Giovanni Bianconi, Corriere della sera 16/7/2009, 16 luglio 2009
LE CURVE PRONTE A ESPLODERE ALLA RIPRESA DEL CAMPIONATO
ROMA – Le scritte sui muri della città continuano a fiorire, di notte e di giorno. «Spaccarotella che Dio te se raccolga - Gabriele vive», «Spaccarotella verme - Giustizia per Gabriele », e via maledicendo da un quartiere all’altro, fino alla rilettura dei disordini di Catania in cui a morire fu un ispettore di polizia: «Raciti è robba vostra», firmato «Acab», l’acronimo inglese che sta per All cops are bastards, tutti i poliziotti sono bastardi. Altri insulti o minacce compariranno, e chissà cos’altro. Il termometro sale non solo per la calura estiva, anche se il passare delle ore dalla sentenza-choc e la stagione balneare che tocca anche gli ultras sembrano allentare il rischio di una reazione violenta e organizzata. Almeno per adesso.
Il pianeta del tifo estremo è in subbuglio. Il verdetto che ha declassato l’omicidio di Gabriele Sandri da «doloso» a «colposo», con conseguente e consistente riduzione di pena, non è stato digerito. Né lo sarà. Resterà una ferita aperta, alla quale in certi ambienti si è abituati a rispondere con contromosse eclatanti e soprattutto visibili. Di qui la preoccupazione di investigatori e tutori dell’ordine. L’altra sera, subito dopo la pronuncia dei giudici, si sono verificati episodi tutto sommato contenuti, anche se i carabinieri riferiscono di aver trovato a casa dei fermati oggetti e simboli di ispirazione neofascista e neonazista che preoccupano un po’. Il futuro resta incerto. Molta gente è fuori città, il campionato è fermo. Aperto invece è il processo contro gli ultras imputati di vari reati legati alle violenze seguite all’uccisione di Sandri, compreso «l’assalto alle caserme» di polizia e carabinieri.
Il dibattimento in corso consiglia alle persone coinvolte, e forse ai loro amici, di evitare ulteriori complicazioni. Un avvocato ricorda che è bastato uno striscione di solidarietà agli accusati, nelle scorse udienze, a far dire al pubblico ministero che si trattava di un elemento in più a sostegno dell’imputazione di associazione per delinquere. Un altro difensore di quel processo, Lorenzo Contucci che assiste molti ultras in molte città d’Italia, spiega che il verdetto di Arezzo rischia di riproporre un film già visto: «So bene che le sentenze si rispettano, ma si possono anche non condividere. nel caso specifico credo che possa allargare ancora di più la distanza tra questo mondo e le istituzioni ».
Uno degli assistiti dell’avvocato Contucci, per il quale era stato ordinato l’arresto, è tutt’oggi latitante. Tempo fa, attraverso un sito Internet, aveva proclamato la propria innocenza con questa aggiunta: «Agli assalti alle caserme non c’ero, ma mi sarebbe tanto piaciuto esserci... Ero con un’amica, ma avendolo saputo... Via Guido Reni (la strada dove c’era uno dei posti di polizia assaliti, ndr) tutta la vita... Fare gli scontri è come fare l’amore...».
E’ con questo tipo di mentalità che dovrà misurarsi il dopo- Sandri, inteso come seguito della sentenza che ha escluso l’omicidio volontario a carico dell’agente Spaccarotella. Difficile che ad essa si possa pensare di contrapporre la distinzione giuridica tra «colpa cosciente» e «dolo eventuale », sulla quale si diffonderanno i giudici di Arezzo. La convinzione degli ultras è che la corte d’assise, con due magistrati e sei giurati popolari, tra un tutore dell’ordine e un tifoso forse coinvolto in un tafferuglio all’Autogrill, ha scelto il primo; anche se ha sparato col braccio teso, dall’altro lato della strada. E’ questo che contestano e che oggi sobilla gli animi: credere di essere giudicati «diversi» anche in un processo penale dove c’è di mezzo un ragazzo ucciso da una pistola d’ordinanza; e non sentirsi non solo rappresentati, ma neppure garantiti da alcuna istituzione.
E’ il divario di cui parla l’avvocato Contucci, dentro il quale cova il pericolo di nuove violenze. Segnali di distensione come l’incontro avvenuto ieri sera tra il capo della polizia e la famiglia di Gabriele Sandri dovrebbero servire a scongiurarle, ma la rabbia ultrà continua a ribollire. Per ora contenuta e – pare – non canalizzata in nulla di organizzato. Ma nessuno si fa illusioni che prima o poi qualche coperto non ricominci a saltare.