Fabio Poletti, La Stampa 21/07/2009, 21 luglio 2009
NELLA FABBRICA SVIZZERA INSEGUENDO IL VACCINO
La chiamano «the batch», l’infornata. Hanno iniziato con 10 litri. Sono pronti a produrre 150 milioni di dosi con 15 microgrammi di principio attivo per vaccino. Dal 12 giugno, quando a Marburg in Germania i ricercatori della Novartis hanno individuato il vaccino per neutralizzare l’influenza suina A/H1N1, i principali laboratori al mondo di questo colosso farmaceutico sono sotto pressione. «Lavoriamo sette giorni su sette con turni di 24 ore. Entro la fine di settembre vogliamo essere pronti», giura Eric Althoff, Global media relations al quartier generale della Novartis a Basilea, una cittadella di vetro e cemento sul Reno, appena fuori dal centro. Eric Althoff snocciola numeri e tabelle. Alla fine tende la mano in un saluto. Facile che se la vada a lavare un minuto dopo. I bagni e ogni angolo di questa azienda farmaceutica che conta 100 mila dipendenti nel mondo e ha un fatturato di 41 miliardi di dollari, sono tappezzati di inviti terroristici a «clean your hands», per evitare il contagio.
Nel laboratorio di Marburg si lavora ad atmosfera negativa. L’aria che c’è dentro non può uscire. Il livello di sicurezza è 3. Solo un gradino più sotto del livello 4, quello per virus letali come Ebola. «Non è così pericoloso, ma il figlio mutato e degenere dell’influenza aviaria A/H5N1 si trasmette con troppa facilità», spiega Rino Rappuoli, responsabile del Reparto Vaccini di Novartis, membro della National Academy of Sciences. Ieri era nel laboratorio di Siena in Toscana, uno dei quattro centri di eccellenza dove si combatte il virus, insieme a Holly Springs in North Carolina e Liverpool in Gran Bretagna, oltre che a Marburg in Germania. «Aver già lavorato sull’influenza aviaria ci ha aiutato, ma nessuno si aspettava una pandemia del genere», racconta lo scienziato manager, un occhio ai diagrammi che arrivano dai laboratori, un altro alla produzione su scala industriale del vaccino che vale oro.
Nel campus della Novartis di Basilea, dove i tecnici corrono in tuta da jogging dopo aver corso contro il tempo e la pandemia, si ha la sensazione che la paura del mondo contro l’influenza suina valga una valanga di soldi. Per ora ci sono solo stime. Novartis ha messo in campo solo nella ricerca del vaccino 500 tecnici qualificati, biologi, medici, genetisti. «Contiano di investire 2 bilioni di dollari in tre anni», fa due conti Eric Althoff. Ci sono 35 Paesi nel mondo che hanno già bussato alla porta del quartier generale elvetico di questa azienda nata nel 1996 dalla fusione di Ciba Geigy e Sandoz. Svizzera, Francia, Stati Uniti e Germania hanno già stilato contratti per assicurarsi il vaccino. Ogni dose dovrebbe costare tra i 10 e i 15 dollari americani. Nessuno sa se saranno necessari successivi richiami. Di sicuro non basterà vaccinarsi contro l’influenza di stagione che quest’anno arriva da Brisbane. E’ possibile che per l’anno prossimo sia pronto un vaccino polivalente. Per ora ci si accontenta solo delle previsioni. Secondo calcoli approssimativi che volano in Internet, l’affare per combattere il virus A/H1N1 vale 10 miliardi di dollari, centesimo più centesimo meno.
C’è il problema dei Paesi africani che non possono permettersi di affrontare i costi di una vaccinazione di massa. Dei Paesi dove la pandemia dilagherà, dopo aver colpito gli Usa, la Gran Bretagna, il Messico e l’Argentina. Le dichiarazioni al Financial Times di Daniel Vasella, il direttore generale di Novartis, sono state per l’Oms una fucilata: «Per produrre un vaccino occorrono anche degli incitamenti finanziari». Eric Althoff dalla sede centrale di Novartis, smussa i toni: «Siamo pronti a tenere bassi i costi per le regioni in difficoltà. Siamo pronti a supportare tecnicamente i Paesi in via di sviluppo. Il vaccino comunque non sarà ”free”, non sarà regalato».
Mutano i virus, si susseguono le pandemie, ma la paura è sempre quella. Ventottomila persone nel mondo sono già state contagiate, l’invito anche in Italia a non cedere al panico cade spesso nel vuoto. I farmaci antivirali in commercio che servono a poco vanno a ruba. Alla fine sarà protetto solo chi sarà vaccinato. Alla Novartis di Basilea, quest’anno non si chiude per ferie. Eric Althoff scommette sulle le linee di produzione dell’azienda, che ha sedi in 140 Paesi del mondo, e assicura: «Normalmente in nove mesi produciamo 60 milioni di vaccini contro l’influenza stagionale. Ci stiamo attrezzando a sfornare 150 milioni di vaccini contro l’influenza suina in appena tre mesi. Abbiamo studiato le mutazioni del virus. A fine settembre saremo pronti a combattere l’A/H1N1».