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 2009  luglio 17 Venerdì calendario

«Un buon tuffo è come un buon romanzo, deve ave­re una grande spinta iniziale, un perfetto svolgimento in aria e un’entrata in acqua impeccabile

«Un buon tuffo è come un buon romanzo, deve ave­re una grande spinta iniziale, un perfetto svolgimento in aria e un’entrata in acqua impeccabile. Come la chiusura dell’Ulisse di Joyce: quel ’sì’ assoluto che è un inno alla vita. Senza spruzzi». Raffaele La Capria all’acqua ha dedicato l’infanzia e alcuni dei suoi capolavori, come «Ferito a morte». Si tuffava da Palazzo Donn’Anna direttamente nel ma­re di Posillipo: «Ci voleva corag­gio a buttarsi da dieci metri, ma avevo bisogno di dimostrare a me stesso di non essere un codardo». Nasce così la passione per i tuffi del più grande scrittore italiano vi­vente, che oggi ha 86 anni. «A Na­poli c’era un ragazzo, Ciccio Ferra­ris, che aveva partecipato all’Olim­piade del ”32. Era un buon mae­stro per noi piccoli. Alla fine an­ch’io ero diventato un campionci­no. Adoravo i tuffi: erano eleganti e narcisisti, come il balletto, ma in più avevano il fattore rischio che rendeva tutto più emozionante». Non seguirà in tv i Mondiali di nuoto, La Capria, non per snobi­smo ma perché «gli atleti oggi so­no sovrumani, fanno tempi esage­rati ». E torna con la memoria agli Anni Trenta: «A Napoli c’era un grande pallanotista, Gildo Arena, che era anche un eccellente nuota­tore. Una volta al Circolo Nautico aveva percorso i 100 metri stile li­bero in 1 minuto e 3 secondi. Un tempo sensazionale, per quell’epo­ca. Eravamo tutti entusiasti. Oggi leggo che la stessa distanza viene percorsa in 47 secondi. E allora ca­pisco che questi sono mostri, so­no uomini diversi da quelli che eravamo noi». La Capria è stato nuotatore, tuf­fatore e pure pallanotista. «Per i napoletani era importante distin­guersi nei circoli nautici. Solo così ci si poteva fare un nome». Ma i tuffi restano la sua passione, la sua metafora letteraria, sviluppa­ta nel 1990 in «Letteratura e salti mortali» dove appunto paragona il romanzo a un tuffo ben riuscito: «Una partenza alta ti permette di avere più margine per gestire l’esercizio, ti garantisce più punti della giuria, ma è anche più ri­schioso. Non solo perché devi sta­re attento a evitare in ricaduta il trampolino, ed è questione di mil­limetri. Ma soprattutto, se parti al­to devi mantenere quel livello per tutto il salto, per tutto il racconto. A quel punto non puoi più delude­re ». E porta l’esempio dell’incipit della Metamorfosi di Kafka: «Quando Gregor Samsa si svegliò una mattina da sogni inquieti, si trovò trasformato nel suo letto in un immenso insetto». Una parten­za che non dà tregua, da cui non si torna indietro: o è fallimento o è capolavoro.