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 2009  luglio 12 Domenica calendario

DA FINOCCHIARO APRILE A MASTELLA L’ETERNO RITORNO DELLA «LEGA MERIDIONALE»


Cosa c’entrano Raffaele Lombardo, Gianfranco Miccichè e Agazio Loiero col signor Salvatore Marino aspirante governatore alle Regionali abruzzesi per la lista «Maschio 100% – Lega Sud Ausonia» nata «contro i partiti in­sulsi di destra e di sinistra» e i «servi del nazi-omosessualismo»? Niente. Ma questo è il nodo: tutti e tre i politi­ci, qualunque cosa abbiano in mente (insieme, divisi o addirittura l’uno contro l’altro) sono chiamati a un’im­presa: smentire una lunga tradizione di partiti e partitini e gruppuscoli e clan e molecole meridionalisti troppo spesso così estemporanei tra risultare bizzarri o addirittura ridicoli.

Dice Lombardo che «stavolta sta na­scendo una cosa seria». Che vuole «riequilibrare il peso schiacciante del­la Lega Nord». Ricorda che «Bossi di­fendendo gli interessi settentrionali fa il suo mestiere. Solo che è ora che nasca una forza che difenda fino in fondo gli interessi del Sud». Quindi? «Abbiamo 2 senatori e 8 deputati. Po­chi. Ma non voteremo più un solo provvedimento che danneggi il Mez­zogiorno. Mai più. Saremo intransi­genti. C’era un patto con Berlusconi: non è stato mantenuto. Non tradire­mo la maggioranza, ma difenderemo il Sud metro per metro». Rivela che anche Miccichè «sta mettendo su due gruppetti parlamentari, alla Camera e al Senato, con lo stesso obiettivo: rie­quilibrare il peso del Nord».

E assicura: «Non saremo soli. An­che Loiero, nel centrosinistra...». Po­che anime inquiete? Ridacchia: «Quel­lo che sta accadendo è rivoluziona­rio ».

Come andrà a finire? Boh... Certo l’ostacolo più grande, per quanti acca­rezzano il sogno d’una specie di Lega Sud, è che di «Leghe Sud» ne sono già nate negli anni a bizzeffe. Destinate l’una a essere risucchiata da un’altra. A scontrarsi in tribunale per il posses­so del nome. A scatenare risse intesti­ne meschinelle nel segno della guerra ai busti di Garibaldi, degli appelli a ri­muovere le piazze Cavour, delle invet­tive contro Costanza d’Azeglio, rea d’avere esclamato contro l’annessio­ne del Sud: «Qu’allons nous faire de ces gens-là, cosa faremo di quella gen­te? Confesso che penso con terrore al­la fatica di ripulire quelle stalle d’Au­gia ».

Sono passati decenni, dal giorno in cui un cinegiornale della Settimana In­com spiegò: «Il movimento indipen­dentista siciliano ha presentato due li­ste per la costituente. Il presidente Fi­nocchiaro Aprile ha inaugurato a Cata­nia la campagna elettorale. Il leader viene portato in trionfo al teatro San­giorgi. La decorazione del palcosceni­co raffigura l’emblema della Trina­cria. Il discorso di Finocchiaro Aprile è di netta opposizione. In esso si di­chiara che i siciliani amano l’Italia e se vogliono dissociarsi da lei per crea­re la nuova Confederazione Mediterra­nea ciò non deve suonare offesa. In un’intervista concessa dal nostro in­viato Finocchiaro Aprile ha accennato al programma che porteranno alla co­stituente. ’Noi difenderemo’ ha detto ’un progetto di confederazione di Sta­ti italiani sul tipo Nord americano. Ciascuno Stato potrà governarsi libe­ramente da se. alla Sicilia si sta già promettendo l’autonomia. Non ci ba­sta. Vogliamo l’indipendenza».

Sono passati decenni e, dal tramon­to di quella stagione, si è visto di tut­to. La nascita nel 1984 a Palermo del «Movimento d’Azione Autonomista». La fondazione a Napoli, intorno a una pizza marinara («non la Margherita che, nata in onore dell’omonima regi­na, è sabauda») di un Movimento cul­turale fondato da Riccardo Pazzaglia, scrittore e giornalista celebre come «filosofo» di Quelli della notte, per «ri­stabilire la verità sul Regno delle Due Sicilie».

