Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 19/7/2009, 19 luglio 2009
di Massimo Mucchetti I gasdotti dell’Eni e lo spadino di Ortis Questa volta, il governo ha polemizzato apertamente con l’Autorità per l’energia e il gas sulla vexata quaestio dei gasdotti
di Massimo Mucchetti I gasdotti dell’Eni e lo spadino di Ortis Questa volta, il governo ha polemizzato apertamente con l’Autorità per l’energia e il gas sulla vexata quaestio dei gasdotti. All’assemblea dell’Autorità, il presidente Alessandro Ortis aveva ricordato gli impegni dell’esecutivo a costringere l’Eni a cedere Snam Rete Gas. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha invitato il collegio a non insistere. Ma diversamente dalla Consob e dall’Autorità per le comunicazioni, questo collegio tiene il punto sulle liberalizzazioni. Nostalgie liberiste o visione industriale da parte del regolatore? Realpolitik o sudditanza all’ex monopolio di Stato da parte del governo? Ortis si richiama alla legge. Il principio della terzietà delle reti di trasporto dell’elettricità e del gas risale al decreto Letta del maggio 2000 e la cessione di Snam Rete Gas, secondo la legge Marzano dell’agosto 2004, avrebbe dovuto realizzarsi entro giugno 2007. L’idea liberalizzatrice è dunque bipartigiana. Ma bipartigiani sono anche i rinvii: il governo Berlusconi rimanda l’operazione a fine 2008 e il governo Prodi ne fissa il termine entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto di attuazione che, a tutt’oggi, non è stato emanato né mai lo sarà, in ossequio alle richieste dell’Eni, renitente a cedere le infrastrutture, tubi e stoccaggi, che proteggono la sua posizione dominante nel settore del gas. Di fronte a una classe politica priva del coraggio di abolire leggi a suo giudizio obsolete, ben venga un ex allievo della Nunziatella che conserva lo spadino e, con esso, il valore della parola data. Ma in concreto ha ragione o torto l’ingegnere nucleare Alessandro Ortis? La «sua» Autorità e l’Antitrust hanno fatto emergere l’insufficienza degli stoccaggi, che penalizza tutti gli utilizzatori di gas tranne l’Eni. Amen, potremmo dire: pochi stoccaggi, pochi tubi, il campione nazionale ha fatto i suoi accordi a lungo termine con Russia, Algeria e Libia, guadagna e paga pingui dividendi ai soci il principale dei quali è il Tesoro. Ma alla penuria sta subentrando l’abbondanza dei gasdotti. Ora i cinesi aiutano la Nigeria a produrre gas da esportare anche in Europa con un tubo che attraversa il Sahara. Gli iracheni promettono di coprire metà della capacità del Nabucco, il gasdotto che alimenterà l’Europa centrale attraversando la Turchia e i Balcani, in concorrenza con il South Stream, che l’Eni e la russa Gazprom fanno passare nel Mar Nero. E poi, dalla Grecia, c’è l’Igi al quale concorre Edison. Le infrastrutture abbondanti si ridefiniscono come industria autonoma. Una novità che può cambiare l’equazione dell’Eni. E rilanciare la nostra penisola come hub che, con tubi e stoccaggi adeguati, raccoglie gas dall’Africa e dal Medio Oriente e lo ritrasmette in Europa trattenendone quanto basta ad alimentare un po’ di concorrenza. Era l’idea che ispirava Letta e Marzano. E che, se quelle sui nuovi gasdotti non sono tutte chiacchiere, potrebbe diventare realpolitik.