Orazio Carabini, Il sole 24 ore 14/7/2009, 14 luglio 2009
«IL MONDO SPINGE IL PIL ITALIANO»
la terza volta che rivedono al ribasso la previsione sul Prodotto interno lordo del 2009: -5,3% è la stima appena sfornata dal modello econometrico di Prometeia. «Ma questa è l’ultima», prova a scommettere Paolo Onofri, l’economista che dirige il centro di ricerche bolognese. «Non è solo il tentativo di essere ottimisti – precisa ”, ma la conseguenza di una revisione al rialzo delle stime che riguardano gli Stati Uniti e soprattutto la Cina e l’India».
Le nuove "locomotive" mondiali tirano dunque più del previsto e i paesi europei, in particolare quelli esportatori come l’Italia e la Germania, ne approfittano. La produzione industriale italiana, che peraltro rispetto a un anno fa è ancora su livelli drammaticamente più bassi, ha smesso di scendere: potrebbe far segnare qualche decimo meno di zero nel terzo trimestre e qualcosa più di zero nel quarto. Che è poi la condizione per arrestare al -5,3% la caduta del Pil nel 2009. E se tutto procede come previsto il 2010 potrebbe chiudere con una leggera crescita, tra 0 e 0,5 per cento. Non ci sarà dunque un rimbalzo forte, secondo Prometeia, ma lo scenario di una recessione prolungata sembra scongiurato. Anzi, se l’ultimo "pacchetto Tremonti" riuscirà a stimolare effettivamente gli investimenti delle imprese, come dovrebbe, si potrà avere qualche ulteriore miglioramento.
La ripresa del 2010 sarà comunque trainata da un ciclo delle scorte. Perché si consolidi occorre che la domanda finale (i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese) la sostengano. E qui gli economisti di Prometeia intravedono due potenziali ostacoli. In primo luogo, la disoccupazione potrebbe continuare a crescere anche quando la produzione avrà invertito la rotta. E questo avrebbe effetti depressivi sulla propensione al consumo delle famiglie. In secondo luogo, il sistema bancario, almeno fino a buona parte del 2011, dovrà far fronte a un aumento delle sofferenze che, combinato con la scarsa domanda di credito, metterà a dura prova la tenuta dei bilanci. In queste condizioni potrebbe venir meno quel sostegno alla ripresa da parte delle banche indispensabile per stabilizzare il ciclo positivo. All’intensità di questi due fenomeni è legato l’andamento del 2010: se l’impatto fosse negativo, l’anno prossimo potrebbe finire ancora con il segno meno. Sarebbe lo scenario della recessione a W, con una ricaduta subito dopo la ripresina.
E dopo che cosa succederà? Il 2011 e il 2012 dipendono dal momento della "svolta" nella politica monetaria e in quella di bilancio. Gli analisti attualmente "vedono" una risalita dei tassi di policy americani verso la metà del 2010 mentre la Bce seguirebbe alla fine dell’anno. Il mercato potrebbe anticipare questi movimenti e far salire i rendimenti a dieci anni fino al 5% nel 2012. Più complesso il quadro della politica di bilancio. Dal 2012, infatti, molti paesi dovranno cominciare a fare i conti con il pensionamento dei baby boomers, cioè coloro che sono nati nel dopoguerra (il problema riguarda meno l’Italia dove molti sono già andati in pensione). Entreranno in conflitto l’esigenza di contenere il deficit e il debito che si sono formati in questi anni per contenere l’impatto della recessione e l’inevitabile aumento della spesa pubblica dovuto ai pensionamenti. Ecco quindi spiegati i crescenti timori di una fiammata inflazionistica negli anni successivi al 2012: i governi potrebbero cedere alla tentazione di rendere più lieve, dal punto di vista sociale, il rientro del debito. E la tassa occulta dell’inflazione è la scorciatoia più classica per raggiungere questo obiettivo. «Per il momento – conclude Onofri – tendiamo a escludere sia una fase di deflazione, nonostante le statistiche segnalino casi importanti di riduzione del livello dei prezzi, sia una fiammata dell’inflazione perché l’output gap, cioè la differenza tra prodotto potenziale e prodotto effettivo è molto negativa. E lo sarà ancora almeno fino al 2012».