Guido Olimpio, Corriere della sera 14/7/2009, 14 luglio 2009
LA GUERRA INFINITA DELL’IRRIDUCIBILE PRESIDENTE OMBRA
Sempre più nel mirino l’ex numero due più potente della storia Usa
WASHINGTON – Lo hanno chiamato Darth Vader come il cattivo di Star Wars. E lui non si è offeso. Anzi, quel soprannome – ha detto – mi ha reso più umano. Lo hanno accusato di aver incarnato «il lato oscuro» della strategia anti- terrore dell’epoca Bush. E lui non l’ha rinnegato: «Minacce dirette richiedono azioni decise, con tutta l’urgenza che il pericolo sollecita ». Risposte segrete, attività clandestine, operazioni con licenza di uccidere che Dick Cheney ha architettato con il placet del suo presidente. Un assenso che è diventato qualcosa di più. Cheney era il vice ma si è comportato da numero uno prendendosi tutto lo spazio concessogli da occasioni e circostanze. Quasi un presidente ombra che ha amato come una spia il mondo delle tenebre, dove tutto è permesso per difendere confini e interessi nazionali. Magari non nella legge ma per la legge, come piace ripetere ai vecchi guerrieri della Guerra Fredda.
Originario del Nebraska dove è nato 68 anni fa ma «adottato» nel Wyoming dove ha una splendida residenza di montagna, Cheney ha imposto un metodo di lavoro e dettato i tempi di quella che è diventata «la lunga guerra al terrorismo» interpretandola anche nei più piccoli dettagli. La sua agenda imponeva la sveglia alle 4.30 del mattino, seguita – due ore dopo – dal primo rapporto dell’intelligence, paginette in stile asciutto ma succose per il palato di Cheney. Altre due ore e il vice si sedeva davanti al Capo. Faccia a faccia seguiti da colazioni di lavoro dove si prendevano decisioni importanti. Comprese quelle che hanno portato alle misure speciali per neutralizzare i terroristi: dagli omicidi mirati alla detenzione dei qaedisti senza un processo regolare, dalle prigioni Cia alle torture. Dicono che l’ultima parola fosse quasi sempre la sua.
Iniziative non ortodosse che mescolano carte e divise. Gli 007 si trasformano in Rambo e vanno a prendersi i militanti avendo cura di rispondere solo alla Casa Bianca. I soldati fanno il lavoro sporco dell’intelligence. A volte agiscono insieme. E Cheney si preoccupa di nascondere o proteggere programmi che non possono essere compresi da chi non ha stomaco. Mentre lui, il vice, ne ha da vendere. Quando Al Qaeda colpisce l’America il Secret Service lo fa sparire per metterlo a sicuro perché deve garantire la continuità in caso capiti qualcosa di irreparabile a Bush. «Non sono d’accordo con quanti sostengono che l’11 settembre mi ha trasformato in uomo diverso’ ha ricordato – ma ammetto che assistere da un bunker all’attacco ha cambiato la percezione delle responsabilità ». Un ruolo vero in un momento critico. Ben altro rispetto a quando, nel giugno 2002, diventa presidente pro tempore (appena qualche ora): Bush doveva sottoporsi alla colonscopia. L’onda lunga delle Torri gemelle spinge in alto Cheney che per alcuni coordina e per altri dirotta la reazione degli Stati Uniti. Un’investitura che accentua la riservatezza. Il suo staff ha l’ordine di triturare gli elenchi dei visitatori mentre i files delicati finiscono in una grande cassaforte. O forse in tre. Raccontano che segua personalmente, insieme a Rumsfeld, una delle prime missioni dei Predator, gli aerei senza pilota diventati l’incubo dei terroristi in Pakistan. Loro – i tagliagole – provano a fargli la festa organizzando un’azione kamikaze, nel febbraio 2007, durante una visita alla base afghana di Bagram. Episodi di una sfida che per molti esperti non si è mai chiusa completamente.
I «meriti» di questa lotta a tutto a campo si trasformano in «colpe» dopo l’avvento di Barack Obama alla Casa Bianca. Il giorno del giuramento Cheney è al Campidoglio su una sedia a rotelle, messo fuori gioco da un inatteso colpo della strega. Un’immagine che sembra segnare il crepuscolo, al punto che il Senato del Wyoming vota una risoluzione che augura all’uomo politico una felice vecchiaia, dove «abbandonati i fardelli pesanti possa dedicarsi alla pesca e alla scrittura delle sue memorie». Oppure alla caccia, attento a non ripetere il bizzarro incidente che nel 2006 lo porta ad impallinare, per errore, un avvocato. Un incidente miniera per battute. Obama lo prende in giro affermando che Cheney potrebbe intitolare le sue memorie «Come sparare ad un amico e interrogare le persone».
Ma chi pensa ad un ritiro definitivo prende un abbaglio. Darth Vader non ci pensa due volte a scendere nell’arena, prima ancora delle rivelazioni di queste ore. Un assalto frontale alle scelte democratiche strappando applausi tra i demotivati repubblicani. «Mi preoccupo – afferma – quando vedo che al governo c’è gente più interessata a proteggere i diritti di un terrorista di Al Qaeda che la sicurezza del popolo americano». Non esclude che possa verificarsi un altro attentato devastante. Poi rammenta i bei tempi andati quando erano lui e Bush a decidere. Una nostalgia che potrebbe costargli cara.