Marco Damilano, L’Espresso, 16 luglio 2009, 16 luglio 2009
MARCO DAMILANO PER L’ESPRESSO 16 LUGLIO 2009
Ignazio il guastafeste Una squadra di giovani. Un generale a gestire i fondi. Sponsor eccellenti. Così Marino scompiglia i giochi nel Pd. E punta a conquistare la segreteria
Nello suo ufficio di Sant’Ivo alla Sapienza, accanto al Senato, c’è una foto incorniciata con una dedica sorprendente: ’To Rocky’. "Mi aveva soprannominato così il mio maestro di chirurgia, Thomas Starzl", racconta il Terzo uomo del Partito democratico: "Mi chiamava così perché mi diceva sempre: ’Tu non sei uno che cade al primo round’". Nulla di più lontano del pugile interpretato da Stallone dall’occhialuto esperto internazionale di trapianti, catapultato sul palcoscenico della politica italiana che si è fatto avanti per contendere a Pier Luigi Bersani e a Dario Franceschini la segreteria del Pd. Eppure, dietro l’apparenza mite, la giacca a vento rossa, lo zainetto sulle spalle, i blocchi di appunti presi con pennarello verde pieni di schemi, frecce, riquadri, si nasconde un combattente tenace. Uno che non si arrende fino alla fine. E che non ha nessuna intenzione di gettare la spugna.
Se ne sono accorti gli emissari di Bersani e Franceschini che erano andati da Ignazio Marino per convincerlo a non candidarsi. Niente da fare, irremovibile. Stessa reazione con Massimo D’Alema, suo sponsor politico principale e amico di famiglia. Per bloccare l’amico Marino l’ex premier le ha provate tutte. Velate minacce: "Ti farai male, molto male". Promesse che non si possono rifiutare: "Sai, Ignazio, io non vorrei che ti candidassi anche per un’altra ragione... Dovremo scegliere il candidato premier, tu saresti la persona giusta". E mozioni degli affetti, recapitate dalla signora Linda, la moglie di D’Alema: "Massimo non ci dorme la notte su questa storia". Ma Rocky Marino ha respinto tutti i colpi. Sfoggiando il rituale Zen che lo ha accompagnato in oltre trent’anni di professione e 700 trapianti. "Prima di ogni intervento chirurgico mi lavo lentamente le mani, i polsi, gli avambracci, i gomiti. Faccio scorrere l’acqua per l’ultima volta sulle mie braccia, dico una preghiera e abbandono il resto del mondo...".
Preparazione lenta, ma una volta deciso si parte. La candidatura Marino, il fattore I che irrompe nel campo democratico, già dilaniato dalla resa dei conti tra D’Alema e Walter Veltroni, ormai senza pudori nell’accusarsi in pubblico di ogni male dopo quindici anni di ipocrisia, non è un’improvvisazione. Il medico senatore ci pensa da febbraio, dai giorni drammatici delle dimissioni di Veltroni dalla segreteria, quando fu sondata la sua disponibilità a correre. Prematuro, ma Marino non ha smesso di rifletterci. L’idea ha cominciato a prendere forma due mesi fa, quando Franceschini gli chiese di fare il capolista alle europee in due circoscrizioni: Nord-Est e Centro. Il senatore rifiutò, ma nei mesi successivi ha girato l’Italia come una trottola per circoli, comizi, feste. E ha scoperto che c’è una bella fetta di militanti del Pd pronta a votarlo.
Quanto grande? l’incognita del congresso: se il professore riuscirà a mettere in piedi un fronte abbastanza largo da riuscire ad andare alle primarie del 25 ottobre e a far mancare il quorum del 50 per cento necessario a Bersani e a Franceschini per diventare segretario. Se l’obiettivo fosse mancato, si ritornerebbe all’assemblea dove i delegati di Marino sarebbero decisivi. Un sudoku che piace al principale consigliere del chirurgo, l’ex senatore Goffredo Bettini. Il nome simbolo del modello Roma e del Pd veltroniano, oggi in rotta di collisione con Walter e con Franceschini. Bettiniano è l’organizzatore della macchina che sostiene Marino, il deputato Michele Meta. Uno spettacolo vederli in azione alla festa del Pd romano, durante la prima uscita pubblica del candidato segretario. "Michelino, c’è un consigliere comunale di Cerveteri, prendi il numero...", urlava Bettini a Meta come un ragazzino alle prime armi congressuali.
