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 2009  luglio 22 Mercoledì calendario

VIAGGIO A MODIIN, LA GRANDE COLONIA CHE NON SA DI ESSERLO


Vallata di Modiin, (Israele e Cisgiordania). Provate a chiedere a un abitante qualsiasi di questa città se sa che uno dei più grandi sobborghi di Modiin è, tecnicamente, una "colonia". Lui vi guarderà come se veniste da un altro pianeta. Piccole villette in pietra con giardino, qualche palazzina ordinata e senza pretese, un grande centro commerciale e pessimi servizi di trasporto pubblico (in alcuni quartieri l’autobus passa una volta ogni ora): Modiin è una città moderna, fondata nel 1993, circa a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv. Ci abitano soprattutto giovani coppie che lavorano nelle città vicine ma che non possono permettersi un affitto salato: 67 mila anime, collegate metropoli da una nuova rete ferroviaria.
Laici e religiosi, che convivono tranquillamente senza le tensioni che ci sono a Gerusalemme: mamme super-moderne in minigonna spingono passeggini negli stessi giardini pubblici dove gioca a pallone un gruppo di ragazzini con "kippà srugà" (la papalina all’uncinetto) e scialle rituale. La municipalità di Modiin è interamente al di qua della "linea verde" che separa Israele dai Territori palestinesi conquistati nel 1967 (prima della guerra, facevano parte della Giordania). Dal 1997 è gemellata con Hagen, ridente cittadina del Nord Reno-Westfalia.
Il contenzioso sorge però quando si arriva a Modiin Illit, o "Modiin Alta", il principale sobborgo di questa città. Che è costruito circa due chilometri al di là della Linea Verde. Di conseguenza, con i suoi quasi 40 mila abitanti, Modiin Alta è la più grande colonia ebraica nei Territori palestinesi. Problema: in pochi, da queste parti, sembrano sapere che si tratti di una colonia. « solo una parte di Modiin, noi vi sembriamo dei coloni?» dice una coppia di immigrati francesi dall’abbigliamento decisamente moderno e laico. La popolazione di Modiin Alta tende a essere più religiosa rispetto a quella del centro città. C’ è anche una prestigiosa scuola rabbinica, ma sono quasi tutti ortodossi della tradizione lituana, che passano il tempo a studiare i testi sacri. Non hanno nulla a che vedere con il movimento "nazional religioso" che sostiene l’espansione delle colonie, e che è composto da agricoltori armati di zappa e mitraglietta, più che da studiosi di nero vestiti.
Sorpresa: non tutte le colonie sono abitate da "coloni". O meglio: non tutte le colonie sono abitate da coloro che normalmente si definiscono coloni. Ovvero i "settler" che spesso compaiono sui media, persone determinate a insediarsi nei Territori palestinesi (loro ovviamente preferiscono chiamarli "Giudea e Samaria"), guidate dall’ideologia della "Grande Israele". I settler duri e puri esistono, eccome: ce ne sono molti in insediamenti armati fino ai denti, come Tekoa; ce n’erano molti a Gush Katif, il più grande gruppo di colonie evacuate a Gaza; nella città di Hebron sono relativamente pochi ma si fanno notare, visto che il loro comportamento aggressivo nei confronti dei vicini di casa palestinesi ha ripetutamente attirato l’attenzione delle organizzazioni umanitarie.
Esistono però anche molti "coloni" che non sanno neppure di esserlo. Israeliani che vivono qualche chilometro, se non addirittura qualche centinaia di metri, al di là della Linea Verde senza che nessuno li abbia informati della cosa. Non vuole essere una giustificazione. Ma il fatto è che la questione delle colonie e del loro congelamento, sollevata dal presidente americano Barack Obama, è molto più complicata di quanto non potrebbe sembrare. A parte i casi ovvi di cittadelle ebraiche costruite nel bel mezzo della Cisgiordania, non sempre è così facile stabilire che cosa sia una colonia e che cosa no.
Tecnicamente, alcuni dei principali quartieri di Gerusalemme abitati da una maggioranza ebraica sono stati conquistati durante la Guerra dei Sei Giorni. La lista include Har Hatzofim, o Monte Scopus, dove sorge il campus principale dell’Università. Obama vuole bloccare le costruzioni anche lì? Oppure Givà Tzarfatit (la "collina francese"), che sta tra il quartiere universitario e la parte occidentale della città. Giusto o sbagliato, ormai quelli sono quartieri ebraici dove abita gente tranquilla che si è gradualmente stabilita lì nel corso dei decenni. Esistono però anche quartieri arabi dove si insediano di proposito attivisti della destra religiosa: è il caso di Silwan, un quartiere arabo nei pressi delle mura antiche che l’organizzazione di destra "Elad" sta tentando di trasformare in una zona ebraica. Per il resto, esistono tante zone grigie.
L’ultimo contrasto tra il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e l’amministrazione Obama è sorto proprio attorno ad alcune costruzioni a Gerusalemme Est. Il magnate Irving Moskowitz vorrebbe demolire l’hotel Shepher, da lui acquistato negli anni Ottanta, per costruirci venti appartamenti. Il consiglio comunale ha dato l’approvazione. Due giorni fa la stampa israeliana riportava che il presidente americano avrebbe chiamato a colloquio l’ambasciatore Michael Oren per protestare.