto a un noto avvocato civilista milanese: «Ti do gli incarichi, ma tu tra due anni mi assumi nel tuo studio».
Il giudice milanese, su cui ora si allungano pesanti ombre, in passato ha avuto per le mani una serie di cause delicate. Nel ´90, come pretore, si occupò della vicenda del controllo delle azioni Mondadori, prendendo un provvedimento fondamentale per il futuro della società editoriale di Segrate. Non solo: come giudice delegata al fallimento della società Arcado, nel 2005 la Grossi decise la correttezza della cessione dei terreni che poi furono annessi a Villa Certosa, la residenza in Costa Smeralda di Silvio Berlusconi. E lo stesso giudice, nel 2005, pilotò la cessione di Radio 101 dai falliti fratelli Borra alla Mondadori.
L´inchiesta bresciana, nata da una segnalazione fatta dagli stessi vertici del Tribunale milanese, ha raccolto una serie di lamentele da parte di diversi colleghi della Grossi. Appena il procuratore Salamone ha avviato le indagini ha trovato numerosi riscontri ai sospetti. Continue le richieste della Grossi per far nominare curatori a lei vicini. Eppure, questo, è l´ufficio che il giudice Maria Rosaria Grossi, 61 anni, da oltre 30 in toga, dallo scorso 20 giugno avrebbe dovuto dirigere. L´inchiesta ha bloccato la sua promozione e forse anche la sua carriera.
Ma, secondo l´accusa, resta sospetta anche la titolarità di otto immobili nel centro di Milano, il cui acquisto rimane un mistero. I legali del giudice, Angelo Giarda e Alessandro Mainardi, hanno cercato di dimostrare con una memoria la regolarità di quelle proprietà, annunciando che ricorreranno in appello. «Almeno a partire dal 2005 e fino al maggio 2009», scrive nel suo provvedimento di interdizione il procuratore aggiunto di Brescia, la Grossi avrebbe sistematicamente imposto legali a lei vicini per l´affidamento di incarichi da migliaia di euro per volta.
Davanti alle accuse, la Grossi, lo scorso 3 luglio, ha negato gli addebiti, tranne su un punto. La sua fortuna immobiliare sarebbe frutto di buoni investimenti, iniziati dopo un primo lascito dell´ex marito. Il resto sarebbe venuto da sé. L´indagata avrebbe ammesso solo di aver omesso di denunciare al fisco i redditi ottenuti dagli affitti. Se ci sono state irregolarità, dice la difesa, al massimo hanno una valenza fiscale.
Fabio Salamone, ascoltando i testimoni dell´inchiesta, sembra essersi fatto l´idea che al Tribunale fallimentare di Milano, qualcosa, ancora oggi, continui a non funzionare. E così, il numero due della procura di Brescia ha inviato una prima parte della sua inchiesta al Csm, ma anche agli ispettori del Ministero. A questi ultimi, con tutta probabilità, spetterà nelle prossime settimane il compito di verificare di persona come vengono gestite pratiche che non di rado a Milano riguardano affari da milioni di euro.