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 2009  luglio 20 Lunedì calendario

LE HOLDING E IL PESO DEL DEBITO. I CONTI DELLA GALASSIA ZUNINO


Advisor al lavo­ro al piano di ristrutturazione, oggi il consiglio convocato d’ur­genza dopo che la Procura ha chiesto il fallimento del gruppo: per Luigi Zunino si apre una set­timana decisiva, in vista del­l’udienza convocata dal giudice per il 29 luglio. Ma l’attenzione del mercato non si limita alla «sua» Risanamento. Bensì si estende anche alle banche che hanno finanziato il gruppo e alla galassia personale dell’immobi­liarista. Galassia che a fine 2007 risultava a sua volta in­debitata per 850 milioni, ci­fra che nel 2008 avrebbe superato in modo consi­stente il miliardo.

Le holding di famiglia
L’imprenditore pie­montese si è sempre mosso su un doppio binario: da una parte Risanamento, la società quotata in Borsa, e dall’altra le holding di famiglia che la controllano. Ma non sono holding «vuote», di pura gestione della partecipa­zione. Hanno fatto affari immo­biliari e finanziari per anni, tal­volta incrociandosi con Risana­mento. Ne è venuto fuori, im­mobile dopo immobile, un gruppo nel gruppo ma di fatto sganciato da Risanamento e sot­to il cappello di tre società: Tra­dim, Nuova Parva e Zunino In­vestimenti Italia che è la control­lante. Il punto fondamentale è che l’attività di questo gruppo nel gruppo è stata finanziata più o meno dalle stesse banche esposte con Risanamento, an­che quando Zunino si è lanciato in investimenti in Borsa negli anni scorsi: per esempio era arri­vato intorno al 4% di Medioban­ca per poi uscirne con minusva­lenze pesanti per i fragili bilanci delle società di famiglia. Secon­do una fonte bancaria oggi le holding personali di Zunino sa­rebbero dunque gravate da un debito «ben superiore al miliar­do ».
 vero che le banche si sono sempre confrontate con il debi­to del gruppo Zunino nel suo pe­rimetro totale, ma il problema urgentissimo di Risanamento è legato a doppio filo con l’esposi­zione nelle holding e dunque an­ch’essa è già, di fatto, una que­stione urgente. Tanto più che Tradim, Nuova Parva e Zunino Investimenti hanno il grosso problema di avere circa la metà delle loro quote di Risanamento (73% complessivo) in pegno a tre istituti: Unicredit Corporate Banking, Intesa Sanpaolo e Po­polare Lodi (gruppo Banco Po­polare). Il titolo nell’ultima se­duta prima della sospensione di giovedì valeva 0,36 euro, il 70% in meno di un anno fa; nel feb­braio 2007 era a 8,44 euro e Zu­nino il re degli immobiliaristi. In documento ufficiale della pri­mavera 2008 scriveva a proposi­to di un nuovo investimento: «...la novità è la diversificazio­ne geografica attuata mediante l’investimento in Madison Ave­nue a New York, mercato esen­te dalla crisi subprime ...».

Le tensioni finanziarie
Già tre anni fa la tensione finan­ziaria sulle holding per­sonali era eviden­te, se è vero che Unicredit si ga­rantiva le eroga­zioni con Cct, obbligazioni Bei e quote di fon­di di proprietà delle società per­sonali di Zunino e della moglie, Stefania Cossetti.
Individuare l’arcipelago im­mobiliare extra Risanamento è come fare mezzo Giro d’Italia e un po’ di Tour de France. Zuni­no nel corso degli ultimi anni, solo per fare qualche esempio, ha comprato (e in parte vendu­to) a Milano in zone prestigiose come via Santa Valeria, via Ame­dei, la sede di via Bagutta e poi complessi immobiliari in Corsi­ca, una caserma dei Vigili del fuoco in Toscana, un grosso edi­ficio in Piazza della stazione a Padova, un gruppo di edifici a Valenza (Al), un palazzo in Ave­nue Matignon a Parigi e altri nel­la capitale francese, senza conta­re barche e aerei gestiti dalla so­cietà Zeta Air. Soldi suoi pochi, soldi delle banche molti e quin­di tra pegni e ipoteche, come quella della Popolare Lodi sulla sede di via Bagutta, anche il gruppo nel gruppo, quello delle holding personali di Zunino, è in mano alle banche. un pro­blema urgentissimo, anche per i bilanci degli istituti.

Le banche
Per gli istituti che negli anni hanno finanziato a più riprese Zunino (il debito di Risanamen­to è di circa 3 miliardi) la situa­zione rischia infatti di farsi piut­tosto complicata. Dopo la richie­sta di fallimento firmata da Ro­berto Pellicano e Laura Pedio è stata accelerata la definizione del piano di ristrutturazione da parte degli advisor, Banca Leo­nardo e Salvatore Mancuso, scel­to dal principale creditore Inte­sa e che secondo la procura avrebbe un ruolo assimilabile a quello di «amministratore di fat­to ». Oggi in consiglio le linee del piano con le richieste di nuo­va finanza saranno ampiamente discusse. Ma sul tavolo potreb­be esserci anche la posizione del­lo stesso Zunino, oggetto di in­dagini per aggiotaggio, banca­rotta e di accertamenti sull’even­tualità di falso in bilancio, visto che secondo la Procura i conti 2008 «non potevano essere re­datti secondo il principio di con­tinuità aziendale». In discussio­ne però potrebbe risultare inol­tre la posizione dello stesso Mancuso, che fin dagli anni ”90 aveva collaborato con l’attuale responsabile della divisione cor­porate di Intesa, Gaetano Micci­ché, in casi «critici» come Unio­ne manifatture e Gerolimich, Raggio di Sole, Santavaleria.
Le banche, pur avendo proce­duto a due piani di ristrutturazio­ne e rifinanziamento e una mora­toria su oltre un miliardo di debi­to di Risanamento, non hanno declassato la posizione dei credi­ti in portafoglio. La Procura, nel­la richiesta di fallimento, sottoli­nea che i creditori «preferiscono confidare in accordi che consen­tirebbero loro un rientro attra­verso procedure articolate, con la finalità di conservare gli effet­ti dei pagamenti anche in caso di fallimento». In particolare secon­do i pm «anche l’ultimo piano è dichiaratamente elaborato per perseguire tali finalità, al punto che viene esplicitamente presen­tato sotto l’insegna dell’articolo 67 della legge fallimentare», che consente in sostanza di sottoscri­vere accordi di ristrutturazione ’benedetti’ dal tribunale in eso­nero dunque da eventuali azioni revocatorie. Certo è che, conside­rata l’entità delle cifre in gioco, in caso di fallimento del gruppo Zunino a monte e a valle l’impat­to per gli istituti, nonostante le garanzie presenti sui finanzia­menti, potrebbe essere forte.