Glauco Maggi, La Stampa 21/07/2009, 21 luglio 2009
LABUAN, ULTIMO RIFUGIO DEI PIRATI DELLA FINANZA
Da Guglielmo Tell alla Perla di Labuan. Il testimone della foresta più gelosa dei propri segreti (bancari) passa dal cantone svizzero di Uri all’isola porto-franco della Malesia. Sono i giorni carichi di tensione dell’attacco americano alla fortezza della banca Ubs: in palio i 52 mila nomi di evasori statunitensi, che Obama vuole e Berna nega. Ma è anche il tempo della fioritura di un paradiso emergente nell’isola malese di Labuan a 8 chilometri dal Borneo. Il Tax Justice Network, ente no profit con base a Londra che si batte contro i paradisi fiscali, ne ha denunciato i forti progressi. Dal 2002 le autorità di Labuan tengono persino road show in Cina e Hong Kong, promuovendo servizi di assoluta riservatezza accompagnati da assenza di tasse sugli utili per le corporation in fuga dal fisco. La Malesia si sta specializzando nell’emissione di sukuks, bond che rispettano la legge islamica, e punta a essere leader di quel mercato. Ma nei corridoi della locale Associazione delle banche offshore (fondata da sei istituti, ne conta oggi 41 da tutto il mondo) non si fanno questioni di fede. I nomi? Tutti i più importanti, o quasi: Abn Amro, Bank of Tokyo Mitsubishi, Barclays, Bnp Paribas, Citibank, Credit Suisse, Deutsche Bank, Hsbc, Ing, Jp Morgan, Lloyds Tsb, Macquarie, Rabobank, Societe Generale, Royal Bank of Scotland, Standard Chartered, Sumitomo, Ubs, più altre banche di Medio Oriente e Asia (assenti le banche italiane).
L’anno passato a Labuan hanno registrato la loro attività 6.868 compagnie offshore da 85 paesi, riporta la rivista Forbes, tre volte tanto le 2.211 che si erano iscritte dieci anni fa. Analizzando le sedi delle sussidiarie di 195 tra le maggiori multinazionali quotate di Usa, Gran Bretagna, Olanda e Francia, il Tax Justice Network ha scoperto che Labuan ospita ben 104 sedi distaccate. un numero rilevante, poiché in pochi anni ha piazzato la ”perla” fiscale davanti a Panama (che conta 85 sussidiarie) e all’Isola di Man (che ne ha 94). Nel mirino della Tigre malese sempre più affamata ci sono ora Guernsey, a quota 122, e le mitiche Bahamas, con 143.
I circa 85 mila abitanti, per il 78% malesi-bumiputra, il 15,5% cinesi, l’1% indiani sono sparsi su 75 chilometri quadrati di terreno pianeggiante, ancora vergine e coperto da fitta vegetazione per oltre i tre quarti dell’isola. La storia di Labuan è stata segnata dal passaggio dal Sultano del Brunei agli inglesi, nel 1846, e da oltre un secolo di dominio di Sua Maestà, con una breve parentesi giapponese durante la seconda guerra mondiale. Riconquistata dagli australiani, Labuan è tornata sotto Londra ed è stata annessa alla federazione malese nel 1963: prima come parte della Stato di Sabah, e dal 1984 sotto il governo federale. La decisione di farne un porto franco è del 1990: Sandokan, la tigre di Mompracem dei romanzi di Emilio Salgari che s’innamora di Marianna, la ”perla di Labuan”, lascia il posto all’aggressività della nuova tigre finanziaria.
Il G8 ha dichiarato guerra ai ”rifugi” e l’Ocse nell’aprile scorso ha etichettato la Malesia-Labuan un «paradiso fiscale non cooperativo». Il governo malese ha accettato di collaborare nella caccia di chi truffa il fisco e Labuan è stata cancellata dalla lista nera. Ma che ciò possa portare all’abbandono del regime di segretezza dei conti bancari dell’isola è poco credibile. L’Ocse richiede le prove di crimini gravi per intervenire, e Labuan, mentre ha accettato di reprimere i casi indifendibili, ha migliorato l’operatività del porto franco. stato abolito l’obbligo della presenza fisica nell’isola remota, e l’attività delle sussidiarie con base a Labuan può essere condotta dalla capitale Kuala Lumpur. Una bella casella postale nelle strade che furono teatro delle novelle di Salgari, e il sogno della perla di Labuan si perpetua.