Maria Corbi, La stampa 15/7/2009, 15 luglio 2009
NEANCHE PAPA’ E’ VENUTO A TROVARMI"
Un letto a castello, un tavolo con sopra due pezzi di pane, una lama di luce che entra dalle grate. Settimo braccio di Regina Coeli, secondo piano. Da venerdì è questa la cella di Luca Bianchini, accusato di essere lo stupratore seriale. Sono quasi le sette di sera e l’uomo riceve una visita.
«Sono un suo avversario politico», gli dice Giancarlo Lehner, deputato Pdl, porgendogli la mano. Bianchini ha la barba lunga di qualche giorno (non può avere lamette), non sorride, ma è cordiale: «Non esistono avversari, ma solo persone perbene e non», dice guardandolo fisso negli occhi. Poi ci tiene a far sapere subito che non ha nessuna intenzione di togliersi la vita. «Non ci penso assolutamente». Che mangia (a cena riso e piselli), dorme («la sera arrivo esausto») e non ha incubi. Un messaggio, forse, al padre, alla famiglia che non sente da giorni. Non hanno portato in carcere nemmeno un cambio e così Luca indossa ancora la maglietta con cui è stato arrestato, sporchissima, e un paio di pantaloni giallastri. Nessuna notizia nemmeno della fidanzata. «Ero fidanzato prima di finire qui dentro, adesso....».
Ero: un passato imperfetto che segna un confine molto netto nella sua vita. «Nulla sarà più come prima». Soprattutto addio sogni di gloria politica. Quando lo hanno avvertito della decisione del Partito democratico di cacciarlo, raccontano che si è disperato. E oggi dice: «Sono molto ferito, quasi incredulo. Mi aspettavo che mi sospendessero, certo, era logico, ma non l’espulsione. Perché? Perché mi condannano loro prima di un tribunale?».
Cammina avanti e indietro come un leone in gabbia Luca Bianchini. Tutto il giorno. L’unica cosa che può fare visto che gli è vietato leggere i giornali e vedere la televisione. Nessuno gli ha portato un libro, un fumetto da leggere. «Non sapevo che si potesse leggere», dice. Chiedendosi, forse, come mai nessuno da fuori ha pensato a portargli un po’ di conforto: una t-shirt pulita, mutande, un libro. Una sola ora d’aria, passata anche quella a camminare avanti e indietro. Questa visita inaspettata gli fa molto piacere.
«Quando me lo sono trovato davanti, ho visto un ragazzo esile con gli occhi buoni, molto calmo, capace di acuti ragionamenti politici», spiega Giancarlo Lehner. «Io sono stato il primo a dire che i romeni presi non c’entravano con lo stupro della Caffarella. Adesso con Bianchini dico che mi sembra difficile che possa essere stato lui. Certo, è solo un’impressione, ma anche l’altra volta lo era e ho avuto ragione».
Quella volta è arrivato il Dna a scagionare i due. Questa volta si vedrà. Bianchini lo spera: «Sì. Ci confido molto, sono convinto che mi scagionerà perché non sono stato io», ripete al suo visitatore. E per questo ha chiesto di rifare la prova in incidente probatorio, il cui esito diventerebbe una prova in sede processuale. Un azzardo, certamente.
E una spiegazione Bianchini l’ha anche per molti altri indizi del suo disagio mentale, secondo gli investigatori. Come le statuette voodoo, passione certamente bizzarra, soprattutto se ad averla è un aspirante politico. Io sono cattolico praticante e non so nemmeno bene cosa sia il voodoo, le immagini che hanno trovato sono immagini sacre della mia religione». E le cassette porno? «Come tutti, niente di che», dice a Lehner.
E’ arrabbiato, ma mantiene la calma in questo lungo colloquio Luca Bianchini. «Io sogno di fare qualcosa per questo Paese, dove una a una persona viene fatto il processo prima sui giornali e dopo in tribunale. I giornalisti dovrebbero fare il loro lavoro. Non si rendono conto che possono ammazzare famiglie intere?». Già, la famiglia. Bianchini ci torna sempre con il pensiero. «Saranno distrutti», dice. Per lui adesso l’unico ponte con il mondo di prima è il suo avvocato e grande amico, Giorgio Olmi: «Una persona a cui voglio molto bene e che stimo, coltissimo, lo ascolterei per ore». E oggi ci sarà un altro colloquio per mettere a punto la strategia difensiva. E per cercare di dimostrare di essere innocente. Contro ogni evidenza.