Edoardo Segantini, Corriere Economia 20/07/2009, 20 luglio 2009
Iprossimi test di Tiscali sono l’aumento di capitale e il piano industriale. Il primo, cui Renato Soru parteciperà con 30 milioni di euro, e che vedrà Jp Morgan e Intesa Sanpaolo giocare un ruolo chiave, ha l’obiettivo di raccogliere 210 milioni per ridare ossigeno all’azienda
Iprossimi test di Tiscali sono l’aumento di capitale e il piano industriale. Il primo, cui Renato Soru parteciperà con 30 milioni di euro, e che vedrà Jp Morgan e Intesa Sanpaolo giocare un ruolo chiave, ha l’obiettivo di raccogliere 210 milioni per ridare ossigeno all’azienda. Il secondo, altrettanto importante, ha lo scopo di ricostruire un percorso strategico realistico e credibile dopo le velleitarie e disastrose avventure del passato. Il mercato resta scettico ma segue attentamente il ritorno di Soru al timone. Ora che è di nuovo presidente e amministratore delegato, il fondatore si divide tra la guida dell’azienda e l’attività di consigliere della Regione Sardegna, di cui è stato presidente fino al febbraio scorso. Chi in questi giorni lo incontra, lo trova combattivo come al solito e «motivato a ripartire», ma, a differenza di prima, molto più concentrato sui dettagli della gestione operativa. Soru ritiene che nei servizi a banda larga per le imprese ci siano potenzialità di crescita non sufficientemente esplorate. Il suo piano industriale, secondo quanto risulta al Corriere Economia , punterà perciò su una più netta caratterizzazione di Tiscali come «azienda che lavora per le aziende». Mentre, per il mercato di massa, il suo progetto è quello di rendere molto più estesa e capillare la rete di distribuzione, mediante accordi con le catene e con gli operatori locali. Il tutto nell’ipotesi che il marchio Tiscali conservi intatta una sua forza commerciale. Il Soru di oggi, sostiene chi gli è vicino, è un uomo che ha imparato sia dalla sconfitta politica che da quella imprenditoriale. Perché, dopo un inizio glorioso, Tiscali finora è stata un’ esperienza d’insuccesso. Due soli dati: tra il 2000 e il 2005 ha bruciato un miliardo di cassa; e dai 2,7 euro che valeva alla fine del 2007, il titolo è sceso agli attuali 0,25. Sull’orlo della bancarotta è arrivata nell’ autunno 2006 e poi di nuovo l’anno scorso, in pieno sboom, dopo la mancata vendita della consociata inglese a Rupert Murdoch. Nella buona e nella cattiva sorte, l’azienda in viola è stata ed è indissolubilmente legata alla complessa figura del fondatore. Di cui sono note l’intelligenza un po’ ermetica ma anche la diffidenza, la cocciutaggine e l’inclinazione a non ascoltare nessuno, che lo hanno portato talvolta a scelte sbagliate. Come altri Internet provider, Tiscali nasce dalla New economy, nel 1998. All’inizio fornisce accessi web a pagamento. Poi aderisce alla «freelosophy», teoria e prassi del «tutto gratuito », capitolo controverso dell’«economia del dono»: in pratica l’idea che, se non si fa pagare, la base degli utenti e quindi la pubblicità aumenteranno tanto da generare l’agognata redditività. Contemporaneamente viene lanciata un’ambiziosa e imprudente campagna di acquisizioni, che un ex collaboratore di Soru definisce «bulimia compradora» e che porterà a creare una costellazione internazionale di 16 aziende. Ma la mancanza di un vero sistema-rete sinergico finisce per moltiplicare i costi in modo insostenibile. Soru si rende conto che Tiscali non può più reggersi sul gruppo di fedelissimi che agli inizi si riunivano a Cagliari in piazza del Carmine. L’azienda ha bisogno di management. All’inizio del 2006 così arriva Tommaso Pompei, che completa il ciclo di dismissioni avviato due anni prima e concentra le attività in Gran Bretagna e in Italia. Ripone in soffitta la freelosophy e dà all’azienda un più tradizionale modello di business basato sulla vendita di servizi telefonici e Internet. Grazie al lavoro della numero uno Mary Turner, Tiscali Uk diventa il terzo operatore inglese a banda larga dopo Bt e Carphone Warehouse. La cessione della consociata inglese viene gestita da Mario Rosso, nominato amministratore delegato nel febbraio 2008. Ma in breve sulla navigazione del manager scende la tempesta globale: il rapidissimo peggioramento delle condizioni di mercato, con prezzi azionari dimezzati in quattro mesi, il calo della sterlina e la crisi del mercato britannico trasformano la vendita in un salvataggio d’emergenza. Che Rosso porta a buon fine con la cessione di Tiscali Uk a Carphone Warehouse. Dopo i sogni, Tiscali ora torna alla realtà. Quella di una media azienda solo italiana con 350 milioni di fatturato, dalla quale Soru in un certo senso «ricomincia », giocandosi ancora una volta la reputazione. L’Amleto di Cagliari vuole la rivincita.