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 2009  luglio 14 Martedì calendario

SI STAVA MEGLIO QUANDO L’ARIA CONDIZIONARTA NON C’ERA


Quando ero ragazzo e abitavo tra le mura di palazzo Donn’Anna, un palazzo del ”600 costruito dall’architetto Fanzago per la moglie del viceré, Anna Carafa, il problema del caldo e del freddo per noi, per la mia famiglia, non si poneva. Un po’ perché nessuno, nessun mezzo di comunicazione lo preannunciava o lo minacciava, un po’ perché le spesse mura di tufo del palazzo proteggevano d’estate dal caldo e d’inverno dal freddo.

Il tufo, pietra vulcanica, gialla e poro­sa, tenera e affabile come il pane lievi­tante, ha proprietà isolanti che ci libe­ravano da ogni preoccupazione del ge­nere. E, essendo il palazzo di cui parlo proteso sul mare, l’aria marina, specie d’estate, era attraversata da refoli e ven­ticelli che procuravano un piacevole sollievo.

Ma ricordo che allora, quando ero un ragazzo, più di mezzo secolo fa, a Napoli in generale il problema del cal­do e del freddo era abolito dal pregiudi­zio. Il pregiudizio voleva che a Napoli non facesse freddo d’inverno; era qual­cosa in cui si credeva ciecamente in tut­to il Sud, e perciò non era prevista nes­suna misura contro il freddo... e si gela­va. A volte si accendeva il braciere, e intorno al braciere si disponevano i membri delle famiglie che allora erano più numerosi di oggi e spesso arrivava­no a superare la decina (oggi sono me­no della metà). Il pregiudizio voleva an­cora che d’estate, a chi non voleva but­tarsi in tutto il mare che si aveva a di­sposizione, potesse bastare un ventila­tore nel soffitto o un ventaglio nel sa­lotto delle signore. E i ventagli erano uno sfoggio di eleganza, belli come co­de di un pavone, alle volte. E a volte coi ventagli si inviavano messaggi, i ventagli avevano anche un loro lin­guaggio.

Tempi passati, però allora la vita era materialmente più scomoda (si sudava d’estate e si tremava d’inverno più di oggi), ma spiritualmente più tranquil­la. Non arrivavano continuamente noti­zie della fine del mondo o giù di lì! S’ignorava l’effetto serra, lo scioglimen­to dei ghiacci, la sparizione sotto il ma­re d’interi arcipelaghi, la triste fine ri­servata alle foche e agli orsi polari, e co­sì via... La globalizzazione ha provoca­to l’ipertrofia delle comunicazioni e poiché è sicuro che nel mondo, in que­sta o quella parte del mondo, un disa­stro debba per forza accadere, ogni giorno una cattiva notizia ci raggiun­ge, e noi abituandoci alle cattive noti­zie e dandole per scontate diventiamo ogni giorno più cattivi, cioè più indiffe­renti.

E poi ci sono le dannate statistiche. Il caldo, diceva la televisione due anni fa, ha provocato in Francia la morte di quindicimila vecchietti. Vai a verificare se... ma tu che appartiene alla catego­ria dei vecchietti sei costretto a fare scongiuri e ti preoccupi per il caldo più del necessario. Così va il mondo oggi.

E poi sui giornali (e in tv) trovi la fa­mosa previsione, la cartina con le palli­ne, quella che rappresenta il sole e quel­la con la nuvoletta del cattivo tempo. Le previsioni riguardano «oggi», «do­mani », «dopodomani», e altro; ma è preferibile non prendere decisioni per gite e vacanze in base a queste informa­zioni. L’imprevedibilità, che è uno dei piaceri riservati ai vacanzieri, vie­ne da essa abolita. Ma io ri­cordo che un temporale o un acquazzone non previsti portavano allegria e diverti­mento, e qualche volta poteva­no favorire persino l’inizio di una storia d’amore. Così capitò una volta al mare che un tempo­rale d’estate sorprese me e la ra­gazza che stava con me. Si mise a piovere e io misi la barca a riparo in una grotta; e lì, irradiati dalla lu­ce irreale e dallo splendore di con­chiglie che emana dall’intensità del­l’acqua che si riflette sulla roccia, ognuno per l’altra, io e la ragazza, si trasformò in una creatura nata dalle fantasie, e allora presi coraggio...

Questo volevo dire, che anche la vi­ta è imprevedibile. Toglile l’imprevedi­bilità con la previsione e tutto il più bello scompare, perché le hai tolto (al­la vita) la sua vera sostanza. Allora in qualche caso, solo in qualche caso co­me questo del caldo, forse è meglio la­sciare andare le cose come vanno per­ché solo così è possibile qualche sor­presa come quella che ho ricordato.