FRANCESCO SEMPRINI, La Stampa, 17/7/2009, 17 luglio 2009
Superbanchieri è già ripartita l’era dei bonus - Torna lo spettro della bancarotta a Wall Street dopo il fallimento delle trattative tra Cit Group e le autorità americane
Superbanchieri è già ripartita l’era dei bonus - Torna lo spettro della bancarotta a Wall Street dopo il fallimento delle trattative tra Cit Group e le autorità americane. Alle prese con una contrazione di liquidità senza precedenti, il più grande operatore indipendente di credito commerciale aveva chiesto di nuovo aiuto al governo Usa dopo i 2,33 miliardi di dollari incassati a dicembre nell’ambito del piano salva-finanza Tarp. Le motivazioni presentate dall’ad, Jeffrey Peek, non hanno però convinto, così Tesoro e Federal Reserve hanno ritenuto opportuno non intervenire, mentre la Fdic, l’assicuratore dei depositi bancari, ha bocciato la richiesta di garanzie sull’emissione del debito. Il nulla di fatto col quale si sono concluse le trattative apre quindi alla prospettiva della bancarotta per Cit, mentre per Wall Street significa il ritorno di un incubo già vissuto meno di un anno fa con la fine di Lehman Brothers. «Non ci sono i presupposti per ottenere nuovi aiuti pubblici nel breve termine», spiega in una nota la società che tuttavia continua a «valutare eventuali alternative». Il gruppo newyorkese tenta il tutto per tutto puntando a raccogliere almeno due miliardi di dollari tra i creditori entro 24 ore, ma in realtà potrebbe aver bisogno di una cifra compresa tra i 4 e i 6 miliardi e questo rende ancor più complesso il suo salvataggio. Il pessimismo è confermato dalle perfomance sui mercati dove dopo la illusoria ripresa di mercoledì il titolo ha perso ieri un altro 75% scendendo sotto quota cinquanta centesimi. I bond a tasso variabile con scadenza agosto 2009 (emissione da un miliardo di dollari) sono calati a 60 su 100 punti base mentre sono balzati del 13% i Cds ovvero le assicurazioni sul default del debito: per garantire dieci milioni di dollari ne servono 4,7 milioni, più 500 mila di commissione annuali. Sebbene non si si sia pronunciato pubblicamente sulla questione il segretario Timothy Geithner, è stato attivamente coinvolto nelle trattative, mentre il presidente americano è tenuto costantemente informato. Tesoro e Fed però sembrano convinti che la liquidità del gruppo si sia deteriorata a tal punto da essere non governabile mentre un eventuale fallimento non sarebbe poi così devastante per il mercato. Il gruppo, con oltre un secolo di attività e 4800 dipendenti all’attivo, ha conosciuto in due anni un grave tracollo. Il titolo dai 60 dollari del febbraio 2007 ha quasi azzerato il valore registrando un calo del 64% solo nel 2009, con otto trimestri consecutivi di perdite, pari a un passivo di 3,4 miliardi di dollari. Un trend destinato a proseguire visto che le previsioni per i bilanci del secondo trimestre 2009 (la pubblicazione sarà il 23 luglio) sono per una perdita di 346 milioni. Nonostante abbia ricevuto gli aiuti federali a dicembre, gli stress test condotti ad aprile avevano rivelato una situazione di gravi difficoltà con due possibili scenari: bancarotta da una parte o liquidazione di parte degli asset dall’altra. Nonostante le convinzioni del Tesoro però anche l’ipotesi del fallimento solleva perplessità. La prima è che si tratta del primo istituto che ha usufruito degli aiuti Tarp ad andare in bancarotta, e questo potrebbe significare che il governo dica addio ai 2,33 miliardi prestati a dicembre. Dall’altra ci potrebbero essere ricadute su altri aziende visto che Cit Group ha partecipato al finanziamento di un elevatissimo numero di società di medie dimensioni oltre a grandi gruppi come Donkin’ Donuts, Union Pacific e Dell. Le stesse motivazioni per cui dieci mesi fa il governo si è visto costretto a intervenire in soccorso di Aig e Citigroup. Stampa Articolo