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 2009  luglio 22 Mercoledì calendario

LE RAGAZZE DI TEHERAN VINCERANNO


Che cosa resta del futuro, quando ti hanno portato via le prospettive e persino le speranze? I sogni. Ecco quello che resta. E poco importa che i lugubri e tristi ayatollah, i mullah dallo sguardo traverso, accompagnati dai loro violenti sacrestani, dal «generone» del bazar e dagli sgherri della polizia religiosa non lo capiscano e chiamino quei sogni «illusioni».
Gli illusi sono loro, che non si rassegnano all’evidenza di come il loro tempo sia finito, forse non domani, forse non tra sei mesi: ma il regime non si salverà né attraverso la repressione sanguinaria ordinata da Ahmadinejad e Khamenei, né con i tardivi tentativi di Rafsanjani di ammansire la rabbia dei giovani e delle donne di Teheran.
Basta guardare i volti, le belle facce vive, forti, spesso gravi, tragiche nella consapevolezza del momento, ma mai teatralmente severe o studiatamente accigliate, che letteralmente animano le foto che arrivano dalla capitale iraniana, attraverso mille peripezie, per sentire come i sogni sono l’ultima cosa che puoi permetterti di perdere, una volta che ti hanno già portato via tutto il resto.
«Non è un Paese di vecchi», per parafrasare il titolo di un famoso romanzo di Cormac McCarthy (da cui i fratelli Coen hanno tratto l’ennesimo film capolavoro).
Un Paese in cui il 66% della popolazione ha meno di 25 anni si confronta con una rivoluzione vecchia di 30, che ha fallito molte delle sue promesse, a partire da quella di dare a questo popolo giovane e insieme antico un futuro degno del suo grandioso passato. Con lo scorrere inesorabile del tempo, semmai, il regime rivoluzionario si è sempre più rinserrato in se stesso, svelando il carattere crescentemente farsesco dell’ossimoro «democrazia islamica», l’impossibilità di tenere insieme il potere del clero e la sovranità della Nazione, dimostrando per l’ennesima volta che la democrazia può essere «temperata» solo dalla libertà, e non certo da fonti d’autorità che si reputino superiori per un’asserita infallibile sapienza teologica. Bisogna afferrare questo, immaginare quanto debba essere frustrante vivere sotto un regime che ti fa sprofondare nel passato, mentre tu aneli al futuro, quanto possa essere stridente il contrasto tra la delirante agorafobia di un potere ossessionato dal terrore del contagio straniero, del complotto internazionale, della corruzione morale occidentale e la soffocante claustrofobia che sperimentano ogni giorno i giovani e le donne di Teheran, con la loro estroversione, la loro curiosità e apertura verso l’Occidente e persino l’attrazione verso il «grande Satana» americano.
Se ai giovani il regime sta rubando il futuro, alle donne, da 30 anni, ha sottratto persino il presente. Così le giovani donne sono state derubate due volte, e sfidano le squadracce dei basiji ben sapendo che se Ahmadinejad e Khamenei dovessero alla fine prevalere, la condizione femminile nel Paese potrebbe persino peggiorare. vero: in gran parte delle società musulmane le donne hanno ancora minori opportunità che nella Repubblica islamica dell’Iran. E con ciò? Una situazione di palese e ingiustificabile disparità non diventa «equa» solo perché in qualche altra parte del mondo la giustizia è calpestata in misura ancora maggiore. Le sorridenti ragazze di Teheran, con i loro veli colorati dai quali sfuggono innumerevoli ciocche di capelli corvini, ogni giorno irridono le cupe e tetragone autorità religiose. Sono anche iconicamente agli antipodi dell’espressione arcigna del fondatore della teocrazia iraniana, o di quella rabbiosa dei guardiani esaltati e prezzolati della «moralità» di regime.
Oggi il sorriso di quelle ragazze è velato di tristezza per tutte e tutti coloro che in queste settimane hanno pagato con la vita un pesantissimo tributo a un comune sogno di libertà. Questo è il solo velo che, fieramente, vogliono portare, fino a quando ogni altro velo sarà caduto, e loro, come tutti gli iraniani, saranno libere: non solo di sognare, ma di vivere come meglio credono e di credere solo in ciò che vogliono.