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 2009  luglio 15 Mercoledì calendario

ALLA GOLDMAN GLI UOMINI SONO D’ORO


Nella crisi venduti titoli per un miliardo di dollari. Utile a 3,4 miliardi



MILANO – Tutto come pri­ma. Anzi, più di prima. Nel set­tembre 2008, all’indomani di quel drammatico weekend in cui Lehman Brothers fu lascia­ta fallire e a Wall Street il pani­co divenne padrone assoluto degli scambi, i dirigenti di Gol­dman Sachs si sono lanciati in una mega svendita delle azioni della banca per cui lavoravano. In quel mese cedettero un quantitativo di titoli, parte de­terminante dei bonus con cui vengono retribuiti, pari a 691 milioni di dollari. E tutto que­sto mentre, in base al program­ma salva-banche (il cosiddetto Tarp, Troubled Asset Relief Pro­gramme), il governo Usa e la Fed stavano puntellando la stessa Goldman con un’iniezio­ne di 10 miliardi di dollari dei contribuenti americani. A rive­lare la super svendita azionaria è stato ieri il Financial Times, citando i filing della Sec. Non solo: secondo il quotidiano, fra il dicembre 2008, quando Gold­man ha annunciato il primo bi­lancio trimestrale in rosso del­la sua storia, e il febbraio 2009 altri titoli per 280 milioni di dollari sono stati ceduti dai ma­nager al mercato. Ma adesso, sulla scia dei pro­fitti record annunciati ieri per il secondo trimestre 2009, ecco che l’istituto newyorkese ha an­nunciato l’accantonamento di 6,65 miliardi di dollari proprio pagare i bonus ai propri uomi­ni. Vale a dire che, in media, i 29.400 dipendenti riceveranno per il trimestre 226.156 dollari ciascuno, quasi il doppio rispet­to ai 129.200 dollari dello stes­so periodo 2008. Una cifra che, trasferita sui 12 mesi dell’an­no, porta a 904.624 dollari il to­tale pro-capite. Ma si tratta, ov­viamente, di una media, visto che per i top manager i bonus si conteranno in milioni di dol­lari.

Conseguenza: i super-com­pensi di Goldman Sachs hanno già sollevato un coro di criti­che nel modo politico. A Lon­dra, dove la banca Usa conta 5.500 dipendenti, 38 deputati hanno presentato una mozione per esprimere «preoccupazio­ne » e sollecitare un intervento del governo. Stessa storia negli Usa, dove un manipolo di espo­nenti del Congresso ha tenuto a ricordare come, nonostante abbia rimborsato il mese scor­so i 10 miliardi di dollari del Tarp, Goldman Sachs ha co­munque goduto di crediti pub­blici agevolati per 28 miliardi di dollari con cui far fronte alla crisi.

Lo stesso vertice dell’istituto si è sentito in dovere di spiega­re i motivi alla base della sven­dita di titoli. Il direttore finan­ziario David Viniar ha sottoline­ato che non si è trattato di sfi­ducia nelle prospettive della banca (proprio la «fedeltà» del­lo staff viene rivendicata con grande orgoglio da Goldman Sachs fin da quanto è andata in Borsa, nel 1999) ma di una ne­cessità dettata dalla crisi finan­ziaria globale, che ha costretto molti dipendenti a cedere titoli per far fronte ad altri debiti per­sonali in scadenza. Lo stesso istituto aveva reso noto che lo scorso marzo era stato costret­to a riacquistare dei fondi, or­mai senza più valore, in posses­so di due suoi dirigenti come Gregory Palm e l’ex co-diretto­re generale Jon Winkelried (ri­spettivamente per 38,3 e 19,7 milioni di dollari) pur di evitare che vendes­sero azioni Gold­man parte dei loro bonus. Quel che è certo è che, con i suoi conti per il trime­stre aprile-giugno, la banca newyorke­se ha sorpreso tutti gli analisti: 3,44 mi­liardi di dollari di utili netti, in aumento del 33% rispetto ai 2,09 miliardi dello stesso periodo 2008, su un fat­turato record di 13,8 miliardi. «La nostra politica è quella di remunerare il personale in ba­se alle performance – ha ta­gliato corto Viniar ”. Ritenia­mo di farlo in modo appropria­to ». Sono dunque «appropria­ti » i 6,65 miliardi di dollari ac­cantonati, pari al 49% dell’inte­ro fatturato.