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 2009  luglio 22 Mercoledì calendario

MONTANELLI: IN RAI SERVE UN MASTINO


«Mai un intellettuale come presidente. No a Bacchelli, Bo, Silone»

Caro Presidente, per maggior precauzio­ne, le mando questa lettera al suo indi­rizzo privato, affidandola (e so di poter­ci contare) alla sua discrezione più as­soluta. La sua domanda mi piomba nel più gran­de imbarazzo. Sono un vecchio amico di De Feo, personalmente la sua nomina mi farebbe piace­re; ma dopo avere acerbamente criticato i partiti per il loro spirito di clientela nella ripartizione dei posti, non posso praticarlo a mia volta.

L’imbarazzo, però, diventa ancora più grande di fronte alla responsabilità di suggerire altri no­mi. Comunque, le dirò onestamente cosa penso di quelli che possono venire alla mente.

1) Bacchelli – Nessuno può contestarne il va­lore di letterato e di umanista. Aggiungo che è anche un mio caro amico. Però mi sembra il me­no qualificato a dirigere uno strumento come la Tv. Il suo mondo è fermo al Manzoni. Scrive (non in senso traslato, ma reale) con la penna d’oca. in polemica col mondo attuale, di cui la Tv è il più tipico prodotto. Detesta tutta la cultu­ra moderna. Disprezza la volgarizzazione e i suoi strumenti. Insomma, malgrado le sue qualità, an­zi proprio per esse, sarebbe l’uomo più sbagliato nel posto più sbagliato.

2) Carlo Bo – pressappoco sullo stesso livel­lo culturale. Rettore Magnifico dell’Università di Urbino. Non ha ancora sessant’anni, non ha avuto compromissioni con il fascismo, non è uo­mo di parte. Però è molle, restio a impegnarsi, e non so nemmeno se accetterebbe l’incarico.

3) Ignazio Silone – Lei lo conosce meglio di me. Offre tutte le garanzie, meno quelle dell’ener­gia organizzativa e di un atteggiamento al di so­pra delle parti.

4) Leo Valiani – Bellissimo nome della Resi­stenza. Cultura. Uno spirito moderno e aggiorna­to. Ma poca salute e scarsa continuità di azione per un eccesso di spirito critico. Alla Tv ci vuole anche un uomo di nervi saldi, metodico e pun­tuale.

5) Paolo Grassi – un bravo direttore di tea­tro. Ma niente altro. La sua nomina verrebbe at­tribuita a interferenze di partito perché non po­trebb’essere giustificata da nessun altro motivo.

6) Mario Vinciguerra – Sarebbe forse l’ideale per il rigore morale, malgrado l’età, e lo spirito combattivo. Ma in questi ultimi tempi ha assun­to atteggiamenti che possono riuscire sgraditi a troppa gente.

Caro Presidente, potrei continuare all’infinito in questo giuochetto di fare dei nomi, e poi di disfarli. Ma non vedo cosa ci sia di costruttivo. In realtà bisogna prima risolvere una questione pre­giudiziale. Cosa si vuole? Si vuole qualcuno che faccia ciò che ha fatto, cioè che non ha fatto, Pa­pafava, e presti solo il proprio bel nome; oppure si vuole un Presidente che faccia il Presidente, cioè che garantisca l’indipendenza e la pulizia della Tv? In questo secondo caso bisogna un po’ accantonare il blasone culturale e fare più posto ad altre doti: carattere, energia, capacità organiz­zative: tutta merce che fra gl’intellettuali alligna poco.

Se mi è lecito esprimere un parere, io direi che a quel posto ci vuole un uomo soprattutto coraggioso, fermo, d’immacolata onestà, e che di cultura ne abbia quanto basta per orientarvisi e scegliere i suoi collaboratori con pertinenza. Il nome per ora non mi viene alla mente. Però, al suo posto, io mi orienterei in questo senso. Ecco perché stamani le avevo accennato a Malfatti. Co­me Ministro Plenipotenziario, ha già un rango. Non ha ancora cinquant’anni. Conosce il mondo e le lingue. L’ho visto lavorare a Parigi: è un ful­mine di guerra, aggiornato su tutto, prudente e volitivo. Lei è proprio sicuro che non accettereb­be?

Un altro nome che mi viene alla mente è Pan­nunzio: un po’ «impegnato», ma con molto equi­librio. Solo, la Dc non lo digerirebbe.

 difficile, me ne rendo conto. Però, caro Presi­dente, una decisione bisogna prenderla perché in questi giorni ho potuto misurare a che spaven­toso livello sia salita – magari a torto – l’indi­gnazione del pubblico. E non parlo solo di quel­lo «borghese». Ho ricevuto lettere di operai (tra gli altri, un telegramma firmato da una ventina di linotipisti del «Corriere») che m’ingiungono di continuare la campagna: cosa che non farò.

Ora seguiterò a pensarci. E se riesco a formula­re qualche proposta plausibile, gliela farò sape­re. Per intanto, però, sarebbe molto opportuno fissare almeno questo punto: che, per dirigere la Tv e tenerla al riparo dalle interferenze, bisogna intendersi più di Tv che di Leopardi. Sarebbe già un passo avanti.