Gianni Perrelli, L’Espresso, 23 luglio 2009, 23 luglio 2009
GIANNI PERRELLI PER L’ESPRESSO 23 LUGLIO 2009
Contro Kakà ora gioco io Da plenipotenziario del calcio europeo («Gli sto solo restituendo un po’ di quello che mi ha dato») va all’attacco con lo stesso mix di fantasia e tenacia che gli hanno permesso di vincere tre palloni d’oro consecutivi.
Michel Platini, 54 anni, star della Juventus pluridecorata di Giovanni Trapattoni dall’82 all’87, e dal 2007 presidente della Uefa, ha individuato nella lievitazione incontrollabile delle spese il pericolo più grave del pianeta pallone. E si è prefisso di fissare nuove regole di fair play finanziario. Un orizzonte in controtendenza con le campagne acquisti faraoniche di club gloriosi come il Real Madrid (ha investito oltre 200 milioni di euro) e sposato invece per esigenze di bilancio dalle grandi italiane (esclusa parzialmente la Juventus che dopo il tracollo di Calciopoli sta cercando di rimontare la corrente).
Un obiettivo a cui lavora anche in questi giorni di vacanza, trascorsi in famiglia nella sua casa al mare a Cassis (fra Marsiglia e Cannes), e in cui per telefono risponde solo ai suoi collaboratori più stretti. Ha fatto eccezione per "L’espresso" a cui ha concesso questa intervista.
Ci spiega come si può impedire a un Paperone come Florentino Pérez, il presidente del Real Madrid, di commettere follie se dispone di capitali sufficienti?
«Non sono allarmato per un club in particolare. Anzi, mi lasci chiarire che i miei rapporti con Pérez sono ottimi. A preoccuparmi è un trend di comportamenti generalizzati che dilagano in diversi paesi. Molti club sono ancora gestiti in modo artigianale e basano la loro sopravvivenza solo sulle risorse dei loro presidenti. Le spese faraoniche tirano il mercato verso l’alto e alimentano una spinta inflazionistica che si ripercuote negativamente su tutti i club d’Europa. Salari e prezzi dei trasferimenti hanno raggiunto livelli insostenibili. Sarà il caso di ricordare che circa la metà delle società europee opera in perdita. Se è poi vero che esistono investitori senza vincoli di bilancio, disposti a sperperare, è anche vero che molti imprenditori preferiscono non entrare nel calcio perché lo ritengono poco credibile. Un’industria che produce passivi non attira nuovi capitali. necessario pertanto che vi siano delle regole, secondo cui ognuno dovrà farcela con le proprie gambe, senza aiuti esterni che favoriscono speculazioni di breve periodo. Urge puntare a un fair play finanziario con abbassamento dei costi (salari e trasferimenti in primo luogo) e aumento dei ricavi (merchandising, marketing e gestione impianti di proprietà). Il sistema allo studio prevede che le spese non dovranno superare i ricavi, impedendo che molti club vadano in rovina continuando a pagare somme stratosferiche ai campioni e ai loro agenti».
In un’audizione al Parlamento europeo lei ha già suggerito l’introduzione del salary cap e del budget cap. Ma il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis l’ha anche esortata a chiedere l’armonizzazione delle normative fiscali che penalizzano i club italiani rispetto a quelli spagnoli e inglesi.
« un argomento spinoso, di competenza dei singoli paesi e non della Uefa. Ma se le autorità comunitarie volessero fare qualcosa in questa direzione, saremmo naturalmente molto contenti».
Nei giorni scorsi anche l’"Osservatore Romano" ha sposato la sua tesi, denunciando fra l?altro il pericolo che con le spese folli venga alterato l?equilibrio delle competizioni.
«L’intervento di un giornale così autorevole mi lusinga ed è una conferma che il calcio ha bisogno di un profondo rinnovamento. vero, non è giusto vincere le competizioni solo grazie all’ausilio di interventi esterni che sono spesso motivati da logiche esclusivamente individualistiche».