Il battesimo all’hotel Midas nel ”90 della Lega meridionale Cen­tro- Sud-Isole (diffidata a sua volta per vie legali da un’altra «Lega Meri­dionale ») che si presentò offrendo la candidatura a Vito Ciancimino (che declinò) e Licio Gelli, che mandò un affettuoso augurio a «quanti si ricono­scono nell’ideale di ricostruire un’Ita­lia democratica, onesta, pulita per un suo futuro di prosperoso benessere». Lo sbocciare di «Noi Siciliani», capace di portare un deputato (Nino Scalici) all’Assemblea regionale grazie anche al peso del nome di Teresa Canepa, fi­glia di quell’Antonio che aveva fonda­to l’Esercito volontario per l’indipen­denza della Sicilia andando incontro a una fine tragica e misteriosa.

«Il Sud è una polveriera che può esplodere da un momento all’altro» tuonava allora Clemente Mastella: «Il clima è preinsurrezionale! Stanno to­gliendo le pensioni di invalidità in modo indiscrimina­to! ». Di più: «Io invo­co la ribellione del Sud. La ribellione mo­rale. Questi del Nord ci vogliono sotterra­re, ci vogliono umilia­ti e servi. Dai cento li­re all’Irpinia ed è scan­dalo, copri d’oro il Trentino ed è tutto giusto! Basta!». Di qui un annuncio in cop­pia con Francesco D’Onofrio: «Potrem­mo fondare la Lega meridionale. Abbia­mo già pronto il no­me: Unione Sud».

Al Mezzogiorno ci penso io, replicò l’ir­ruento Giancarlo Ci­to. E dopo aver preso Taranto e tentato di sbarrare la marcia se­cessionista sul Po sa­lendo con un manipo­lo di arditi fino a Chioggia («sono ve­nuto a prendere Bossi a calci nel cu­lo ») si candidò alla conquista del ca­poluogo lombardo alle comunali del ”97 alla testa della sua Lega d’Azione Meridionale con uno slogan indimen­ticabile: «Voglio tarantizzare Milano. Voglio che questa città diventi come Taranto, la Svizzera del Sud». I milane­si (chissà mai perché...) non lo apprez­zarono.

«L’ora della storia batte sull’orolo­gio del Sud» proclamò anni dopo Giu­lio Tremonti. Macché, risposero via via le regioni meridionali buttandosi una dopo l’altra a sinistra. Fu allora, in un momento di sconfitte azzurre a ripetizione, che spuntò nella ricciolu­ta capa di Gianfranco Micciché l’idea di «una specie di sottogruppo parla­mentare che tenga gli occhi aperti su tutto ciò che avviene alle Camere in­torno ai temi cari al Mezzogiorno che faccia da contraltare a questa immagi­ne di un governo attento prima di tut­to agli interessi del Nord». Un proget­to non così dissimile, pare di capire, da quello di oggi. Titoli sui giornali: «Nasce Forza Sicilia».

Insomma: fuochi d’artificio tanti, sbocchi politici pochi. Fino a una riu­nione, la prima in assoluto, a Cosen­za, nel gennaio di quest’anno, con la benedizione di Lom­bardo, di un folto gruppo di gruppetti: dai Centri di azione agraria a Noi Meridio­nali, da Uniti per la Pu­glia a Uniti per Mate­ra, dal Partito del Sud a Sicilia Libera, da Le­ga Sud Ausonia a Unione federalista me­ridionale fino a Uniti per Castrovillari o Noi Borbonici. Obiettivo: «Dare vita insieme a una ”’Lega del Sud’».

Risultati concreti? Zero, pare. Un pizzico di nervosismo a de­stra, tuttavia, sembra segnalare che, sotto sotto, qualcosa cova. Purché non vada tut­to a finire come in un leggendario spot elet­torale finito su YouTu­be. Quello di Giovan­ni Bivona, un tappetto mezzo calvo e dal capello lungo che col simbolo di «Patto Sicilia» avanza verso la teleca­mera strillando: «La politica è triste, facciamola diventare allegra. Protesta­te con me. Sto arrivando. Io sono qui per dirvi che dobbiamo votare tutti in­sieme, tutti per uno e uno per tutti perché non se ne può più di tutte que­ste cose che manca il lavoro, manca il turismo, l’edilizia, manca la serenità della gente in famiglia, nun si vuoli sposari più nisciuno pecché manca ”u travagliu così non ci saranno neanche produzione umana... Protestiamo. Protestiamo. Protestiamo».