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 2009  luglio 14 Martedì calendario

«FREE ZONE» FORMATO NORDAFRICA


Gara per attirare imprese - Il modello Libia: spazi agli italiani e finanziamenti - CLUSTER PER UN SOLO PAESE - Il porto di Misurata tra le basi possibili del made in Italy sulla riva Sud. A Bouskoura, in Marocco, già attivo un parco dedicato al business francese

Tra le possibili localizzazioni c’è Misurata, il primo porto della Libia, meno congestionato del porto di Tripoli. A un mese dalla promessa fatta dal leader libico Gheddafi durante la sua visita a Roma, quando espresse la volontà di realizzare una zona franca dedicata esclusivamente alle imprese italiane, il lavoro di preparazione è ancora ai primi passi. «I piani per la Libia sono questi: gli italiani devono decidere se fare una o due free zone, e poi scegliere le localizzazioni» dice Antonio de Capoa, presidente della Camera di commercio italo-libica.
Tripoli ha pronto il quadro normativo, e ha messo a disposizione una somma elevata (11,8 miliardi di euro) per fare impresa nelle free zone. Un fatto senza precedenti in un’area strategica per il business italiano. «In passato – osserva de Capoa – sono stati creati distretti industriali, ma un pacchetto in cui entra anche il denaro è una vera particolarità, senza dimenticare che possono intervenire anche i fondi libici. Da entrambe le parti c’è la volontà di andare in tempi rapidi alla conclusione. Sta a noi adesso fare vedere che siamo rapidi e veloci».
«Sarebbe auspicabile per le imprese italiane che la zona franca fosse nell’area di Misurata, dove è già in funzione una zona economica speciale» dice Umberto Bonito, direttore dell’ufficio Ice di Tripoli. A Misurata c’è l’esenzione fiscale totale per 5 anni, rinnovabile per altri 3, zero dazi doganali su macchinari, attrezzature e materie prime, possibilità di rimpatrio degli utili e possibilità di chiedere finanziamenti alle banche a tassi agevolati.
Quasi tutti gli stati del Nordafrica (l’Algeria punta più sulla parità di trattamento tra imprese locali e straniere) contano sulle aree economiche speciali per accelerare l’integrazione con l’economia internazionale. La concorrenza nell’attirare gli investimenti si fa ormai a colpi di free zones e liberalizzazioni. Dietro l’offerta della Libia non c’è solo l’attrattiva finanziaria di un piano che vede Tripoli impegnare un plafond di circa 12 miliardi di euro. C’è anche la proposta di una zona dedicata esclusivamente alle imprese italiane, un fatto non unico ma abbastanza raro nel panorama dell’Africa settentrionale.
Un esempio di zona "mononazionale" già funzionante si trova in Marocco, nel parco di Bouskoura, distretto industriale dedicato alle imprese francesi lanciato su iniziativa della Cfcim, la Camera francese di commercio e industria del Marocco. Anche a Boskoura il piatto forte è l’esenzione fiscale quinquennale, accompagnata dalla possibilità di rimpatrio dei profitti e da agevolazioni doganali. «Siamo il terzo partner europeo dopo Francia e Spagna – dice Silvia Giuffrida, direttore dell’ufficio Ice di Casablanca ”. Il governo ha messo a fuoco una strategia di sviluppo in settori complementari alla nostra economia. Alcuni mesi fa nel corso di un incontro con l’Ocp, la società mineraria statale, si è parlato della possibilità di creare alla periferia di Casablanca una città dedicata agli italiani, con centri di ricerca, ma l’iniziativa non è andata avanti».
Nella competizione tra stati nordafricani per attirare investimenti esteri il Marocco può schierare la zona di libero scambio di Tangeri (Tfz, Tanger Free Zone), che ospita 350 società con investimenti superiori ai 450 milioni di euro. L’importanza della Tfz va inquadrata nel contesto della nascita del grade porto di Tanger Med e nella sua estensione, Tanger Med II, i cui lavori termineranno nel 2012.
Molto fornito l’arsenale dell’Egitto, che può contare su nove free zones pubbliche, le prime nate già 40 anni fa, affiancate da zone di investimento di più recente istituzione (2007) con l’obiettivo di facilitare lo sviluppo di cluster industriali da parte del settore privato.
La Tunisia ha puntato invece su una legislazione molto favorevole all’installazione delle imprese offshore, indipendentemente dall’area in cui sono collocate, purché riesportino almeno il 70% di quanto producono. L’esenzione fiscale è decennale. La legislazione offshore, scelta dal 90% delle aziende italiane presenti in Tunisia, è valida per chi si installa entro il 2010. A partire dal primo gennaio 2011 l’accordo di associazione con la Ue, che prepara la zona di libero scambio, impedirà la concessione dello status offshore.
Il virus della zona economica speciale, intanto, sembra contagiare tutta l’Africa. L’export di materie prime non basta e la crisi economica impone di seguire modelli alternativi. per questo che alcuni paesi, tra i quali Gambia, Ghana, Mozambico, Nigeria, Uganda, Senegal e Zambia, hanno inviato loro rappresentanti col supporto della Banca mondiale in Asia a studiare le zone economiche speciali. Prossimo obiettivo dell’Africa: copiare il boom asiatico.