Alfredo Sessa, Il Sole 24 Ore 21/07/2009, 21 luglio 2009
GARA ASIA-FRANCIA PER GESTIRE I PORTI A SUD DEL SAHARA
Se un uomo con il fiuto per gli affari come Vincent Bolloré insiste sull’Africa, un motivo ci sarà. Da esperto navigatore del business, l’industriale e finanziere francese ha scelto di arrivare dal mare. Con la sua società, Bolloré Africa Logistics, ha preso il controllo di alcuni dei più importanti terminal container dell’Africa subsahariana. E non nasconde le sue ambizioni su altri hub, rivali permettendo.
Perché non sono in pochi ad aver capito che la gestione dei porti è la chiave che apre tutti i business in Africa. Inevitabile in un’area dove gli scali marittimi, spesso unica via di accesso per paesi che hanno grandi flussi di import-export, sono i veri elementi che condizionano lo sviluppo. Nonostante la crisi finanziaria, Bollorè Africa Logistics ha deciso così di mantenere l’investimento da 600 milioni di euro nel porto di Pointe Noire, in Congo Brazzaville, dove si è aggiudicato la gestione dei container. Pointe Noire è il più grande porto ad alto fondale del Golfo di Guinea, una naturale porta di accesso per la regione dell’Africa centrale e per il bacino del Congo, la zona più ricca di materie prime.
Ce n’è abbastanza per giustificare scorribande di uomini in arrivo anche da terre più lontane dell’Europa. Tanto per cominciare, aumenta il traffico marittimo Asia-Africa occidentale. Maersk Line, una delle regine delle rotte commerciali, ha recentemente rafforzato il servizio diretto dalla Cina verso i porti di Lomé, Cotonou e Pointe Noire, imitata da altri operatori. Ma è la gestione dei terminal container la posta in gioco in grado di scatenare duelli e ambizioni sfrenate. Come quella che vede il gruppo Bolloré e la spagnola Pregosa (ma con al vertice un altro francese, Jacques Dupuydauby) spararsi bordate di carte bollate e ricorsi in tribunale per il controllo del terminal container del porto di Lomé.
Nella sua strategia panafricana, Bolloré Africa Logistics, che in associazione con Apm Terminals lavora ad Abidjan (Costa d’Avorio), Douala (Camerun) e Tema (Ghana), non nasconde l’ambizione di assumere il controllo anche dei terminal di Cotonou (Benin), Mombasa (Kenya) e Dar es Salaam (Tanzania). Ma la vita non sarà facile per il gruppo europeo, che in Africa gestisce anche la logistica della società di telecomunicazioni cinese Huawei. La guerra sulle concessioni portuali in Africa sarà lunga e piena di colpi di scena. Il terminal container di Dakar, in Senegal, è stato strappato al gruppo francese da Dp World, il grande operatore portuale di Dubai. E sempre Dp World ha inaugurato a inizio anno il terminal container di Doraleh, il più grande e moderno dell’Est Africa. Il porto di Doraleh, che può gestire 1,2 milioni di teu (il volume standard dei container) all’anno, aiuterà a migliorare la connessione di tutta l’area Comesa, il mercato comune dell’Africa orientale e meridionale, con il Mar Rosso e il resto del mondo. Queste operazioni, unite al rafforzamento delle rotte commerciali Africa-Asia, lasciano ipotizzare ad alcuni osservatori un nuovo ordine, caratterizzato dall’accelerazione degli scambi tra Asia e Africa a svantaggio degli scambi con l’Europa.
Neanche la crisi economica internazionale ha fermato la corsa alla gestione dei terminal. Anzi, l’Africa si sta rivelando un affare per chi sceglie di investire nella logistica, anche tra gli italiani. E c’è chi decide di costruire un porto privato per sostenere l’attività. Come il gruppo Cremonini, che investirà complessivamente 25 milioni di euro per realizzare a Matadi, nella Repubblica democratica del Congo, un porto fluviale completo di magazzini frigoriferi. «Grazie alla nostra rete logistica abbiamo raddoppiato i volumi. La crisi provoca una riduzione dei prezzi, non dei volumi, per cui i porti sono fondamentali. comprensibile che si stia sviluppando una competizione internazionale per gestirli» dice Luigi Scordamaglia, ad di Inalca Jbs (Gruppo Cremonini).
E intanto l’affare dei porti diventa sempre più un affare Sud-Sud. L’arrivo degli asiatici lascia prevedere una concorrenza ancora più forte per ottenere le concessioni. I cinesi sono sbarcati nel congestionatissimo porto di Dar es Salaam con Hutchison Port Holding, che fa capo al miliardario Li Ka Shing. Anche la statale China Harbour Engineering lascia l’impronta in Africa, e punta alla costruzione di un nuovo porto ad alto fondale a Grand Batanga, in Camerun. I cinesi sono poi molto attenti (e più bravi) a creare le infrastrutture stradali che collegano città e miniere ai porti.
Infine c’è il vento del Maghreb che soffia fino al Golfo di Guinea. Il nuovissimo porto marocchino di Tanger Med (Tmsa), che ha da poco avviato i lavori per il raddoppio di capacità, è stato chiamato a cooperare nella gestione di Bata e Malabo, in Guinea equatoriale. La battaglia per i porti del Continente nero è in pieno svolgimento. E l’Africa ha tutto l’interesse a scatenare la concorrenza. Per dotarsi di una logistica che la proietti nel futuro.