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 2009  luglio 21 Martedì calendario

«IL MEDITERRANEO DIVENTI UN’AREA DI LIBERO SCAMBIO»


L’obiettivo comune resta quello di fare della regione del Mediterraneo un’area di libero scambio, come annunciato nel­la Dichiarazione di Barcellona del 1995. Il tempo è passato, la data di scadenza del 2010 or­mai superata, ma il processo sembra ora essersi rimesso in moto da Milano, dove si è aper­to ieri il Med Forum (per este­so, Forum economico e finan­ziario per il Mediterraneo) or­ganizzato da Promos, la socie­tà speciale della Camera di Commercio milanese. «L’Unio­ne del Mediterraneo non deve essere una seconda Barcellona, ma qualcosa di molto concre­to », ha sottolineato il presiden­te del Consiglio Silvio Berlusco­ni nel suo intervento. Con l’Ita­lia pronta ad aumentare l’impe­gno: «Siamo il primo partner commerciale dei Paesi del­­l’area, con un quarto dell’inter­scambio complessivo – ha ag­giunto – ma vogliamo portar­lo a un terzo. E per questo au­menteremo il fondo di garan­zia per le imprese italiane che vogliono investire nella regio­ne ». «La collaborazione fra le due sponde del Mediterraneo può rappresentare il miglior ri­medio per superare la crisi eco­nomica », gli ha fatto eco il pre­sidente egiziano Hosni Muba­rak. Di certo, come ha ribadito il presidente di Promos, Bruno Ermolli, mentre Barcellona re­sta sede del Segretariato del­l’Unione del Mediterraneo, Mi­lano si candida a ospitarne il Segretariato economico.

Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa, sembrava ieri una Davos in miniatura. Oltre al premier italiano e al presiden­te egiziano si sono presentati all’appuntamento molti mini­stri, a cominciare dalla france­se Christine Lagarde e dall’alge­rino Chakib Khelil, e una lunga lista di banchieri e imprendito­ri, compresi gli esponenti di quelle piccole imprese italiane che rappresentano un terzo di tutto il nostro interscambio commerciale con la sponda sud.

Buona parte del dibattito è stata inevitabilmente occupata dalla questione energetica e dalla necessità europea di assi­curarsi gli approvvigionamen­ti. «Secondo l’Agenzia Interna­zionale per l’Energia, la crisi economica ha provocato lo stop o il rinvio di investimenti per 170 miliardi di dollari – ha spiegato il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ”. Con il risultato che, quando la congiuntura econo­mica migliorerà, mancheran­no all’appello i previsti 2 milio­ni di barili di petrolio e i 30 mi­lioni di metri cubi di gas al giorno». Questo, secondo il mi­nistro, rende ancora più urgen­te una maggiore collaborazio­ne fra i Paesi del Mediterraneo. E qui Scajola ha rilanciato la proposta di fare dell’Italia, gra­zie alla sua posizione geografi­ca, una piattaforma di scambio e transito di energia, soprattut­to quella che viaggia per ga­sdotti ed elettrodotti. «Un hub dal Mediterraneo all’Europa», lo ha definito. Ed ha in partico­lare sottolineato l’importanza sia del gasdotto Galsi che colle­gherà l’Algeria al Nord Italia at­traverso la Sardegna, sia di quello Itgi che consentirà di ac­cedere attraverso Grecia e Tur­chia alle risorse di metano del Caspio. «Credo che queste due opere saranno completate nel giro di mesi», ha assicurato. E, dal canto suo, l’amministrato­re delegato dell’Eni, Paolo Sca­roni, ha ricordato come il grup­po energetico italiano sia il partner storico di molti Paesi della sponda sud, fin dai tempi di Enrico Mattei. «Siamo i lea­der internazionali sia in Alge­ria che in Egitto e Libia – ha spiegato – e vogliamo conti­nuare a sviluppare i rapporti». Tanto più che le risorse medi­terranee, come quelle di Paesi africani più a sud, «sono co­munque molto più vicine al­l’Europa di quanto non lo sia­no quelle russe, che si trovano in Siberia a 6 mila chilometri di distanza».

Quanto alle prospettive di più strette relazioni finanziarie con i Paesi della sponda sud, due banchieri come Corrado Passera e Alessandro Profumo hanno ribadito le loro diverse strategie. «La nostra piattafor­ma per crescere in questa par­te del mondo è Bank of Alexan­dria, l’istituto egiziano acquisi­to per 1,25 miliardi di euro – ha spiegato l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo ”. Da qui abbiamo di fronte un bacino di 260 milioni di perso­ne, gran parte delle quali mol­to giovani». Per Profumo, am­ministratore delegato di Uni­credito, la priorità resta invece «il Centro-Est dell’Europa», ma senza escludere «possibili sviluppi nell’area sud del Medi­terraneo, da dove viene uno dei nostri più importanti azio­nisti, la Banca centrale della Li­bia ».