Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 16 Giovedì calendario

PER LE ACCIAIERIE CINESI LA RESA E’ VICINA


RIO TINTO IN CRESCITA - Nel secondo trimestre il gruppo anglo-australiano ha prodotto l’8% in più rispetto a un anno prima e dimostra ottimismo
 sempre più complicata l’analisi di quanto avviene sul mercato del minerale di ferro: la Cina continua a comprare, ma le spedizioni via nave dal l’Australia hanno accusato la scorsa settimana un brusco tracollo, mentre si registrano maggiori arrivi dal Brasile e dall’India, gli altri grandi fornitori delle acciaierie cinesi.
Se la mossa nasce da Pechino, si può spiegare con l’inasprirsi della vertenza iniziata proprio la scorsa settimana con la detenzione di 4 funzionari del gruppo minerario Rio Tinto, oppure può riflettere il tentativo di forzare i negoziati con cui definire il prezzo benchmark per le forniture del 2009-10. Steel Business Briefing, bollettino di Shanghai, scrive che sono stati i due grandi fornitori Rio e Bhp a sospendere le offerte spot.
Tre differenti fonti ben informate hanno però riferito all’agenzia Reuters che le acciaierie cinesi avrebbero tacitamente accettato il prezzo già concordato oltre un mese fa dalle imprese siderurgiche giapponesi, coreane e taiwanesi, prezzo che prevede una riduzione del 33% rispetto al 2008-09 (mentre la Cina vorrebbe tagli più consistenti).
Pechino e Canberra, numeri uno rispettivamente per l’acciaio e per il ferro, hanno bisogno l’una dell’altra, mettendo da parte vertenze o ritorsioni, ma gli sviluppi del mercato, tre mesi e mezzo dopo l’avvio della campagna commerciale 2009-10, sono ancora pieni di interrogativi.
Rio Tinto – la mineraria più coinvolta sia nelle trattative, sia nella vicenda degli arresti – ostenta ottimismo. «Con la Cina gli affari procedono come sempre», dicono i vertici del gruppo, che ha nel ferro il suo punto di forza. Proprio ieri Rio ha comunicato che nel secondo trimestre la sua produzione di iron ore ha toccato 45,16 milioni di tonnellate, l’8% in più dell’anno prima e il 43% in più del primo trimestre (quando la domanda era in forte calo e il clima non favoriva l’estrazione).
Con le acciaierie cinesi, dice la società, manca ancora un accordo formale, ma si consegna la merce a prezzo spot (e quello che si segnala in India è sempre più alto, vicino a 90 dollari per tonnellata) o su basi provvisorie (da correggere quando sarà firmato un contratto di fornitura annuale o, forse, semestrale). Sempre che Pechino non alzi ulteriormente i toni, come teme qualche osservatore, dando corso alla minaccia di sospendere molte licenze di importazioni ora nelle mani delle società siderurgiche locali.