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 2009  luglio 16 Giovedì calendario

GLI ADULTI SEDOTTI DA WEB E VIDEOGIOCHI


Giovanissimi smanettoni tut­ti Internet, iPhone e video­giochi? Un luogo comune. Eppure l’idea dominante è che nel­l’uso dei media i teenager siano una tribù con propri riti e usanze che sta sempre meno davanti al te­levisore e sempre più di fronte allo schermo di un personal computer. Che passa ore a navigare su Inter­net, adora i videogame violenti, ignora i giornali e la radio. Conclu­sione: un universo alieno, misterio­so e insondabile. Questa rappresen­tazione, secondo una ricerca della Nielsen sul comportamento media­tico dei giovanissimi, è completa­mente falsa: gli under 20 non sono affatto un «mondo a parte» ma, nel­la media, tendono a comportarsi co­me i loro genitori e fratelli maggio­ri.


Non è vero ad esempio che per l’iPhone e la Playstation stiano ab­bandonando in massa la tv; al con­trario la guardano più che mai. Per l’esattezza, ha calcolato Nielsen, ne­gli ultimi cinque anni negli Stati Uniti le hanno dedicato il 6 per cen­to del tempo in più. E una sorpresa emerge anche dalle preferenze in materia di programmi televisivi, quando si scopre che in realtà han­no più o meno gli stessi gusti dei «grandi». Un po’ diversamente dal­­l’Italia dove, negli ultimi cinque an­ni, il consumo televisivo è aumen­tato soprattutto grazie alla popola­zione matura e anziana (cioè over 45 e over 65). E dove, nella fascia tra gli 8 e i 19 anni, si osserva inve­ce una lieve contrazione.

Giocano con i videogame, sicura­mente, ma apprezzano quelli in cui si fa musica o si corre in automobi­le tanto quanto i giochi più violen­ti. Il pubblico delle console si è via via esteso alle donne e agli adulti. Nell’ultimo trimestre 2008, i ragaz­zi tra i 12 e i 17 anni rappresentava­no solo il 23 per cento dei videogio­catori americani e in termini di tem­po erano una minoranza, il 10 per cento.

 vero che i ragazzi ne vanno matti, ma a navigare spendono meno tem­po degli adulti (come in qualche modo sembra suggerire lo spot con Elena Sofia Ricci...): sul web passa­no infatti 11 ore e mezza al mese, ben al di sotto della media che è di 29 ore. Globalmente, i siti più visi­tati dai giovanissimi sono gli stessi preferiti da mamme e papà: Msn, Google, YouTube, Yahoo!. La diffe­renza emerge semmai nella predile­zione per i social network come Fa­cebook e MySpace, che per i ragazzi rappresentano un’esperienza inizia­tica sempre più importante. Fonte di informazioni e consigli in una fa­se critica dell’età. In America, nel mese scorso, circa la metà dei 12-17enni ha visitato i due siti.

Questi numeri valgono anche per l’Italia, dove Facebook viene fre­quentato da oltre la metà dei 12-17enni (53%), mentre la percen­tuale è decisamente più bassa per MySpace (15%). In generale però in un mese l’80% dei 12-17 anni visua­lizza almeno un sito della categoria «blog e community». Netlog è il so­cial network con la concentrazione maggiore di 12-17enni.

« senz’altro vero – osserva Nic Covey, l’autore della ricerca Niel­sen – che i teenager hanno forti peculiarità: sono nati nel digitale, sono super-comunicatori e sanno usare molti mezzi. Ma non sono biz­zarri come si crede: sono normali spettatori televisivi, normali lettori di giornali, normali ascoltatori di radio. I giovanissimi utilizzano i nuovi media non a spese di quelli tradizionali e hanno abitudini co­municative piuttosto simili al resto della popolazione».

Scendendo più in dettaglio nei miti sui giovanissimi, c’è per esem­pio la convinzione che usino più schermi alla volta: la tv accesa sullo sfondo, un occhio al pc, un altro al­l’iPhone.
Questo, dice Nielsen, può riguardare casi estremi, ma la mag­gior parte di loro (il 77%) usa uno strumento per volta. Un altro mito riguarda i video online, esperienza mediatica in forte crescita sia di pubblico che di tempo speso. Anno su anno, in America, il pubblico è aumentato del 10% e la quantità media di minuti addirittura del 79%. Ma se si guarda dentro il nu­mero si scopre che i teenager (12-17 anni) dedicano ai video onli­ne 3 ore al mese contro le 5,35 dei 18-24enni, le 4,44 dei 25-34enni e le 3,30 dei 35-44enni.

Anche in Italia, nell’ultimo anno, sono in aumento i fan dei video online (dal 44% al 56% dei navigato­ri) e il tempo dedicato (da 34 a 50 minuti). In particolare, il 60% dei te­enager italiani utilizza YouTube (erano il 48% un anno fa). La ricer­ca Nielsen insomma fa giustizia di tanti luoghi comuni e coincide con i risultati di altre indagini, come quelle dell’italiana ITMedia Consul­ting. «Da cui emerge – dice il presi­dente Augusto Preta – che il con­sumo giovanile di Internet si indi­rizza sempre più verso la compo­nente video, con una preferenza netta per la programmazione delle grandi reti televisive. Fenomeni di successo come Hulu negli Stati Uni­ti o iPlayer nel Regno Unito dimo­strano che ci troviamo di fronte a un consumo sempre più comple­mentare, seppur più evoluto, rispet­to a quello televisivo classico».

Un altro capitolo interessante ri­guarda il rapporto tra i giovanissi­mi e i mezzi di comunicazione tra­dizionali. Il cinema, ad esempio, re­sta tra i preferiti, anche perché da sempre luogo d’incontro fisico fuo­ri dai confini familiari. Un posto centrale conserva la cara, vecchia radio. Si dice spesso che la musica definisca una generazione: non so­lo il tipo di musica, ma anche il mo­do di ascoltarla. Se le generazioni passate hanno avuto i dischi, le cas­sette e i cd, questa è la generazione dell’Mp3. Globalmente, è l’Mp3 lo strumento più usato dal 39% dei ra­gazzi nel mondo. Tuttavia la radio resta la fonte primaria di musica per il 16% e quella secondaria per il 21%.

E i giornali? «Secondo il mito – dice Covey – non riconoscerebbe­ro un quotidiano se l’edicolante gliene gettasse uno in faccia. La re­altà è che più di un quarto dei tee­nager americani legge un quotidia­no e più di un terzo l’edizione della domenica». Tutto questo va letto al­la luce di due fatti. Le rivoluzioni mediatiche spesso hanno visto il nuovo affiancarsi al vecchio, quasi mai sostituirlo. E i giovanissimi evi­dentemente non fanno eccezione alla regola. Il secondo aspetto inve­ce ha a che fare con lo scopo della ricerca Nielsen, che è quello di dire all’investitore pubblicitario: non di­sperare, i giovanissimi sono un pubblico come un altro. Non sono alieni, se gli parli ascolteranno.