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 2009  luglio 16 Giovedì calendario

IL NUOTO ARTE ZEN


Bellezza assoluta in corpo armonico, con il passo di un adagio musicale. Non è la creatura di un altro mondo, parliamo di un nuotatore. Intravisto forse, raggiunto no di certo. A inseguirlo però sono tanti, più di quanti si creda e ben sapendo che non c’è gara. Cominciano i mondiali di Roma, è vero, e sarà una festa. Ma i molti che puntano al nuotatore come a un miraggio o a un ideale sono più contemplativi che competitivi. Creativi: registi architetti pianisti, autori di storie e musica. Per loro il nuoto è disciplina sportiva e intellettuale. Esercizio fisico e ascesi mentale. Sorgente di benessere e fonte di ispirazione. Occasione per tenersi in forma e coltivare la misura e la figura.
Nuotavano «per una necessità emotiva e spirituale» - scrive Charles Sprawson in L’ombra del massaggiatore nero (Adelphi), un classico per chi ha il culto dell’acqua - Byron, Swinburne, Shelley, Flaubert... Borges finché godé della luce degli occhi fu nuotatore appassionato. La Yourcenar attribuisce al vecchio Adriano la «nostalgia per la carezza dell’acqua» che avrebbe inghiottito il suo Antinoo. Paola Mastrocola notava la «delizia di avere un corpo che nuota» tra le onde al mattino, «prima che il mare perda il suo segreto». Hrabal stupiva del miracoloso vigore che il nuoto dona anche al corpo più fragile e efebico. E la brasiliana Cecilia Meireles, nei più bei versi mai dedicati a un Nadador si incantava per la linea delle spalle di un passero d’acqua e per la curva del suo volo tra le spume: «O que me encanta è a linha alada / Das tuas espáduas, e a curva / Que descreves, pássaro da água!». Perfino sulla terraferma, nascoste da un camice, le braccia di un nuotatore attirano gli occhi della giapponese Yoko Ogawa: della protagonista del suo Una perfetta stanza di ospedale (Adelphi) che innocentemente le sceglie per farsi abbracciare e poter piangere.
Potremmo continuare all’infinito: citando Cheever, Walser, Film Blu di Kieslowski e Palombella rossa di Nanni Moretti… Ma dobbiamo stringere. I mondiali cominciano e sarà Giovanni Allevi - autoproclamatosi Il nuotatore nel titolo di un cd - a eseguire i suoi brani più acquatici alla festa di inaugurazione del campionato. Le corsie della piscina evocano i tasti di un piano: frequentate con la stessa assiduità? «Nuotando - dice il musicista -: ripasso nella mente ogni singola nota. E l’elasticità dell’acqua si trasferisce ai miei muscoli che si allenano così per un concerto». C’è dunque affinità tra l’acqua e la musica? «La musica è un’entità plastica, mai uguale a se stessa, sempre in movimento: come l’acqua. E dall’acqua che appoggia con uguale pressione sui fondali più sconnessi, le dita devono raggiungere senza sforzo i tasti nelle sequenze più ardue».
Compositore raffinatissimo, un po’ più grande di Allevi e come lui nuotatore di lunga data è Fabio Vacchi: «Il nuoto - dice -, attività armoniosa, simmetrica è una sospensione del peso e del tempo in cui i pensieri scorrono liberamente. Solo in due momenti per me le idee affiorano più che mai lucide: in acqua o nel dormiveglia del mattino. Sono vere uscite dalla quotidianità. L’acqua poi è un elemento familiare: materno. Perciò torna come immagine in molte mie figure musicali».
Campionessa di nuoto è stata Valentina Fortichiari che tra i giornalisti si giostra da capo ufficio stampa Longanesi e ha curato per Adelphi le opere di Guido Morselli e di Cesare Zavattini. «Ero una bambina fragile e malata. Buttatela in acqua, dissero i medici. Funzionò: mi irrobustii e ci presi gusto. Tanto che a 12-13 anni incominciai a fare sul serio. Per anni ho partecipato ai campionati italiani. Poi la cosa diventò pesante. Le gare mi distruggevano così smisi. Oggi ho ripreso per cercare un piacere diverso: il bisogno di staccare la spina e starmene sola a pensare. Credo, anzi so, che è lo sport che più si addice alle persone solitarie e riflessive. Altri si annoiano a morte: non impareranno mai a capire il nuoto». Ma lei ha provato a insegnarglielo, con successo. Il suo Nuotare tutti subito e bene (Tea) ha venduto dal ”98 15 mila copie. «Il mio direttore commerciale mi prende sempre in giro: ”Vorresti vendere così i tuoi libri su Morselli!”». ora di dare anche a lui una Lezione di nuoto: è il titolo del suo esordio narrativo in uscita a fine agosto da Guanda con il film Chéri di Stephen Frears con Michelle Pfeiffer. Altra scrittura, altro nuoto? «Scrivo del nuoto nel mar di Bretagna dove Colette tentò di insegnare a nuotare al figliastro Bertrand». Dall’oper water swimming - il più faticoso, quest’anno tra le discipline di Roma con una gara di fondo nel mare di Ostia - che si impara? «Il mare è imprevedibile, la luce è più forte, l’acqua più fredda. Ma io non oso andare al largo più che tanto: devo darmi una misura».
