Sergio Rizzo, Corriere della Sera 17/07/2009, 17 luglio 2009
Chi pensa che il problema sia ancora il famoso «divario» che separa il Sud dal Nord e del quale si favoleggia da decenni, secondo Gianfranco Viesti (foto a destra), professore di Economia all’Università di Bari, questa volta è davvero fuori strada
Chi pensa che il problema sia ancora il famoso «divario» che separa il Sud dal Nord e del quale si favoleggia da decenni, secondo Gianfranco Viesti (foto a destra), professore di Economia all’Università di Bari, questa volta è davvero fuori strada. « tutta l’Italia che è messa male. Il Mezzogiorno, in proporzione, sta soltanto un po’ peggio». Roba da mettere in crisi tutta la cultura meridionalista italiana del dopoguerra, dal fondatore della Cassa del Mezzogiorno Gabriele Pescatore in poi... «Negli ultimi anni il Paese ha avuto una crescita del Prodotto interno lordo inferiore di 12 punti alla media europea. A parità di potere d’acquisto il reddito della Grecia è più alto del nostro. Sarei felicissimo se il problema fosse solo di divario». Che pure esiste, è sotto gli occhi di tutti. «Certo. Ma negli ultimi sette anni il divario si è ridotto per l’effetto di una crescita minore del Centro nord». gia qualcosa, no? «Rispetto al 2000 il Pil del Sud è più vicino di circa due punti a quello del Centro Nord. Irrilevante. Se al Sud la giustizia civile non funziona per niente al Centro nord funziona malissimo». Per non parlare delle infrastrutture: secondo il rapporto Svimez una situazione spaventosa. «Il punto è che in tutto il Paese non è migliorata. Il passante autostradale per Malpensa si apre dieci anni dopo l’aeroporto, la Salerno Reggio Calabria, che doveva finire nel 2008, finirà chissà quando». Le responsabilità? «Storiche. Ma non posso non ricordare che a novembre 2008 il governo ha finanziato tutte le misure togliendo soldi al Sud. Il conto dello Svimez è 18 miliardi. In realtà, considerando anche il terremoto in Abruzzo, si va ben oltre i 20 miliardi». Lo dice come se pensasse che c’è sotto qualcosa? «C’è una strategia non casuale. Prendiamo il decreto sull’Ici per la prima casa: con quello è stato tolto un miliardo e mezzo alle infrastrutture di Sicilia e Calabria. Mossa curiosa per chi dice di voler fare il ponte sullo stretto di Messina. Dopo di che tutte le altre misure di politica economica fatte con i soldi del sud». Tutte? «Anche la copertura del buco di bilancio del Comune di Catania e quello di Roma. Pessima misura pedagogica: se un comune ha un buco deve andare in dissesto. Praticamente, non abbiamo più risorse pubbliche nazionali per il Sud fino al 2015. I cosiddetti fondi speciali per il Sud hanno semplicemente sostituito le risorse ordinarie». C’è chi dice che meno risorse pubbliche al Sud significa anche meno assistenzialismo. «Qui stiamo parlando di investimenti, non di soldi per i bidelli». Visto come certe regioni del Sud gestiscono anche qui denari... «Se il ministro dell’Economia Giulio Tremonti pensa che li gestiscano male, lo faccia lui». Magari lo farebbe, se ne avesse i poteri. «Il governo ha due colossali fondi: infrastrutture e competitività, che sono partiti nel gennaio 2007. Finora non hanno dato segno di vita». Nemmeno sotto il governo di Romano Prodi. «Sono d’accordo. Il governo Prodi è stato molto distratto. Il governo Berlusconi si è disinteressato. Sarebbe interessante chiedere al ministro Claudio Scajola che cosa ha fatto in questo anno e tre mesi con i fondi europei». Ma anche quelli sono in mano alle Regioni, sbaglio? «Due terzi. Ma un terzo allo Stato centrale. Le chiavi di questo Pon competitività, così si chiama. Ce l’hanno Scajola e Mariastella Gelmini. Potrebbero dare ottimi esempi al Sud. Il ministro Matteoli ha il Pon infrastrutture. Perché non dà anche lui l’esempio? ». Non c’entra niente l’impronta nordista del governo? «Forse in parte. Questa guerra al Sud ha un nome e un cognome, Tremonti, che è come dire la Lega. Ma pure il governo precedente, che era meno nordista, non è stato molto attento. Il problema è la convinzione diffusa che con il Sud non ci sia più niente da fare. Che le cose non funzionano, che la malavita la fa da padrona. Allora si rinuncia agli investimenti. Lo sanno che la maniera migliore per far pagare meno tasse al Nord è far lavorare i meridionali?». Il ministro dell’Economia fa la guerra ai meridionali? Ma se Tremonti ha sempre sostenuto pubblicamente la necessità di far risorgere economicamente il Mezzogiorno, al punto da promuovere la nascita della Banca del Sud. «Tremonti è uomo di straordinaria intelligenza. Anche se talvolta dice cose sorprendenti. Per esempio, ha dichiarato al Sole 24 ore che non era stato tolto un euro al Sud. Poi che ci vuole una banca per il Sud. La crisi avanza e la strategia del governo è incrociare le dita, a Treviso come a Napoli».