lettera a Sergio Romano, Corriere della Sera 20/07/2009, 20 luglio 2009
LETTERA A SERGIO ROMANO
Per me, e spero di non incorrere nelle ire del Quirinale, la firma con riserva del Presidente Napolitano in merito alla legge sulla sicurezza sa tanto di pilatesco e concordo, pure se non nella forma, con quanto asserito da Di Pietro e non da chi ipocritamente ha detto che ne terrà in buon conto le osservazioni. Qual è il suo pensiero?
Umberto Brusco
Bardolino (Vr)
Caro Brusco,
La mossa di Napolitano è già stata interpretata da alcuni commentatori (Michele Ainis, Stefano Folli, Massimo Franco, Marcello Sorgi) con argomenti che mi sono parsi molto convincenti. Per riassumere i termini della questione credo che occorra muovere dalla strategia del presidente della Repubblica in questo particolare momento della politica nazionale. Napolitano vuole evitare che il Paese bruci la legislatura nel falò di una ininterrotta sequenza di scontri e sterili litigi. Il governo ha la maggioranza e il diritto di governare. Sperare che vada a picco sugli scogli di uno scandalo e soffiare sul fuoco di un possibile incidente, significa aprire una crisi istituzionale che metterebbe il capo dello Stato in serio imbarazzo. Si può sempre tornare alle urne, beninteso, ma non prima di una serie di passaggi che paralizzerebbero il Paese nel mezzo di una grave crisi economica e finanziaria. Per evitare che questo accada occorre che l’opposizione smetta di considerare positive tutte le sventure della maggioranza e che questa smetta di trattare l’opposizione alla stregua di un appestato. Lo scopo di Napolitano oggi è quello di costringere entrambe le parti ad affrontare insieme il tema delle grandi riforme istituzionali (di cui si parla da quasi trent’anni) e quello degli strumenti con cui affrontare le recessione.
Che cosa sarebbe accaduto se Napolitano avesse firmato la legge sulla sicurezza senza battere ciglio? Le voci più sguaiate dell’opposizione avrebbero dichiarato che il presidente della Repubblica è ormai succube del governo.
Che cosa sarebbe accaduto se avesse rifiutato di firmare? Il governo avrebbe dichiarato che il Quirinale vuole impedirgli di fare il suo mestiere soprattutto in una materia a cui i suoi elettori sono molto sensibili e su cui i partiti della maggioranza si sono espressi con chiarezza durante la campagna elettorale. Stretto in questo dilemma, Napolitano ha aperto, nella mappa dei diversi percorsi istituzionali, una strada nuova. Ne sarei sorpreso se non sapessi che tutti i presidenti hanno dato una risposta personale ai problemi del Paese e creato precedenti. Luigi Einaudi scelse un Premier democristiano che non piaceva alla Dc. Giovanni Gronchi fece altrettanto con Ferdinando Tambroni e cercò, per di più, di impadronirsi della politica estera nazionale. Sandro Pertini sostituì bruscamente il governo nella questione dei controllori di volo. Francesco Cossiga usò il Quirinale per bombardare il quartier generale della politica italiana. Oscar Luigi Scalfaro costituì almeno tre governi presidenziali. Dei due presidenti più ortodossi (Leone e Ciampi) il primo fu costretto a dimettersi.
Il problema quindi, caro Brusco, non sta nella formula adottata da Napolitano in questa particolare circostanza. Il problema sta nella natura di una costituzione che ha creato intenzionalmente alcune ambiguità e non ha sufficientemente definito la figura del Premier. Una ragione di più per la cambiarla; ma, come vorrebbe, Napolitano, con una intesa fra maggioranza e opposizione.