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 2009  luglio 15 Mercoledì calendario

LITE SCAJOLA-ORTIS PER LA RETE SNAM


Il Garante avverte: «Speculazione abnorme sul petrolio, necessaria una Borsa europea» - CAMBI DI OPERATORE - Dal 2007 a oggi sono state oltre 3,2 milioni le famiglie e le piccole aziende che hanno scelto un altro fornitore elettrico - LE DISCREPANZE - Per le imprese l’energia è ancora troppo cara mentre l’Italia ha tutte le potenzialità per diventare l’hub

ROMA
Deficit energetico da scarsa concorrenza, specie nel gas, o dall’eccessiva dipendenza dagli idrocarburi causata in gran parte dalla vecchia rinuncia al nucleare? La partita, e la polemica, si complica.
Da Bratislava il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola e l’ad dell’Enel Fulvio Conti disegnano un ritorno più rapido possibile all’atomo elettrico. Ma da Roma il presidente dell’Authority per l’energia Alessandro Ortis, che pure è un nuclearista convinto, torna all’attacco sollecitando la mossa che – ribadisce illustrando dai saloni della Camera la sua relazione annuale – va fatta davvero subito: la liberalizzazione energetica italiana rimane zoppa specie nel gas, e per sveltirla bisogna intanto separare la proprietà Eni da Snam rete gas, ovvero dal controllo (investimenti, gestione, accordi internazionali esclusivi e quindi, alla fine, prezzi finali) dalla materia prima dalla quale l’Italia ormai dipende in maniera preponderante.
Ma ecco l’immediata reazione di Scajola, che dalla Slovacchia rispolvera, amplificandolo, il rimprovero già rivolto a Ortis dopo la relazione dello scorso anno: il presidente dell’Authority sostiene cose «condivisibili e meno condivisibili». Bene il richiamo alla liberalizzazione. Ottimo l’auspicio agli investimenti da favorire. Ma si occupi delle questioni si sua competenza. A legiferare e normare ci pensano Governo e Parlamento. E la separazione dell’Eni dalla rete è, appunto, – incalza il ministro dello Sviluppo – una prerogativa che non compete all’Authority. Di più: nello specifico si tratta di un’idea sbagliata, sottointende il ministro. Perché si tratta di «posizioni eccessivamente accentuate che non vedo in altri Paesi, Germania e Francia ad esempio, che potrebbero creare difficoltà a grandi imprese nazionali».
Lo scontro non è nuovo. Ortis torna all’attacco dinanzi al presidente della Camera Gianfranco Fini (che sollecita, anche lui, più concorrenza) ed esamina minuziosamente lo scenario energetico italiano e internazionale.
Per i mali comuni a tutti i mercati mondiali auspica (lo aveva già fatto) la creazione di una borsa europea del petrolio, visto che l’oro nero «continua ad essere esposto alla speculazione e all’estrema volatilità». Dovrà essere una borsa regolamentata, «aperta ad operatori selezionati, per negoziare prodotti standardizzati di lungo, lunghissimo termine».
Per lo scenario di casa nostra Alessandro Ortis passa in rassegna i mali, stranoti, dell’energia italiana: prezzi di luce e gas tutto sommato calmierati (anche grazie ai residui di regolazione tariffaria affidata all’Authority) per gli utenti domestici a bassi consumi, mentre quelli energivori e la gran parte delle imprese sono chiamati a compensare il gioco, producendo tutti insieme una media dei prezzi finali che supera del 20% i listini degli altri paesi europei dove la concorrenza è più avanti.
I sovracosti elettrici hanno motivi strutturali ben chiari, che derivano da un parco di generazione sbilanciato sugli idrocarburi, con poco carbone e niente nucleare. Nell’elettricità, dove la rete è già neutrale (Terna) i passi avanti sono stati comunque fatti: dal 2007, con la piena apertura del mercato, oltre 3,2 milioni di famiglie e piccole imprese – rimarca Ortis – hanno cambiato fornitore, aggiungendosi alle grandi imprese "libereralizzate" dal 2004. Nel gas poche scuse: il mercato rimane ingessato.
Si può e si deve fare molto di più. Per traguardare uno scenario – ribadisce Ortis – che può potenzialmente regalare all’Italia, grazie alle sue prerogative geografiche e ai grandi gasdotti internazionali comunque in costruzione, il ruolo di hub degli scambi di gas del continente europeo. Di più: investimenti italiani, nel gas come nelle reti elettriche, possono avere un prodigioso affetto anticiclico per superare la crisi e «per il conseguente rilancio economico e sociale, anche in termini di sviluppo sostenibile».
Via dunque ad una nuova stagione di liberalizzazioni "vere", accoppiate a nuovi investimenti. Cominciando proprio dall’eliminazione del cordone ombelicale Eni-rete, insiste caparbiamente Ortis. Che rilancia l’"unbundling" del gas italiano condendolo con la richiesta di incrementare intanto la quota di 5 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi che in ogni caso l’Eni deve mettere a disposizione dei concorrenti e dei grandi consorzi di consumo a prezzo "europeo" sulla base del ddl sviluppo varato ad inizio mese.
Separazione? «Tema già sentito» taglia corto dalla platea della relazione annuale il presidente dell’Eni Roberto Poli. Pochi turbamenti. Dalla sua ha Scajola. Probabilmente il Governo. L’intera maggioranza? Non è detto, visto che la Lega, che certamente non può essere sospettata di amicizia con Ortis (ha tentato più volte di levargli la poltrona appoggiando una riforma dell’Authority) ha appena presentato un emendamento al decreto fiscale nel quale impegna il Governo a completare entro sei mesi la separazione proprietaria degli ex monopolisti energetici dalle reti.