Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 21/07/2009, 21 luglio 2009
KHATAMI: REFERENDUM SUL GOVERNO
L’Iran non è solo «in crisi» come ha detto l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani ma anche in profondo stato confusionale. Ieri un’organizzazione di religiosi riformisti vicini all’ex presidente Mohamad Khatami si è spinta a chiedere un referendum popolare sulla rielezione del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Si tratta di una provocazione (visto che in Iran non esiste la possibilità di tenere un referendum) o di un reale tentativo di uscire dall’impasse istituzionale di un paese dove il presidente in carica, che dichiara di aver vinto le elezioni con il 62% dei voti, decide nello stesso tempo di reprimere con la forza le manifestazioni popolari indette contro di lui e di imprigionare 1.062 persone, secondo i dati ufficiali? Paradossi iraniani: in ogni caso la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha lanciato un nuovo duro avvertimento invitando tutte le autorità a «fare attenzione a come parlano» e ha nuovamente accusato potenze straniere di essere dietro alle proteste contro la conferma di Ahmadinejad.
L’Associazione del clero combattente ha affermato in un comunicato che «poiché milioni di iraniani hanno perso fiducia nel processo elettorale», l’unico modo per riguadagnarla è «l’organizzazione immediata di un referendum su ciò che è successo da parte di organi indipendenti». Sembra di assistere a un dibattito tra sordi o tra due mondi che improvvisamente non hanno più collegamenti: quelli che accentuano il termine "repubblica" (leggi sovranità popolare) contro quelli che sottolineano la parola "islamica" (leggi teocrazia).
La liberazione degli arrestati senza accuse, tra i quali figurano numerosi esponenti di primo piano del movimento riformista come l’ex viceministro del petrolio, Mohsen Safai Farahghi, è stato chiesto anche da Khatami in un incontro con i familiari di alcuni di loro, così come dall’ex candidato moderato Mir Hossein Moussavi. Tenerli in prigione, ha affermato Moussavi, citato dal suo sito Ghalamnews, non risolverà la disputa sul voto. E accusarli di essere spie di potenze straniere è «un insulto».
Ma Khamenei, che ha "benedetto" la rielezione di Ahmadinejad, è tornato ieri ad accusare i paesi occidentali di avere fomentato le proteste di piazza con l’aiuto «dei loro mezzi d’informazione». Teheran ha affermato che la Gran Bretagna ha ordito un complotto contro le presidenziali e nove dipendenti iraniani della mega ambasciata britannica a Teheran sono stati arrestati il 27 giugno con l’accusa di avere avuto un ruolo nel fomentare le manifestazioni di piazza. L’ultimo di loro ancora in stato di detenzione, Hossein Rassan, è stato rilasciato l’altro ieri sera su cauzione.
Ma Khamenei ha anche avvertito che tutte le autorità dello stato devono prestare «la massima attenzione» alle loro dichiarazioni. Un messaggio che diretto alle critiche pronunciate da Rafsanjani, seguite da nuove dimostrazioni di piazza e scontri con le forze di sicurezza. «Se la nazione sente che nelle dichiarazioni fatte da certe autorità vi è un segno di ostilità verso il sistema islamico e certe mani sono al lavoro per aiutare un movimento che cerca di portare un colpo all’establishment, la nazione prenderà le distanze da quelle autorità», ha aggiunto la guida suprema.
Un ulteriore segnale di confusione è stato dato ieri dalla smentita di Esfandiar Rahim-Mashai di una notizia data l’altra ieri dalla televisione di stato in inglese PressTv, secondo la quale aveva deciso di rinunciare alla carica di primo vicepresidente alla quale l’ha nominato Ahmadinejad, che tra l’altro è suo consuocero. « una voce diffusa da qualcuno che vuole rovinare l’immagine del governo», ha detto Rahim-Mashai, che nei giorni scorsi era stato preso di mira da ambienti fondamentalisti vicini allo stesso presidente per avere detto lo scorso anno che l’Iran può essere «amico del popolo israeliano».