Sergio Romano, Corriere della sera 23/7/2009, 23 luglio 2009
TERRORISTI ITALIANI IN FRANCIA LA CLEMENZA DI MITTERRAND
Sono un diciottenne che ultimamente, grazie a trasmissioni televisive, ha potuto approfondire le vicende legate agli Anni di Piombo. Tuttavia non ho capito le motivazioni che portarono il presidente francese Mitterrand, sebbene socialista, a concedere ai terroristi di sinistra asilo politico. Furono solamente ragioni ideologiche a dettare questa scelta?
Matteo Zocca
zocmat@yahoo.it
Caro Zocca,
Sul socialismo di Mitterrand è permesso avere qualche dubbio. Ed è proprio da questi dubbi che occorre partire per comprendere le ragioni della sua clemenza verso gli italiani del «partito armato » che fuggirono in Francia dalla fine degli anni Settanta all’inizio degli anni Ottanta.
Fra le due guerre mondiali, nel periodo in cui Parigi assisteva a scontri quotidiani tra le Leghe di estrema destra e i partiti di sinistra, il giovane Mitterrand (lo ammise lui stesso verso la fine della sua vita) fu membro di una organizzazione militante della destra cattolica, Les croix de feu (le croci di fuoco), diretta da un veterano delle guerre marocchine, il colonnello La Rocque. Venne chiamato alle armi nel 1939 e trovò impiego, dopo la sconfitta, negli apparati amministrativi del nuovo Stato francese conservatore e autoritario che il maresciallo Pétain aveva creato a Vichy sulle rovine della III Repubblica. Diresse un ufficio di assistenza per i prigionieri di guerra francesi in Germania e venne insignito dell’Ordine della Francisque, dal nome dell’ascia a doppia lama dei Germani occidentali che ornava la bandiera personale del maresciallo. Si riscattò collaborando con la Resistenza, a partire dal 1942, e fece la sua apparizione nella vita pubblica del dopoguerra con un piccolo movimento di centro-sinistra. Ebbe subito qualche incarico ministeriale e fece un decisivo balzo in avanti nel giugno del 1954 quando divenne ministro degli Interni nel governo di Pierre Mendès-France.
Era agli Interni dunque quando scoppiò la guerra d’Algeria. All’inizio non ebbe esitazioni. Dichiarò che la Francia non avrebbe rinunciato alle sue province d’oltremare e che avrebbe protetto i suoi coloni con fermezza. Ma non appena si accorse che la guerra suscitava crescenti riserve e critiche, soprattutto a sinistra, si sbarazzò del suo ingombrante nazionalismo colonialista. Quando de Gaulle conquistò il potere decise di recitare la parte dell’antagonista, e quando il generale instaurò un regime semi-presidenziale, marciò alla testa di una grande manifestazione organizzata dalle sinistre per denunciare quello che egli definì un «colpo di Stato permanente». Ma non appena si accorse che la V Repubblica non aveva i giorni contati e che il sistema si adattava perfettamente alle sue ambizioni, accettò le regole del nuovo gioco e presentò la sua candidatura alla presidenza. Perdette, ma divenne il leader dell’opposizione e decise di fare del partito socialista lo strumento della sua strategia. Dopo la sua vittoria nelle presidenziali nel 1981 i socialisti riconobbero la sua leadership, ma le frange massimaliste del partito lo trattarono spesso alla stregua di un estraneo. Mitterrand fu uno straordinario sovrano, intelligente e pragmatico, ma circondato da baroni da cui dovette guardarsi le spalle. Lo fece sapientemente con la scaltrezza di un principe rinascimentale. Ma dovette di tanto in tanto, per soddisfare i massimalisti, «fare qualcosa di sinistra ». L’ospitalità agli «esuli » italiani fu per l’appunto uno dei gesti che gli servivano per dimostrare la propria «ortodossia ». Ma aggiunse, per meglio chiarire il proprio pensiero, che la Francia avrebbe accolto soltanto coloro che non avevano le mani sporche di sangue. Qualche suo successore, apparentemente, se n’è dimenticato.