Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 19 Domenica calendario

di Massimo Mucchetti I gasdotti dell’Eni e lo spadino di Ortis Questa volta, il governo ha polemizzato apertamen­te con l’Autorità per l’energia e il gas sulla vexata quaestio dei gasdotti

di Massimo Mucchetti I gasdotti dell’Eni e lo spadino di Ortis Questa volta, il governo ha polemizzato apertamen­te con l’Autorità per l’energia e il gas sulla vexata quaestio dei gasdotti. All’assemblea dell’Autorità, il presidente Alessandro Ortis aveva ricordato gli impegni dell’esecutivo a costringere l’Eni a cedere Snam Rete Gas. Il ministro dello Sviluppo economico, Clau­dio Scajola, ha invitato il collegio a non insistere. Ma diver­samente dalla Consob e dall’Autorità per le comunicazioni, questo collegio tiene il punto sulle liberalizzazioni. Nostal­gie liberiste o visione industriale da parte del regolatore? Realpolitik o sudditanza all’ex monopolio di Stato da parte del governo? Ortis si richiama alla legge. Il principio della terzietà delle reti di trasporto dell’elettricità e del gas risale al decreto Let­ta del maggio 2000 e la cessione di Snam Rete Gas, secondo la legge Marzano dell’agosto 2004, avrebbe dovuto realizzar­si entro giugno 2007. L’idea liberalizzatrice è dunque biparti­giana. Ma bipartigiani sono anche i rinvii: il governo Berlu­sconi rimanda l’operazione a fine 2008 e il governo Prodi ne fissa il termine entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decre­to di attuazione che, a tutt’oggi, non è stato emanato né mai lo sarà, in ossequio alle richieste dell’Eni, renitente a cedere le infrastrutture, tubi e stoccag­gi, che proteggono la sua posi­zione dominante nel settore del gas. Di fronte a una classe politica priva del coraggio di abolire leggi a suo giudizio ob­solete, ben venga un ex allievo della Nunziatella che conserva lo spadino e, con esso, il valore della parola data. Ma in concre­to ha ragione o torto l’ingegne­re nucleare Alessandro Ortis? La «sua» Autorità e l’Anti­trust hanno fatto emergere l’in­sufficienza degli stoccaggi, che penalizza tutti gli utilizzato­ri di gas tranne l’Eni. Amen, potremmo dire: pochi stoccag­gi, pochi tubi, il campione nazionale ha fatto i suoi accordi a lungo termine con Russia, Algeria e Libia, guadagna e pa­ga pingui dividendi ai soci il principale dei quali è il Tesoro. Ma alla penuria sta subentrando l’abbondanza dei gasdotti. Ora i cinesi aiutano la Nigeria a produrre gas da esportare anche in Europa con un tubo che attraversa il Sahara. Gli iracheni promettono di coprire metà della capacità del Nabucco, il gasdotto che alimenterà l’Europa centrale at­traversando la Turchia e i Balcani, in concorrenza con il Sou­th Stream, che l’Eni e la russa Gazprom fanno passare nel Mar Nero. E poi, dalla Grecia, c’è l’Igi al quale concorre Edi­son. Le infrastrutture abbondanti si ridefiniscono come in­dustria autonoma. Una novità che può cambiare l’equazione dell’Eni. E rilanciare la nostra penisola come hub che, con tubi e stoccaggi adeguati, raccoglie gas dall’Africa e dal Me­dio Oriente e lo ritrasmette in Europa trattenendone quanto basta ad alimentare un po’ di concorrenza. Era l’idea che ispirava Letta e Marzano. E che, se quelle sui nuovi gasdotti non sono tutte chiacchiere, potrebbe diventare realpolitik.