Le finaliste dell?ultima Champions, Barcellona e Manchester, sono società molto indebitate. Non c’è il rischio che una riduzione dei costi possa andare a detrimento dello spettacolo?
«Credo al contrario che il fair play finanziario eviterà una concentrazione di campioni in poche squadre e quindi lo spettacolo aumenterà. I campionati in Europa e la Champions League rimarranno le competizioni per club più importanti del mondo. Kakà e Ronaldo continueranno a giocare in questo continente, ma forse costeranno un po’ meno».
Lei si è dato tre anni per risanare il sistema. Ma basterà un tempo così breve? «La maggioranza dei presidenti di club e delle leghe è schierata con noi. Il fair play finanziario rappresenterà una grande opportunità per chi vorrà investire nelle infrastrutture e nei vivai. Sarà necessario avere una veduta lunga e questo richiederà del tempo. Di sicuro è che l’Uefa prevede di applicare le nuove regole entro il 2012».
Come pensa di contrastare il progetto di Pérez che vorrebbe lanciare un super campionato europeo con le 16 squadre più ricche e blasonate?
«Sulla Superlega la maggior parte dei presidenti è d’accordo con me: ce l’abbiamo già, si chiama Champions League».
In Italia, fra le grandi, Milan e Inter sembrano voler aderire alla sua linea. Solo la Juve ha fatto investimenti importanti per puntare di nuovo allo scudetto. Ma i tifosi in generale sono un po’ perplessi, nel timore che in Europa si allarghi il gap con i club spagnoli e inglesi.
«Alcuni presidenti hanno capito che non è più possibile spendere senza limiti. Al contrario bisogna innovare: stadi di proprietà, vivai, attività commerciali che spingano i tifosi ad andare allo stadio con lo stesso piacere di quando vanno a teatro. I club italiani hanno in più un asso nella manica. Il vostro è un Paese di profonda cultura calcistica. Gli italiani non dovrebbero dunque preoccuparsi troppo, a condizione che si prendano misure serie».
L’Ocse ha recentemente lanciato un altro allarme: il riciclaggio nel calcio del danaro sporco.
«Il pericolo c’è. Come riconosce l’Ocse, l’Uefa ha rafforzato l’arsenale disciplinare per combattere le attività criminali. Ma su questo fronte non possiamo agire da soli. Sono indispensabili la cooperazione dei governi e l’aiuto della polizia».
Lei è impegnato pure nella lotta contro il razzismo. Pensa che la sua proposta forte di interrompere le partite quando partono i cori contro i giocatori di colore troverà pronta accoglienza?
«Speriamo ovviamente che non sia necessario interrompere mai una partita. Però volevamo lanciare un messaggio di tolleranza zero».
Lei non crede alla tecnologia applicata al calcio. Preferirebbe triplicare il numero degli arbitri (sostiene che si ridurrebbe dell’80 per cento l’incidenza degli errori) anziché introdurre la moviola in campo. Ma una macchina sofisticata non è comunque meno fallace di sei occhi umani?
«Il calcio deve mantenere l’aspetto umano che ha creato la sua popolarità. anche importante lasciare che il gioco possa svolgersi naturalmente. Con la moviola in campo ci sarebbero troppe pause per vedere se c’è stato un fallo o no, un fuorigioco o no. E poi, a volte sbaglia anche la macchina. E nelle trasmissioni tv capita che gli esperti abbiano opinioni contrastanti perfino quando le immagini vengono vivisezionate da angolazioni diverse. Resto convinto che con quattro occhi in più il gioco rimarrà fluido e ci saranno meno errori arbitrali».
Se Cristiano Ronaldo vale 92 milioni, quanto potrebbe costare oggi un Platini di 23 anni?
«Direi 93 milioni? però forse di vecchi franchi francesi. No, sul serio, Platini non costerebbe niente perché rispettava gli impegni e restava nel suo club fino al termine del contratto firmato».