Agonista in gioventù è stato anche il poeta Valerio Magrelli, che degli allenamenti per le gare ricorda durezza e durata: «Erano prove faticose, lunghissime. Per venirne a capo dovevo darmi un termine. Io avevo escogitato un sistema di codici alfabetici. Giochi di parole e lettere in cui magari era cifrato il nome di una ragazza». Interessante, detto da un maestro di rime e ritmi. «Ecco, darsi un ritmo, tenere il tempo è indispensabile per non perdersi dentro l’effetto ipnotico del nuoto. So di atleti che perdendo il conto delle vasche hanno perso la gara».
Nuota alternando serie di 12 vasche a stile e 10 a dorso fino a un traguardo di 2 km e mezzo, Mauro Covacich, lo scrittore triestino che per i più è un maratoneta. Facendo girare «il sistema del corpo che pensa», come genialmente l’ha definito, ha prodotto il suo strepitoso A perdifiato. Gira però da un pezzo tra gli amici nuotatori il ritaglio dell’articolo che scrisse sulla prima pagina della Gazzetta dello sport ai tempi dei mondiali di Melbourne, Noi, nuotatori della pausa pranzo: quelli che non si siedono a tavola, fanno il pieno di endorfine e rientrano in ufficio sazi, freschi e belli, con i riccioli umidi e i cerchi da panda degli occhialini sugli occhi. Nel romanzo dell’estate scorsa, Prima di sparire (Einaudi), ci sono accenni al nuoto: scelto in alternativa alla corsa dall’atleta afflitto da un’ernia al disco. «Già - dice - con quel mal di schiena era impossibile correre: ho dovuto entrare in acqua. Con effetto di claustrofobia. Per il sistema del corpo che pensa, in piscina cambiano le variabili. La corsa mette in relazione corpo, mente e ambiente. Mentre nuoti non ”senti” che te stesso». Ma si può nuotare all’aperto: basta andare al mare. Nel reportage L’altro Adriatico (in «Nuovi argomenti») scrive di un mare aperto «come sa esserlo solo lui». « vero, ma quella traversata la feci in barca. Per il nuoto in mare ho una congenita codardia. Il profondo blu m’impanica. Sarà perché si perde il controllo mentale di sé che in piscina crea l’effetto mantra e favorisce l’autoconoscenza. Chi non lo capisce, vuol dire che l’acqua non gli parla».
Ma la compagnia sommersa dei nuotatori è più vasta di quanto si creda. La frequenta nei cinque continenti l’architetto olandese Rem Koolhaas, che non si muove da Amsterdam e New York se non ha la garanzia di trovare una vasca per nuotare un paio d’ore al giorno. Predilige gli impianti comunali. «In una settimana ho provato a nuotare a Lagos, a Milano, in Svizzera, a Rotterdam, Londra, L.A., Las Vegas», ha raccontato. «E ho visto sette culture, sette tipologie del corpo, sette stili di movimento, sette concezioni del pudore, dell’igiene, dell’intimità e dell’identità». Prove di fisiognomica e ricognizioni di antropologia registrate nell’acqua. Che non lascia trasparire solo miraggi se, disse Koolhaas in un’intervista a Die Zeit, «la piscina è l’ultimo luogo dove vedo realizzata l’utopia di una società senza classi. Ci si abbandona completamente, senza vestiti o segni di status. Capisco molto di un Paese osservando come regolamenta il nuoto». In Olanda è così da un pezzo, ma di recente anche in Italia si è introdotta in certi impianti la possibilità di far nuotare in solitudine le islamiche spogliate del burqa. Chissà che il mondo globalizzato non si possa leggere, come suggerisce Koolhaas, anche Sub specie aquatica.