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 2009  luglio 23 Giovedì calendario

FILO-SORU CONTRO VECCHIA GUARDIA IN SARDEGNA AVANZA LA BARRACCIU


"Mi batterò da barbaricina". A Sassari +320% di tessere

Lei appoggia la mozione France- schini. Per Bersani corre Lai, ex consi-gliere regionale

SASSARI - La vendetta barbaricina, che Antonio Pigliaru considerava un ordinamento giuridico, ha oggi il volto di Francesca Barracciu. Penetranti occhi scuri, lunghi capelli corvini, tendenza antropologica al matriarcato, che rivela inconsciamente anche quando definisce i suoi avversari politici all´interno del Pd «uomini piccoli piccoli», è lei l´"uomo" del regolamento dei conti nel Pd sardo (e non solo). Il partito regionale che con l´esplosione degli scontri intestini provocò la caduta del governatore Renato Soru e le susseguenti dimissioni a Roma di Walter Veltroni.
Classe 1966, sindaco di Sorgono, Francesca è una Serracchiani misconosciuta in continente. Non parlò come Debora con frasi uscite dal cuore dinanzi al segretario Dario Franceschini, ma alle europee prese in Sardegna 116.935 voti di preferenza, 19 mila più di Berlusconi, più di quanti fin dai tempi di Berlinguer il Pci abbia mai raggranellato nell´isola.
L´altro giorno Francesca si è presentata a Santa Cristina di Paulilatino, luogo nuragico e magico in provincia di Nuoro, dove troneggia un pozzo sacro che si narra ogni ventisei anni venga illuminato verticalmente dalla luna. Di fronte a duecentocinquanta "soriani" ha annunciato la sua candidatura alla segreteria regionale. I soriani non sono i mici di casa, ma gli orfani del governatore Soru che, in appoggio alla mozione Franceschini per la segreteria nazionale, lanciano la Barracciu contro «la vecchia oligarchia» che con Silvio Lai corre al fianco di Pierluigi Bersani.
C´era anche Soru intorno alla bocca del pozzo sacro, non più personaggio scespiriano semi-autistico come viene dipinto, ma politico assai loquace, nonostante i giorni decisivi per il problematico salvataggio della sua Tiscali e il rinvio a giudizio per un appalto da 60 milioni in cui da governatore avrebbe favorito la Saatchi & Saatchi. Finchè non sarò assolto - annuncia ai fans l´ex piccolo Obama di Sanluri - non parteciperò a competizioni elettorali. E poi? Poi si vedrà.
Intanto, gratificando il suo Io spesso alquanto ipertrofico, l´ex governatore dice che nel progettare il partito, Franceschini l´ha copiato. Ed ecco qui, in tutto il suo splendore, lo sbocciare della Francesca, l´unica considerata capace di fermare il "comitato d´affari" che ha colonizzato il Pd nella patria di Berlinguer. E favorito la vittoria alle regionali del figlio del commercialista di Berlusconi, oggi balbettante alle prese con gli esiti del mancato G8 della Maddalena e la crisi industriale che morde dal Sulcis a Porto Torres.
Molti dei duecentocinquanta di Santa Caterina non hanno preso la tessera del Pd, ma hanno destinato i 15 euro necessari all´Associazione "Sardegna Democratica", che l´ex governatore ha appena fondato in attesa di tempi migliori e che sabato sera - star lui, l´Obama di Sanluri - fa il suo vero esordio a Sassari, città dove l´ex governatore vinse la partita persa delle regionali, che costò il posto a Veltroni, e dove il Pd conserva oltre il 40%. E un record nazionale di nuovi tesserati, persino superiore a quello napoletano. Trecentoventi per cento è all´incirca l´incremento che ha portato in poche settimane le tessere sassaresi da 750 a 3.196, più del triplo rispetto a quelle di Cagliari, che ha cinquantamila abitanti in più.
Difficile stabilire chi siano i grandi buyers, dal momento che la prima denuncia è venuta da Arturo Parisi, il cui plenipotenzario sassarese Bruno Dettori è accusato egli stesso di aver avuto parte non irrilevante nell´incetta di vecchio stile dc, che non risparmia neanche i defunti. «E´ vero, è stato un tesseramento selvaggio e sicuramente anomalo», dice l´assessore alla Pubblica istruzione di Sassari Maria Antonietta Duce, che implora la revisione dello statuto, quel mostro dalle cento teste prodotto dal dottor Stranamore (copyright Franco Marini), al secolo Salvatore Vassallo, giurista amico di Parisi e Veltroni e oggi deputato. E Guido Melis, storico e deputato sassarese schierato con Franceschini: «Vedo vecchie modalità e antichi vizi in totale dispregio del codice etico. Reclutamento massiccio di anime morte, iscrizioni di contumaci ignari persino dell´esistenza del Pd, arruolamento un tanto al chilo e promesse di prebende e favori». Per che cosa? Per una forma di partito novecentesca, un partito degli iscritti, pedagogo e ferrigno, fortemente strutturato e gerarchicamente ordinato.
E´ il modello emiliano che effettivamente vuole Bersani? O gli oppositori si nutrono soltanto dell´ansia di vendetta barbaricina per la sconfitta alle ragioniali favorita dai "castosauri" del Pd? «Guardi - risponde Francesca Barracciu - io sono orgogliosa di essere barbaricina anche se non amo il sapore della vendetta in politica. Ma quando si supera il segno! Se tornano le vecchie logiche di controllo militaresco, attraverso i picchi anomali di tesseramento cui abbiamo assistito, io tiro fuori la mia anima barbaricina. Anche perché competo per la segreteria regionale con Lai, l´uomo che è stato l´esecutore della linea interna che ha determinato le dimissioni di Soru per l´opposizione al suo piano urbanistico». «Ma, per favore, basta con questa storia delle tessere - sbuffa Luigi Zanda, cagliaritano, vicepresidente dei senatori del Pd - se dobbiamo scannarci su questo, allora facciamo una legge che regoli la democrazia nei partiti».
Lai, quarantaduenne dentista sassarese, ex consigliere regionale dei Cristiano Sociali, signore della formazione professionale che tanti milioni di euro ha assorbito tra botteghe di barbieri e di altre professioni in disuso, è accreditato come uno dei baroncini delle tessere locali, accanto a Giacomo Spissu, ex presidente del Consiglio regionale fatto fuori da Soru con l´imposizione del massimo di due legislature, a Giovanni Giagu, figlio del mitico Nino, per trent´anni grande cerimoniere della Dc del Nord Sardegna, che diede il potere a Francesco Cossiga come al sempiterno Beppe Pisanu, e a Bruno Dettori, quel vassallo feudale un po´ stralunato che cura gli interessi politici locali di Parisi.
Antonello Cabras e Paolo Fadda, i grandi "castosauri" che fecero fuori il governatore Soru, che secondo lo storico Antonello Mattone si sentiva come Lorenzo il Magnifico, siedono a Roma in parlamento e non nutrono dubbi sulla mozione Bersani. Il povero Marino dovrà affidarsi qui al presidente della Provincia di Cagliari Graziano Milia, non proprio un campione storico dei diritti civili.
Resta Francesca che, specchiatasi nel pozzo sacro con la capigliatura corvina e lo sguardo di bragia, promette la resa dei conti barbaricina nel Pd in Sardegna. Ma non solo.