Giovanni Caprara, Corriere della sera 15/7/2009, 15 luglio 2009
«Marte è più vicino» La missione (simulata) di sei cosmonauti- Fra tre anni partirà la vera astronave MOSCA – Dopo 105 giorni di segregazione sono scesi sorridenti dalla scaletta della loro «astronave terrestre» per nulla infastiditi dalle duecento persone che si accalcavano nell’afa irrespirabile, i mille flash dei fotografi e le telecamere che spuntavano da ogni angolo
«Marte è più vicino» La missione (simulata) di sei cosmonauti- Fra tre anni partirà la vera astronave MOSCA – Dopo 105 giorni di segregazione sono scesi sorridenti dalla scaletta della loro «astronave terrestre» per nulla infastiditi dalle duecento persone che si accalcavano nell’afa irrespirabile, i mille flash dei fotografi e le telecamere che spuntavano da ogni angolo. E dopo un rapido controllo medico si sono seduti al tavolo per raccontare la loro avventura. Sono sei candidati astronauti trentenni, quattro russi e due europei dell’Esa europea selezionati dall’Istituto dei problemi biomedici di Mosca, la «clinica dei cosmonauti», per la prima simulazione di un viaggio verso Marte. Il grande balzo richiederà tre anni e molto è necessario scoprire sulle reazioni del corpo e della mente prima di affrontarlo. «Così è nato il progetto Mars 500 e abbiamo organizzato il primo passo di cento giorni – spiega Anataoly Grigoriev, direttore dell’Istituto e ormai mitico medico dei cosmonauti – per incominciare ad esplorare il comportamento umano in condizioni estreme che riproducono l’ambiente di un’astronave impegnata in un volo verso il Pianeta Rosso». L’«astronave terrestre» è formata da quattro moduli cilindrici di diverse lunghezze, ma tutti larghi poco più di tre metri, ognuno con una funzione specifica: la zona d’abitazione, l’area medica, il modulo con serra per coltivazioni arboree e lo stoccaggio dei materiali, un simulatore per lo sbarco su Marte. Un breve corridoio poi conduce all’ambiente marziano e quando gli astronauti entrano chiudono ermeticamente la porta che li separa dall’astronave. «Abbiamo mangiato i cibi usati sulla stazione spaziale – racconta Sergey Ryazanskiy, comandante dell’equipaggio – e quando si comunicava via radio con l’esterno c’era un ritardo nella risposta di 20 minuti, tanto è il tempo di trasmissione dei segnali se fossimo sul vicino pianeta». Ma come trascorrevano le giornate nel totale isolamento? «C’era così tanto fa fare che non ci siamo quasi accorti delle settimane trascorse. Ognuno aveva il suo compito, ma tutti eravamo in realtà cavie preziose per gli scienziati che in Russia, in Europa o negli Stati Uniti avevano preparato gli esperimenti». I sei uomini, ingegneri, piloti, scienziati e medici, erano tutti volontari e «solo all’Esa – dice Simona Di Pippo, direttore voli umani all’agenzia europea – si erano presentati 5.600 candidati tra i quali abbiamo scelto i due protagonisti più due riserve». Il sogno di Marte affascina. L’obiettivo principale della simulazione mirava a indagare gli aspetti fisiologici e psicologici. «Vivere isolati fra sei persone – nota Grigoriev – fa nascere problemi nei rapporti e influisce negativamente sul sistema ormonale e su quelle immunitario. La depressione è dietro l’angolo. Dunque bisogna prevenire ogni causa che in un viaggio di tre anni metterebbe a rischio la spedizione». Allo studio di questi aspetti hanno contribuito, attraverso l’Asi e l’Esa, anche scienziati italiani tra cui Angela Rizzo e Aldo Roda delle Università di Milano e Bologna. Non ci sono mai stati dei problemi? « emerso solo qualche disagio – dice – per adattare il corpo al giorno e alla notte senza la luce del Sole». Ora si valuteranno i risultati e da gennaio inizierà un’altra più consistente sfida. Il nuovo equipaggio rimarrà infatti nel simulatore marziano per 520 giorni. E sarà una tappa importante per capire che cosa succede ai futuri viaggiatori cosmici.