Varie, 20 luglio 2009
Estate SICURI (VOCEARANCIO) Vestirsi di lana in piena estate e spendere poco per le creme solari sarebbe la soluzione migliore per stare tranquilli in spiaggia
Estate SICURI (VOCEARANCIO) Vestirsi di lana in piena estate e spendere poco per le creme solari sarebbe la soluzione migliore per stare tranquilli in spiaggia. Nel 2008 i prodotti solari sono risultati, dopo i deodoranti, il prodotto più venduto per la cura del corpo. L’anno scorso gli italiani hanno speso 350 milioni di euro (1, 8% in più rispetto al 2007) per le creme protettive. I canali di vendita preferiti sono risultati essere i supermercati (164, 79 milioni), seguiti poi dalle farmacie (105,29 milioni) e dalle profumerie (79, 39 milioni di euro). Un buon solare deve proteggere sia dai raggi UVB (quelli che ci scottano) sia dagli UVA (che non scottano, ma possono causare danni peggiori come fotosensibilizzazione, foto-invecchiamento e carcinoma della pelle). Per fare questo ha nella sua composizione particolari molecole: i filtri. Questi possono essere chimici, ovvero sostanze che assorbono gli UV; oppure fisici, ovvero polveri minerali che riflettono come uno specchio la maggior parte degli ultravioletti. I raggi UV o ultravioletti sono chiamati così perché i raggi solari visibili, scomposti nell’arcobaleno, terminano con il violetto (dal latino ultra, "oltre" il violetto). Il fattore di protezione solare (SPF per Sun Protection Factor, FP per fattore di protezione, IP per indice di protezione) indica quanto tempo possiamo stare al sole senza scottarci. Riguarda solo i raggi UVB e non gli UVA. Una persona che può stare al sole senza scottarsi per 10 minuti, con un filtro solare a protezione 30 potrà stare al sole senza scottarsi per 300 minuti (10 x 30 = 300 minuti). Il numero è indicativo, i dermatologi infatti raccomandano di ridurre il tempo d’esposizione a 2/3 (nel caso dell’esempio a 200 minuti). Dal 2007 sulle confezioni è apparso anche il logo UVA (lettere UVA all’interno di un cerchio). Il PPD (Persistent Pigment Darkening) è il metodo per misurare la protezione dagli UVA. Il fattore minimo di protezione dagli UVA è 1/3 del fattore solare UVB indicato in etichetta. Secondo l’EWG (Environmental Working Group) il 70% delle creme solari contiene filtri UVA. Nel 2007 era il 29%. Sui flaconi sono vietate espressioni come "schermo totale" o "protezione totale": non esiste un prodotto che garantisca la protezione da tutti i raggi UV. Accanto alla numerazione tradizionale devono comparire invece le indicazioni di protezione bassa, media, alta, molto alta. La protezione bassa è indicata con i numeri 6 e 10, la media con 15, 20 e 25, quella alta con 30 e 50 e, infine, quella molto alta con 50+. I fattori di protezione al di sopra di 50 sostanzialmente non accrescono la protezione. I solari con protezione minore di 6 non possono essere considerati creme solari protettive, ma semplici idratanti. Alessandro Cecchi Paone è attento a usare creme solari ”mai al di sotto del fattore 20”. Alcuni siti meteo indicano l’indice UV (da 0 a 12) accanto alle temperature. Tra 1 e 2 i rischi di esposizione sono bassi, da 3 a 5 moderati, da 6 a 7 alti, da 8 a 10 molto alti, dall’ 11 in su estremi. Per raggiungere il livello di protezione indicato, un adulto medio (163 cm per 68 kg) si deve applicare 2 mg di crema per cm², ovvero 6 cucchiaini da tè (36 grammi circa). Un tubo da 100 grammi, quindi, serve per non più di 3/4 esposizioni. Per la faccia è sufficiente 1/3 di un cucchiaino. Gli italiani mettono mediamente sulla pelle tra 0,5 e 1 mg di crema per cm². Praticamente meno della metà della dose raccomandata. Il disegno di un vasetto aperto che si vede sulle confezioni indica la scadenza del solare dall’apertura (o Pao): ”12M” indica 12 Mesi, ”18M” 18 mesi e così via. Dopo quella data le qualità del solare non sono più garantite. La maggior parte delle creme solari scadono dopo un anno. «Se è avanzata la crema dell’anno precedente, una buona norma sarebbe quella di non