Mauro Cereda, ItaliaOggi 20/07/2009, 20 luglio 2009
SINDACATI ECCO LA LEGIONE STRANIERA
Secondo il Dossier della Caritas oltre 800 mila iscritti ai sindacati dei lavoratori in Italia sono stranieri. E il trend risulta in aumento. Ma l’adesione dei lavoratori immigrati alle organizzazioni sindacali non è solo formale (la tessera).
Negli ultimi anni stanno, infatti, aumentando gli stranieri che assumono ruoli e incarichi attivi, a diversi livelli di responsabilità. Il fenomeno è agli inizi, ma comincia ad essere significativo.
Il caso più eclatante è quello di Liliana Ocmin, 37 anni, peruviana, una laurea in giurisprudenza alla Sapienza di Roma, che dopo il congresso della Cisl tenutosi la scorsa primavera è entrata a far parte della Segreteria nazionale con delega alle politiche migratorie, alle donne e ai giovani. In Italia dal 1992, per mantenersi agli studi ha fatto un po’ di tutto, al pari di tante persone che giungono nel nostro Paese da ogni parte del mondo: dalla venditrice ambulante alla commessa, dalla badante alla donna delle pulizie.
«Ho incontrato il sindacato nel 1995», racconta, «e ho iniziato a collaborare subito con l’Anolf, il servizio immigrati della Cisl. Ma mi sono occupata anche di politiche di genere, fino a diventare, nel 2007, responsabile nazionale del Coordinamento donne. La partecipazione attiva degli stranieri alla vita del sindacato è positiva e credo sia destinata a crescere. Si tratta di sindacalisti a 360 gradi, che rappresentano tutti i lavoratori, compresi gli italiani, ma che possono fare molto anche per diffondere la cultura delle diversità nel mondo del lavoro e aiutare tante persone, che spesso provengono da realtà dove il sindacato non c’è, a prendere coscienza dei propri diritti».
La Cisl supera i 332 mila iscritti non italiani, concentrati in particolare nel commercio, nell’edilizia e nell’alimentare-agricoltura. Quelli impegnati negli organismi (delegati, sindacalisti-operatori) sono circa 650 (tra cui diversi giovani immigrati di seconda generazione e un centinaio di donne). Tre sono segretari nazionali di categoria. Altrettanto nutrita è la pattuglia straniera della Cgil, che conta quasi 298 mila tesserati (distribuiti, a livello geografico, soprattutto in Emilia Romagna e Lombardia) e un organico di circa mille delegati aziendali e 150 sindacalisti-operatori.
«Sono numeri importanti», osserva Pietro Soldini, responsabile dell’Ufficio immigrazione dell’organizzazione di Corso Italia, «ma c’è ancora molto da fare. Il nostro obiettivo è trovare un principio di proporzionalità tra gli iscritti stranieri e le presenze negli organismi. Non è un compito facile perché ci sono resistenze anche al nostro interno. Le stesse che si trovano nei luoghi di lavoro. Un sindacalista straniero lavora anche per gli italiani e viene giudicato per quello che fa. Però non possiamo negare che tra qualche lavoratore, soprattutto al Nord, permangano dei pregiudizi, frutto di un atteggiamento culturale che ammicca alle posizioni della Lega, ma è incompatibile con i nostri valori. In qualche assemblea si è fatto fatica a parlare di immigrazione».
Nella Cgil le esperienze più significative, a livello nazionale, sono quelle di Moulay El Akkioui, segretario della Fillea, di Adam Mbody, presidente del Comitato centrale della Fiom, e di Kurosh Danesh, coordinatore del Comitato nazionale immigrati.
Il numero di sindacalisti stranieri sta crescendo anche nella Uil, che nel complesso supera i 143 mila iscritti non italiani (concentrati soprattutto nell’industria e in agricoltura) più 46 mila tesserati di seconda affiliazione (provenienti da associazioni affiliate alla confederazione).
«La presenza di operatori, attivisti e componenti di segreteria provenienti da Paesi esteri», evidenzia Carmelo Barbagallo, segretario organizzativo nazionale, «è significativa e io credo che tenderà a diventarlo sempre di più. una realtà in evoluzione. Oggi gli immigrati rappresentano il 3-4% del gruppo dirigente della Uil, a vari livelli. Avere delegati stranieri è anche un indice di integrazione. Fanno i sindacalisti come i colleghi italiani, non guardano alla nazionalità dei lavoratori da rappresentare, ma certamente facilitano il rapporto con quelli immigrati. Pensiamo solo al problema della lingua: soprattutto nei primi tempi per chi viene da fuori non è facile farsi capire».
Dalle sigle confederali all’Ugl. Più che nelle aziende, la presenza di attivisti stranieri nell’organizzazione guidata da Renata Polverini (103mila iscritti non italiani), è concentrata negli sportelli del Sei (Sindacato emigrati e immigrati). Avviato nel 2000, il servizio è attivo anche all’estero (10 sedi in Europa, 10 in America, 2 in Oceania, 2 in Africa, 2 in Asia).
«Il 77% dei nostri sportelli», nota il responsabile, Luciano Lagamba, «è guidato da stranieri. La maggior parte sono volontari. Il Sei offre un ampio spettro di servizi, che vanno dall’assistenza per le pratiche di regolarizzazione all’orientamento nella ricerca di un lavoro, alla formazione, all’assistenza legale. Inoltre svolge un importante compito di mediazione interculturale. Non a caso nel 2008 l’Ugl ha creato il sindacato dei mediatori interculturali, una figura per il cui riconoscimento è stato presentato un progetto di legge bipartisan ora in Parlamento».