Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 21/07/2009, 21 luglio 2009
CON IL FEDERALISMO SACRIFICI PER TUTTI
«Le primissime simulazioni che abbiamo avuto confermano che i tagli alla spesa pubblica inefficiente innescati dal federalismo fiscale saranno trasversali e a macchia di leopardo sul territorio e non concentrati verticalmente nel sud del paese». Il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, non entra nel merito dello studio commissionato dal Pd sugli effetti del federalismo fiscale (e anticipato domenica dal Sole 24 Ore) ma riscontra, sulle linee di fondo, una sostanziale convergenza tra quel lavoro e le prime stime elaborate dal governo. «Queste prime ipotesi - dice il ministro - confermano che non c’è nessuna discriminazione da parte nostra verso il Mezzogiorno, ma piuttosto danno il senso di una cosa equilibrata che ha per principale obiettivo la riduzione degli sprechi e il contenimento della spesa pubblica».
Calderoli non rinuncia alla polemica politica con il "partito del Sud" che impazza in questi giorni soprattutto nel centro-destra. «C’è una bella differenza - dice - fra quella classe dirigente del Mezzogiorno che accetta la sfida del federalismo fiscale e chiede, come fece Lombardo nell’accordo con la Lega del 2006, una fiscalità di vantaggio per le imprese e per lo sviluppo dei propri territori e il partito della spesa che continua a stare attaccato al Fas, come se tutto girasse intorno alla spesa pubblica, magari per finanziare lo svincolo del proprio paesino, senza alcun disegno strategico di fondo».
La tesi è che proprio un federalismo fiscale equilibrato segnerà lo spartiacque fra questi due modi di fare politica nel Mezzogiorno. Bersaglio del ministro è in questa fase soprattutto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianfranco Miccichè, grande alleato di Lombardo nel duro scontro in atto dentro il centro-destra, che ieri ha replicato: «Purtroppo Calderoli è ancora ministro della Repubblica».
Sulle stime quantitative degli effetti indotti dal federalismo bisogna procedere, ovviamente, con cautela perché la legge è complessa, molte sono le variabili e il processo di attuazione sarà decisivo. «Abbiamo appena pubblicato - dice Calderoli - il decreto istitutivo della commissione che dovrà arrivare a un bilancio unificato fra regioni, province e comuni. Con la ragioneria generale condividiamo l’obiettivo di un modello di contabilità unificato che consenta ai bilanci dei vari livelli di dialogare fra loro. Finora questo non era possibile».
Calderoli concorda anche sull’altra conclusione dello studio commissionato dal Pd ai tre specialisti di finanza pubblica Giampaolo Arachi, Vittorio Mapelli e Alberto Zanardi: la presenza di situazioni anche molto differenziate tra comuni all’interno della stessa regione. Al punto che - dicono gli esperti - sarebbe necessario un secondo livello di perequazione infraregionale.
« del tutto vero - dice il ministro - che abbiamo una stratificazione della spesa storica presso i comuni che favorisce alcuni e sfavorisce altri. una distorsione che risale al 1978, all’istituzione del criterio della spesa storica, e che il federalismo fiscale con il meccanismo dei costi e dei fabbisogni standardizzati dovrà appianare». Ma il ministro non concorda sulla necessità di un livello aggiuntivo di perequazione infraregionale. «Chi allora poté contare sui privilegi di una spesa storica maggiorata - dice il ministro per la funaziona pubblica - oggi dovrà fare qualche sacrificio in più. La standardizzazione di costi e fabbisogni si incaricherà di riportare maggiore equilibrio».
C’è un terzo punto del documento dei tre saggi del Pd che trova certamente d’accordo Calderoli. In realtà, si tratta di una vecchia battaglia del ministro: l’imposta unica comunale sugli immobili come strumento di autonomia impositiva locale. «Abbiamo contato - dice - una decina di imposte che gravano sugli immobili, alcune statali, altre comunali. Con i decreti legislativi attuativi riproporrò l’unificazione e la semplificazione di questi tributi, ferma restando ovviamente l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Non ha più senso che anche solo una parte di questi tributi vada allo Stato».
Un altro passaggio fondamentale della costruzione federalista resta il codice delle autonomie, passato in prima approvazione al Consiglio dei ministri mercoledì scorso. I mal di pancia nella maggioranza sono già cominciati quando nel testo Calderoli ha preteso l’inserimento di un drastico taglio degli enti intermedi: quegli enti non costituzionali - diversi cioè da regioni, province, città metropolitane e comuni - che pure assorbono moltissime funzioni amministrative e comportano spese assai consistenti. «Ho chiesto a maggioranza e opposizione - dice Calderoli - di fare una battaglia per la trasparenza e per ridurre le duplicazioni, ma mi rendo conto che è una battaglia quasi impossibile da vincere, tante saranno le resistenze». Con la soppressione di comunità montane, bacini imbriferi, ambiti territoriali, enti parco e numerose altre figure intermedie scomparirebbero anche le poltrone assegnate a presidenti e consiglieri di amministrazione.
Un’altra accelerazione riguarderà il federalismo demaniale. «Bossi e Tremonti sono d’accordo che il trasferimento del patrimonio agli enti locali è uno dei passaggi fondamentali e che bisogna cominciare al più presto, magari con singole operazioni», dice Calderoli. «Non ha senso - dice il ministro - che questi beni restino in gestione allo stato che non li sa gestire mentre in ambito locale sarebbero valorizzati con maggiore facilità».