utilizzarla. Una crema che è stata aperta al mare, in spiaggia, sotto il sole, magari con dentro un po’ di polvere o sabbia, è probabile che possa essersi alterata. Quando apriamo una crema dell’anno scorso e vediamo che ha un colore strano, magari un po’ verdognolo, un odore che non è più gradevole, vuol dire che c’è qualcosa che non va», spiega a Voce Arancio il Prof. Antonino di Pietro, specialista in dermatologia a Milano. Nel 2006 l’ Istituto Superiore di Sanità fece una ricerca sulla durata dei prodotti solari: dopo 12 mesi di utilizzo il 60% del campione era ancora valido, gli altri non proteggevano più. Circa 20 milioni di italiani non utilizzano prodotti protettivi quando si espongono ai raggi solari, 11 milioni li utilizzano solo nei primi giorni di esposizione. Otto italiani su dieci non rispettano le raccomandazioni dei dermatologi: si espongono al sole nelle ore più calde del giorno (12-17), usano poco gli schermi solari o non li riapplicano, non reidratano la pelle dopo il sole e, spesso, non conservano bene le creme. Gli uomini sono quelli più ”sconsiderati”. La fondazione tedesca Stiftung Warentest ha testato 21 solari con protezione 30 e ha concluso che la crema per proteggere non deve essere necessariamente cara. La crema migliore è risultata l’Ombra Sun Care venduta da Aldi (una catena di discount) al prezzo di 2,67 euro per 100 ml. Il latte solare Sun Ozon di Rossmann (4°) è ancora più conveniente: 2,50 euro per 100 ml. Lo spray è invece più costoso: il Nivea Sun Light Feeling costa 5,50 euro per 100 ml. Le ultime della lista sono risultate due creme, una L’Oreal e una Vicky, che non rispettano il fattore di protezione e ottengono un giudizio complessivo scarso. In una crema ”di marca’ la giusta quantità di prodotto che serve per raggiunge il fattore di protezione indicato (30 ml) è sinonimo di ”soldi’. Ad esempio, un tubo di Extra Smooth Sun Protection di Shiseido costa 27,50 euro per 100 ml. La quantità basta per tre o quattro giorni di esposizione al sole. Fanno quasi 8 euro al giorno. Con il latte solare di Rossmann citato prima, un giorno di sole ci viene a costare 72 centesimi circa. Praticamente si può risparmiare fino a 50 euro la settimana. «Una crema solare ha un certo fattore di protezione e quel valore che dichiara deve essere reale. La differenza di prezzo tra una crema e l’altra può consistere in una migliore idratazione di un prodotto rispetto ad un altro o in una maggiore durata del potere schermante», ci spiega sempre il Professor Di Pietro «Certo anche la questione di marketing può essere notevole. Una crema cosiddetta ”di marca”, pubblicizzata sui giornali, è chiaro che costa di più perché ha un marchio. Una crema che invece ha meno marketing ed è meno conosciuta può essere altrettanto buona e più economica. A volte però aziende molto grosse e pubblicizzate hanno dei prodotti che costano relativamente poco rispetto ad altri perché hanno percentuali di vendita molto alte che permettono loro di mantenere un prezzo basso e garantire allo stesso tempo una qualità ottima». Nel 2008 gli investimenti pubblicitari nel settore solari hanno registrato un +39,8%. Dai 9.899 milioni di euro del 2007 si è passati ai 13.836 milioni di euro del 2008 (Rapporto annuale Unipro). La Neutrogena paga una royalty per usare sulle sue creme il logo dell’American Cancer Society, ma quest’ultima specifica che questo non è a garanzia del prodotto. Nel 1946 Franz Greiter creò il primo prodotto solare. L’idea gli venne anni prima quando si scottò durante una scalata al monte Piz Buin. Da lì derivò poi il nome della famosa azienda di creme solari. La scelta del fattore di protezione viene fatta in base al proprio fototipo, ovvero indice delle difese naturali che ogni individuo ha nei confronti dell’esposizione al sole. Il fototipo si indica con un numero (da I a VI): i fototipi più sensibili sono quelli coi numeri più bassi e richiedono una protezione più alta. Il 40-50% degli italiani ha un fototipo 3, il 30% ha un fototipo 4, gli