Morya Longo, Il Sole 24 Ore 17/07/2009, 17 luglio 2009
QUOTARSI IN BORSA SENZA SAPERLO
«Il Cda di Enel ha deliberato di richiedere l’esclusione volontaria dalla quotazione presso il New York Stock Exchange». Era la fine del 2007 quando il gruppo energetico italiano abbandonava Wall Street. Ma dopo essere uscito dalla porta, è rientrato sul mercato Usa dalla finestra: senza averlo mai chiesto, l’Enel è stato infatti "riportato" in quotazione negli Stati Uniti attraverso i cosiddetti Adr (American Depositary Receipts). E la stessa avventura è successa a 27 altre società italiane: da Autogrill a Finmeccanica, da Geox a Impregilo, da Pirelli a Seat, da Saipem a Ubi Banca, da Mediobanca a Terna. Tutte sono oggi "quotate" (fuoriborsa) negli Usa, ma nessuna di loro l’ha mai chiesto. Anzi: alcune neppure lo sanno. Com’è possibile? Semplice: basta mettere insieme gli effetti "collaterali" di una riforma americana e lo zelo di tante banche (Bank of New York, Citigroup, Deutsche Bank e Jp Morgan in testa) che su questi effetti collaterali ci hanno fatto un business. Et voilà: mezzo mondo industriale italiano si trova "para-quotato" negli Usa.
Tutto inizia il 10 di ottobre, quando una riforma della Securities Exchange Act apre la strada involontariamente ai cosiddetti Adr «non sponsorizzati», cioè non richiesti dalle società. Gli Adr sono banalmente delle ricevute di deposito: di fatto sono strumenti (denominati in dollari) che hanno come sottostante una o più azioni di società non americane. Insomma: sono titoli che permettono a molti investitori statunitensi di acquistare indirettamente azioni italiane, francesi o tedesche. Prima del 10 ottobre per fare un Adr una società europea doveva registrarsi presso la Sec, cioè la Consob americana. Poteva anche chiedere l’esenzione dalla registrazione, ma per farlo doveva dimostrare di avere sul proprio sito internet i bilanci e i comunicati scritti anche in inglese. Ma dal 10 ottobre l’esenzione dalla registrazione è diventata automatica: basta avere su internet i bilanci in inglese, cosa che ormai hanno tutte le quotate, per avviare un programma di Adr negli Usa (solo se quotato fuoriborsa) senza neppure dirlo alla Sec.
Ma proprio qui c’è il trucco: se la società interessata non deve più fare nulla, allora qualunque banca depositaria può creare un Adr sulle sue azioni senza neppure coinvolgerla. Basta andare a cercare sui siti internet quali società pubblicano i bilanci anche in inglese e creare tutti gli Adr che si vogliono. Detto fatto: l’Enel pubblica i bilanci in inglese? Ecco che nasce un Adr su azioni Enel. Anche Finmeccanica? Ecco che nasce un Adr su Finmeccanica. Idem per 27 aziende italiane, 600 europee e 800 mondiali. In pochi mesi – stima Bank of New York – si è creato un mercato di Adr «non sponsorizzate» da 1,4 miliardi di dollari. Esistono società che hanno addirittura più di un programma di Adr, fatto da banche diverse: è il caso di Enel (tre programmi), Autogrill (due), Banco popolare (tre) e Finmeccanica (tre). Un mercato gigantesco. Creato involontariamente dalla riforma del 10 ottobre (il cui obiettivo era semplicemente di sburocratizzare gli Adr) e soprattutto da istituti come Bank of New York Mellon, Citigroup, Deutsche Bank e JP Morgan. Insomma: fatta la legge, trovata la falla, creato il business.
Bene inteso: non c’è nulla di male. Per le società interessate in realtà poco cambia. Anzi: come affermano dall’Enel, «in fondo si tratta di un modo per allargare la base di investitori». L’aspetto curioso è però che molti gruppi industriali – dalla Fiat alla stessa Enel – negli ultimi anni avevano deciso di abbandonare la quotazione in America, che andava tanto di moda negli anni ’80. Gli oneri informativi e il "faro" continuo della Sec, soprattutto dopo lo scandalo Enron, avevano infatti reso la quotazione negli Usa troppo onerosa e ormai poco interessante. Il ritorno di oggi, attraverso gli Adr, va dunque in controcorrente. Ma in realtà gli Adr fuoriborsa (over the counter in inglese) sono ben diversi, perché hanno obblighi informativi praticamente nulli.
Tutti gli addetti ai lavori contattati dal «Sole-24 Ore» ritengono dunque questo fenomeno positivo per le aziende. « un modo per avere contatto con gli investitori americani senza però avere più alcun obbligo informativo alla Sec», osserva David Stueber, managing director di Bank of New York Mellon. L’avvocato Jeff Lawlis, partner dello studio Latham Watkins, suggerisce però alle aziende di trasformare il programma in «sponsorizzato». Insomma: di avere un ruolo attivo. E le società che dicono? Quelle sentite dal Sole 24 Ore accolgono questo fenomeno in modo neutrale («non cambia nulla»). In fondo, a pensarci bene, tornano in America senza neppure pagare il biglietto...