Osvaldo Guerrieri, La stampa 14/7/2009, 14 luglio 2009
ERROL FLYNN NEI MARI DEL SUD UN ROMANZIERE DA PERDONARE
Bastava guardarlo, Errol Flynn. Era l’avventura fatta carne e mai prima di lui, a Hollywood, persona e personaggio avevano trovato il punto della congiunzione perfetta. Robin Hood, il Conte di Essex, Captain Blood e gli schiumatori dei sette mari erano uguali a lui in tutto e per tutto: atleti simpaticamente canaglia, avventurieri tiraschiaffi facili alla zuffa, alla bevuta e sfrenatamente femminieri. Complice il regista Michael Curtiz, Flynn è entrato nella fantasia di tutti come l’unico vero picaro di Hollywood. E lui, che prima di conquistare il cinema era stato cercatore d’oro, camionista, fallimentare attore di teatro e perfino giornalista al solo scopo di riuscire a vedere che cosa succedeva in Spagna durante la guerra civile, non esitava a definirsi senza rimorso «il giullare del mondo occidentale».
Credevamo di sapere molto della sua vita e soprattutto dei suoi eccessi. Ma non sapevamo che era stato anche romanziere. Prima di morire nel 1959 a soli cinquant’anni, stremato e disfatto dalla vodka, Errol aveva lasciato un libro autobiografico (My Wicked Ways), ma di romanzi, qui da noi, nessuno aveva sentito parlare. Ed ecco Showdown, scritto nel 1946, pubblicato logicamente in America e rimbalzato da poco in Francia con il titolo L’épreuve de vérité (ed. Le serpent à plumes).
L’argomento? Un fascinoso capitano di goletta imbarca una troupe di cineasti che intende fare delle riprese lungo le coste della Nuova Guinea, terra nella quale Flynn era nato cent’anni fa. Naturalmente il produttore è un bevitore, il cameraman un vizioso e la protagonista - va da sé - ha un «corpo scultoreo». Fra gli altri personaggi figurano un missionario di grande generosità, una suorina troppo graziosa per conservarsi religiosa, alcuni tagliatori di teste e una ciurma molto, ma molto pericolosa. L’avventura scorre a rubinetti aperti: tempeste, naufragi, seduzioni, amplessi al chiaro di luna, calura tropicale, la morte in continuo agguato. Non manca niente. Neppure il barone di Münchhausen avrebbe potuto correre impresa più sfrenata.
Che genere di scrittore è Flynn? E, soprattutto, è uno scrittore? Per lui scrivere era l’unica alternativa alla luccicanza di Hollywood. Diceva: «Devo soltanto scrivere, nient’altro», lasciando immaginare (ma chissà) una volontà alfieriana e un’applicazione severa. Poi, alla resa dei conti, eccolo scivolare nelle approssimazioni, negli errori, nella madornalità delle sparate. Fra gli svarioni, i critici hanno segnalato anche questo: «Latitudine 142°, longitudine 89°». Considerato che all’Equatore la latitudine è 0° e al Polo 90°, la goletta del fascinoso capitano avrebbe dovuto navigare fra le stelle del firmamento. Sono cose che a uno scrittore non si perdonano e a un marinaio ancor meno. Ma a un picaro, che cosa vogliamo rimproverare a un picaro?