Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 20 Lunedì calendario

LA GUERRA ASSEDIA I SOLDATI ITALIANI


Leggerei questo episodio nella chiave delle vicende interne al Libano: che Hezbollah stia lavorando da vari mesi a un sistematico riarmo, mi sembra nello stato delle cose».

Così si valuta, nelle alte sfere delle Forze Armate Italiane, lo scontro - il primo in tre anni - che qualche giorno fa ha opposto i Caschi Blu in Libano alla popolazione civile. Fra i militari non sembra ci sia spazio per versioni di comodo: dire infatti che Hezbollah è in riarmo, vuole semplicemente dire che la nostra missione in Libano è entrata in una fase di difficoltà seria.
Forse è il caso di cominciare a richiedersi cosa succede alle nostre missioni. Dall’Afghanistan al Libano. Sono tanti i segnali che gli Italiani corrono il rischio di essere presi in mezzo da guerre mai dichiarate.
La presenza italiana in Libano è forse la più rilevante per il nostro Paese. L’Unifil, con oltre 12 mila uomini, di cui 2100 italiani, è sotto il comando del generale italiano Claudio Graziano, uomo unanimemente stimato. La missione Onu (Unifil) riorganizzata nel 2006, alla fine della guerra fra Hezbollah e Israele, per garantire la smilitarizzazione della fascia fra Libano e Israele, al Nord e al Sud del fiume Litani, ha come compito essenziale il disarmo della zona, dunque delle milizie di Hezbollah.
In questo senso, l’incidente più recente è significativo. Il 14 luglio è esploso accidentalmente un deposito di armi e munizioni proprio di Hezbollah, ospitato in un edificio abbandonato a pochi chilometri dal quartier generale degli italiani. E’ stata aperta una inchiesta su queste armi «irregolari», ma una volta arrivate sul posto le forze Unifil sono state accolte da qualche centinaio di civili, che le ha bloccate a colpi di pietre. Un muro umano che ha circondato i mezzi militari, isolandone uno che per ripiegare ha dovuto persino sparare colpi in aria. Immagine vecchia come lo stesso Medioriente, civili, donne, bambini, armati solo di pietre, contro dei soldati. Una situazione non pericolosa, obiettivamente «umiliante».
Eppure non isolata. Come in Afghanistan, anche in Libano le acque si stanno intorbidendo. Negli ultimi sei mesi ci sono stati diversi momenti di tensione tra i caschi blu e i miliziani sciiti, di cui l’ultimo il mese scorso, quando gli Hezbollah hanno fatto ripiegare una pattuglia dell’Unifil che aveva appena scoperto un camion carico di armi e munizioni. Le tensioni preoccupano Gerusalemme, che, secondo il quotidiano liberal Haaretz, teme che il generale Graziano e l’Onu nascondano deliberatamente informazioni sul rafforzamento militare della milizia sciita, per timore delle reazioni proprio di Israele.
A difesa della missione, in verità, c’è proprio la cautela con cui il Graziano si muove. Ma, come sostiene l’ufficiale prima citato, sono le condizioni libanesi ad essere cambiate. C’è di nuovo una crisi proprio degli sciiti. La sconfitta inattesa della coalizione guidata da Hezbollah alle elezioni del 2007 ha infatti mostrato i limiti della supposta popolarità dell’organizzzazione. Da allora la coalizione si è spaccata. Le altre componenti, gli sciiti di Amal, e i cristiani del generale Aoun cercano ora di rientrare nel gioco politico nazionale. Hezbollah ha risposto alla crisi impegnandosi a ricostruire la propria forza e la propria identità. La tattica è quella di nuovi villaggi dentro cui crescono basi armate - come quello che gli italiani sono andati a controllare - e lo sviluppo di traffico di armi. I luoghi sono proprio il Sud del Litani, il settore più vicino al confine con Israele, e il Nord del Litani, dove passa la strada per la valle del Bekaa, quartier generale storico di Hezbollah.
E’ proprio l’area in cui vive e vigila l’Unifil, e i caschi blu Italiani. Che la missione Onu rischi di essere presa dentro la crisi dei giochi libanesi e dentro una crisi di Hezbollah, è un rischio vero. Tanto più in un momento in cui l’esplosione sociale del grande alleato Iran, espone le milizie a una grande incertezza. Dal Libano all’Afghanistan, dunque, anche contro la volontà degli stati maggiori, le nostre missioni stanno cambiando, perché a cambiare sono le condizioni in cui si svolgono.

Stampa Articolo