Elisa Calessi, Libero 15/07/2009, 15 luglio 2009
Solo due anni fa le dichiarazioni di un attore a proposito del Pd, per quanto banali o sbagliate, sarebbero state accolte in religioso silenzio
Solo due anni fa le dichiarazioni di un attore a proposito del Pd, per quanto banali o sbagliate, sarebbero state accolte in religioso silenzio. Era l’epoca veltroniana, del jet set dietro al palco dei comizi. Jovanotti come colonna sonora, George Clooney a fare da testimonial. Sembrano passati secoli da allora. Il fastidio per quella stagione trascina con sé anche l’irritazione per quel mondo la cui parola, per un certo periodo, è stata quasi più importante di quella di navigati politici. Forse va letto così lo scontro tra ”Sabrinona” e un senatore del Pd. I fatti. L’attrice romana, che non ha mai nascosto il suo tifo a sinistra, in un’intervista a ”Oggi” ha tessuto le lodi del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. Lui sì che sarebbe un ottimo segretario del Pd. uno «bravo», «gagliardo» e «sarebbe stravotato dalla gente». Una dichiarazione che fa sbottare un senatore del Pd, Lucio D’Ubaldo. Il quale, su un sito romano, rivela che il fratello della Ferilli ha lavorato per anni con l’attuale capo di gabinetto di Zingaretti. Ecco perché le è simpatico. Si scatena il putiferio. Naturalmente dentro il Pd. «Ho semplicemente rivelato quello che è noto a tutti», spiega a Libero, «e cioè che il fratello della Ferilli ha collaborato a lungo con il capo di gabinetto di Zingaretti». Si tratta di Pierpaolo Ferilli e di Maurizio Venafro, fino a poco tempo fa amministratore delegato e presidente di All Clean, impresa che si occupava di cancellare le scritte sui muri e sui treni e che era legata ad Ama, la municipalizzata dei rifiuti. Continua D’Ubaldo: « tutto legittimo. Solo che se l’avessi fatto io, sarei stato messo sulla graticola». Ma se è legittimo, qual è il problema? «Non è molto elegante che la sorella di un imprenditore legato al capo di gabinetto di un dirigente del Pd dica che quel dirigente è il più bravo di tutti e avrebbe dovuto candidarsi. Non è opportuno. Se la poteva risparmiare». Chiarissimo. Solo che contro D’Ubaldo si è scatenato tutto il partito. Chi gli ha ricordato che la «questione morale», semmai, riguarda lui che è «senatore e presidente dell’Agenzia di sanità pubblica» (Alessio D’Amato), chi lo ha accusato di essere stato «fuori luogo e fuori tempo» (Paolo Masini). Cosa replica? «Non mi offendo, né mi smuovo». E a Libero illustra il nuovo virus che contagia il Pd: il «ferillismo». Dice: «Non si può dire di ”no” a Grillo e non muovere un dito se la Ferilli si intromette in questo modo nel nostro dibattito congressuale. Rischiamo di passare dal grillismo al ferillismo». Mali, sostiene D’Ubaldo, che appartengono allo stesso ceppo virale: «Come non va bene che il primo che passi dica: ”Io mi candido”. Così non si deve accettare che quando i candidati sono ormai definiti arrivi la Ferilli che, inoculando il veleno della delegittimazione, dica che il migliore di tutti sarebbe stato Zingaretti». Tra l’altro, continua il senatore, colui che l’attrice definisce il «migliore di tutti» poteva benissimo candidarsi. Non l’ha fatto. «E ora non può permettere che un’attrice, e dunque una persona che esercita un fascino maggiore di un qualunque parlamentare, dica così. Ammesso», aggiunge D’Ubaldo con venenum in coda, «che non l’abbia sollecitata lui». Calma. Dunque il reo non è solo Ferilli o il fratello di lei. Dietro l’inopportuno endorsement potrebbe esserci lo zampino zingarettiano? D’Ubaldo sorvola e si concentra sulla squadra che lo sostiene. «Mi sorprende che la parte in cui dovrebbe stare Zingaratti, che poi non si è capito ancora bene qual è, non dica niente». Dovrebbe essere la parte di Bersani. «Ecco: ma non sono loro quelli del partito solido? Sì... talmente solido che un loro autorevole dirigente sceglie di farsi sostenere in questo modo da un’attrice. Sa come si chiama questo?». Dica. «Grillismo fatto in casa. Ed è questa la contraddizione più forte». Quella, cioè, per cui il Pd non ha ancora deciso se vuole essere «un partito di governo» o uno che si affida «alla moda» o agli «artifici». Se la risposta è la prima, conclude, la condizione prima è la «responsabilità». Dove non si capisce se il messaggio è a Ferilli, che però del Pd non è, a Zingaretti o al fratello dell’attrice. Ma vabbè.