Un padrino troppo ingombrante per Marino, però. Così, dopo solo due giorni, Bettini ha fatto un passo indietro e ha annunciato che sosterrà Marino con discrezione. Anche perché sul senatore-medico stanno arrivando appoggi meno targati politicamente. L’ex magistrato Felice Casson, oggi senatore del Pd. Il padre di Eluana, Beppino Englaro, disposto a prendere la tessera dei democratici per sostenere Marino. Due intellettuali con forti passioni politiche come Stefano Rodotà e Umberto Veronesi. Il direttore di ’Micromega’, Paolo Flores d’Arcais, in prima fila ad ascoltare Marino alla festa del Pd di Roma. I radicali di Emma Bonino che non hanno dimenticato la sua partecipazione ai funerali di Welby. ’L’Unità’ di Concita De Gregorio, soprattutto: il principale veicolo della candidatura Marino. Due interviste in due giorni firmate dal direttore. Una copertina per annunciare l’arrivo del Terzo uomo. Forum entusiastici su Internet. Un endorsement che schiera il giornale di proprietà di Renato Soru sul fronte più caldo della battaglia congressuale. In attesa delle truppe dei non allineati, quelli che si sentono stretti tra Bersani e Franceschini, i democratici-per-davvero che non sono né ex Ds né ex Margherita, i delusi che non votano Pd e che, chissà, potrebbero tornare a farlo. Marta Vincenzi, sindaco di Genova, ha già annunciato che starà con Marino. Il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti è fortemente tentato. Ha provato a trattare con Bersani, chiedendo di stare nello schieramento bersaniano con una lista autonoma e la segreteria regionale del Lazio per un suo uomo, ma a dirgli di no è stato D’Alema in persona. Il più corteggiato è il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino. In molti lo vedevano come la terza candidatura ideale, ora sperano che si spenda per Marino. Il Chiampa per adesso non si schiera in pubblico, ma sono ormai quotidiani i contatti con Ignazio e i suoi boys. A tirare le fila il trentaquattrennee consigliere lombardo Giuseppe Civati, leader dei lingottini, i giovani che reclamano un rinnovamento radicale del Pd, cui Marino ha affidato il reclutamento della squadra e la stesura della mozione congressuale. Il compito di gestire le risorse finanziarie tocca invece al generale Roberto Jucci, ex comandante generale dei Carabinieri, amico personale del candidato.
Un gruppo che rappresenta l’unica novità del congresso Pd, come riconosce perfino D’Alema: "Marino è davvero un volto nuovo, tra tanti finti nuovi". Un neofita della politica che a volte quando parla fa l’effetto ’Chance il giardiniere’, il personaggio del film di Peter Sellers che dopo aver coltivato rose tutta la vita, con le sue semplici banalità arriva alla Casa Bianca. "Sciocchezze", dice Leoluca Orlando che lo conosce dai tempi in cui Marino con l’attuale arcivescovo di Palermo Paolo Romeo frequentava il gruppo del cardinale Salvatore Pappalardo, "Ignazio è un leader naturale". Lo ha dimostrato amministrando il Medical Center di Pittsburgh, dove maneggiava con uguale cura fegati di babuini da trapiantare e milioni di dollari per la gestione. "Se ne avessi smarriti quattro, qualche domanda me l’avrebbero fatta", sottolinea il senatore con riferimento ai voti persi dal Pd alle ultime elezioni.
Un cattolico che apre la giornata recitando i salmi con un gruppo di preghiera on line, in ottimi rapporti con le gerarchie ecclesiastiche, ma deciso a ragionare con la sua testa sui temi etici fino a diventare un simbolo delle battaglie sui diritti civili. Un professionista arrivato alla politica in età adulta. Un moderato che riesce a parlare al cuore della sinistra: "Negli anni della contestazione studentesca ero l’unico che voleva far lezione, ora mi ritrovo a fare il rivoluzionario", scherza. Uno che ha lo stesso profilo di Romano Prodi, insomma. Ignazio Marino il nuovo Professore che il Pd cerca da anni? Chissà. Intanto Rocky è salito sul ring. E picchierà duro.