altri rientrano nel fototipo 2: si scottano molto, si abbronzano poco. Anni fa ai bordi delle strade di Santiago del Cile, furono messi speciali semafori che indicavano, tramite cinque colori diversi, quando era opportuno proteggersi dai raggi solari. Una crema ”water resistant” (resistente all’acqua) garantisce una protezione per 2 bagni di 20 minuti l’uno. Una ”water very resistant” (molto resistente all’acqua) fino a 4 bagni. La dicitura waterproof non dovrebbe essere più utilizzata, perché crea l’illusione di una protezione "totale". Anche i vestiti hanno un grado di protezione dai raggi UV. E’ il cosiddetto indice UPF (Ultraviolet Protection Factor). Un tessuto con UPF 50 fa passare 1/50 dei raggi UV (il 98%). Un UPF tra 15 e 24 garantisce una protezione buona, tra 25 e 39 molto buona, tra 40 e 50 eccellente. I tessuti che proteggono di più sono quelli a trama fitta, in lana, in flanella, in denim, in poliestere e di colore scuro. Quelli che proteggono meno sono quelli in cotone, lino, acetato e di colore chiaro. Un vestito bagnato protegge meno di uno asciutto (fino al 50%). Uno studio dell’Unione Europea ha dimostrato che il 33% dei vestiti ha un UPF insufficiente (<15) e solo la metà presenta un UPF superiore a 30. Una ricerca dell’americana EWG ha scoperto che, su 490 creme solari, 3 su 5 contengono prodotti chimici che potrebbero essere dannosi per la salute oppure non proteggono adeguatamente la pelle. L’eritema solare consiste in un arrossamento della pelle causato da un’eccessiva esposizione ai raggi UVB. Ma non solo. «Ci sono delle pelli molto sensibili che possono non tollerare qualche componente che c’è nelle creme e che quindi rende la pelle più sensibile e più facilmente soggetta ad eritema o ad allergia » ci fa notare lo specialista. I frutti di bosco aiutano a prevenire le ustioni solari. L’acqua riflette circa il 20% dei raggi UV, la neve l’85%, l’erba di un prato il 10%, la sabbia il 15-25%. Stando sotto l’ombrellone si prendono circa il 50% di raggi in meno. Negli Stati Uniti è in vendita il "Sun UV Watch", un orologio che segnala quando le radiazioni solari assorbite sono eccessive. Il display indica la quantità di raggi ultravioletti assorbiti dalla pelle e il fattore di protezione della crema solare. Il ricercatore italiano Roberto Danovaro, su un numero dell’ ”Environmental Health Perspectives”, ha sostenuto che le creme solari contenenti filtri chimici possono scatenare organismi virali che causano lo sbiancamento dei coralli. «Lo studio è stato condotto in condizioni artificiali che non riproducono con la dovuta fedeltà quelle che si trovano nell’ambiente naturale. I campioni di corallo sono stati esposti ad alte concentrazioni di prodotti solari - livelli fino ad un milione di volte superiori a quelle dei filtri UV presenti nell’ambiente marino - ed immersi in borse di plastica sigillate riempite con due litri di acqua marina. E’ chiaro come questa modalità di incubazione in contenitori sigillati non permetta la normale circolazione dell’acqua e la rapida diluizione delle sostanze, come invece avviene nella realtà dell’oceano aperto» è stata la risposta del Prof. Van Woesik, esperto di coralli del Florida Institute of Technology. Il sole ha importanti effetti benefici: favorisce l’attivazione della vitamina D, stimola il ricambio cellulare, migliora l’umore e stimola la pigmentazione. Alcuni studiosi arabi hanno osservato che le donne che indossano il burqa mostrano carenze di vitamina D, per via della ridotta esposizione ai raggi solari. Non dimentichiamo che anche gli amici a quattro zampe sono sensibili all’eccessiva esposizione solare. La Bayer per l’estate 2009 ha lanciato una crema dermatologica per la protezione della cute e una lozione spray per proteggere il mantello di cani e gatti. Le zone più soggette alle scottature sono quelle meno protette dal pelo, come muso, orecchie e palpebre. "Lasciate che i prodotti parlino da soli" era il motto di Shinzo Fukuhara, figlio di Yushin, il fondatore di Shiseido.