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 2009  luglio 15 Mercoledì calendario

I NEGAZIONISTI SEMPRE ALL’ATTACCO "BLUFF COSTRUITO COME UNA FICTION"


Credere o no agli Ufo, alla dieta macrobiotica o allo sbarco sulla Luna. Ci sono verità che esulano dalle prove scientifiche e persino dalla razionalità. In quel luglio 1969 in molti non volevano credere ai propri occhi, per scetticismo o antiamericanismo innato. Molti negli stessi Usa, che seguivano l’evento molto più distrattamente degli europei: in un sondaggio uno su tre dichiarò che non ci credeva allo sbarco, fortemente voluto dal defunto presidente Kennedy, e infine celebrato dal nemico Nixon.
Per Nixon piantare la bandiera a stelle e strisce sul satellite era prima di tutto uno schiaffo ai sovietici e poi una distrazione dal bagno di sangue in Vietnam e l’inflazione che cominciava a silurare l’american dream: scordatevi lo Sputnik e Gagarin, nella gara spaziale chi vince è l’America. In questo concetto si concentra l’ostilità dei complottisti anti-sbarco: come hanno fatto gli americani a rovesciare il gap?
Ma il punto di domanda grande come una casa trovò una mole di argomentazione e una confezione seducente solo nel 1987, nel libro di uno scienziato che aveva partecipato in maniera marginale ad Apollo, William Kaysing. Aveva lavorato dal ”57 al ”63 come direttore delle pubblicazioni tecniche per il Rocketdyne Research Department (fornitore delle macchine per il progetto Apollo). Il suo «Non siamo mai stati sulla Luna» (tradotto in Italia nel ”97) diventò un caso. Un libro fotografico, più che un saggio, ma che sulle incogruenze delle foto pubblicate dalla Nasa puntava per arrivare alla verità indicibile: l’inganno di proporzioni planetarie.
Ecco le incongruenze principali. Nelle foto non appare mai un cielo stellato. Le ombre presenti nelle fotografie divergono: l’unica spiegazione è che sono state usate luci artificiali, poiché il Sole non potrebbe che creare ombre parallele. La bandiera Usa si muove, ma sulla Luna non c’è atmosfera. Il Lem atterra senza alzare nuvole di polvere e i suoi «piedi» risultano essere fin troppo puliti.
La Nasa ribatté e stanziò 30 milioni di dollari per smontare le tesi dei negazionisti, poi rinunciò. Ma ha perso altra credibilità quando, nel 2006, si viene a sapere che si erano persi i filmati originali dello sbarco. «I nastri non sono andati persi. Il problema è che non sappiamo dove sono», fu il commento, poco convincente. Per Kaysing era una conferma: «La Nasa non poteva realizzare Apollo». E allora via con la più incredibile fiction della storia.
«Il paesaggio lunare fu costruito in laboratorio, mentre il falso metraggio fu girato al Norton Air Force Base di San Bernardino. Avevano un set di apparecchiature, ognuna migliore di quelle di tutti gli studi di Hollywood». E poi la bomba: «La persona incaricata di girare i film fu Stanley Kubrick».
Nel 1968 Kubrick sarebbe stato contattato dalla Nasa, colpita da «2001: Odissea nello spazio». Gli presentarono un’offerta che non poteva rifiutare per «dirigere» le prime missioni lunari. Inizialmente declinò l’invito - è la tesi di Kaysing - ma la Nasa minacciò di rendere pubblico il coinvolgimento del fratello Raul con il partito comunista. Così, con un team per gli effetti speciali capeggiato da Douglas Trumbull, «creò» la prima e la seconda missione in un edificio di Huntsville, Alabama.
Anche su Kaysing, però, ci sono alcune incongruenze. Dice di aver lavorato per la Rocket Dyne; ed è vero. Peccato che svolgesse mansione di copywriter e che venne licenziato nel 1963. E la poca scientificità nell’analisi delle foto è il punto debole. Dettagliate contro-argomentazioni sono su Internet. L’obbiezione della mancanza di cieli stellati è demolita con facilità: questione di obbiettivo utilizzato. Resta però l’incredibile popolarità dei negazionisti. Meglio un altro capolavoro, in incognito, di Kubrick che un piccolo, gigantesco, passo sulla pallida faccia del nostro satellite.