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 2009  luglio 13 Lunedì calendario

Tir: l’esercito dei padroncini ha perso quasi 20 mila aziende- Altro che black block. Sul summit del G8 ha aleggiato lo spettro di una protesta, prevista per venerdì scorso, ancora più rumorosa, benché del tutto pacifica

Tir: l’esercito dei padroncini ha perso quasi 20 mila aziende- Altro che black block. Sul summit del G8 ha aleggiato lo spettro di una protesta, prevista per venerdì scorso, ancora più rumorosa, benché del tutto pacifica. Che solo una lettera conciliante e ricca di promesse con timbro ministeriale ha fermato all’ultimo momento. Almeno fino a oggi. Ma non oltre domani, quando il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, incontrerà la dozzina di sigle che racchiudono il mondo dell’autostraporto italiano. I padroncini sono "neri". Come loro anche le piccole e medie aziende. Negli ultimi 13 anni il settore ha visto scomparire 53 mila imprese, e circa 20mila, quasi la metà, sono quelle che hanno chiuso battenti nei soli ultimi tre anni. Fallite, liquidate, accorpate: una moria senza precedenti. Tra ottobre e marzo di quest’anno, stima la Cgia di Mestre, la crisi economica ha ridotto il flusso di mezzi pesanti in circolazione di 21 milioni di unità, circa 150 mila tir al giorno lasciati nelle aree di sosta, un calo del traffico del 11,6% rispetto al 2007. Domani, al tavolo preparato dal ministero, le associazioni di categoria, sette riunite sotto il vessillo di Unatras, non intendono uscire a mani vuote. La base è inferocita e pretende risultati. Anche perché altre sigle, come quella di Trasporto Unito, mordono il freno, tirano dritto e già giovedì 16 luglio minacciano di intasare il raccordo anulare di Roma. «Prendiamo atto della buona disponibilità del governo e non vogliamo gravare sul Paese con scioperi selvaggi. Ma se ancora una volta le nostre richieste resteranno inascoltate, dovremmo prenderemo misure adeguate. Il nostro settore è in ginocchio, non possiamo attendere oltre», è il monito lanciato da Giovanni Montali, coordinatore nazionale di CnaFita, 30 mila piccole imprese iscritte. Sul banco degli imputati ci sono i costi del trasporto per km, i più alti d’Europa, 1,53 euro contro 1,43 spesi da un’azienda tedesca, 1,45 dai francesi, 1,1 euro dagli spagnoli, 1,2 da sloveni e 1 euro dai polacchi. Costi alle stelle, certificati dall’Albo nazionale autotrasportatori, per colpa del deficit infrastrutturale; di una riforma del settore, quella del 2005 che ha eliminato le tariffe obbligatorie a vantaggio del libero mercato, e ancora tutt’altro che digerita; di spese giudicate folli per assicurazione, gasolio, pedaggi. Il che si traduce su strada in un dumping sempre più pericoloso, soprattutto per le imprese transfrontaliere, sottoposte alla concorrenza dall’est Europa, e una guerra al ribasso dei prezzi che sta strangolando le aziende. «Pur di lavorare si viaggia anche a 0,70 euro al km racconta un padroncino un vero bagno di sangue. Come si fa a far quadrare i conti? Semplice. Si lasciano i conducenti alla guida per 12 ore filate, poca accuratezza per le merci e poca, pochissima sicurezza». L’autotrasporto galleggia a redditività zero, quando va bene, e ora pretende una mano per risollevarsi. O almeno che si rispettino gli impegni, come i 150 milioni stanziati in Finanziaria e mai arrivati a destinazione. Il problema è che il crack delle imprese non ha fermato il proliferarsi delle associazioni di categoria, 11 in tutto, 7 delle quali, che rappresentano l’80% dei mezzi circolanti, riunite in Unatras. Tra le ultime nate, nel panorama affollato del settore, ci sono Assotir e TrasportoUnito, che raccolgono gli umori più accesi della categoria, ma altre ancora garantiscono gli operatori sono pronte a buttarsi nella mischia. Tra le richieste più urgenti: copertura dei costi di sicurezza, disponibilità delle risorse promesse al settore, maggiori esenzioni sui pedaggi, messa al bando delle società senza mezzi (circa 50 mila broker che fanno pura intermediazione), controlli e limitazioni al cabotaggio stradale, istituzione in breve di un osservatorio sul settore e di un organismo con poteri sanzionatori sulla sicurezza. Il pianeta autotrasporto vale circa 200 miliardi di fatturato l’anno, il 14% del Pil. E quando si ferma sono dolori, per tutti. Come è successo nel Natale 2007 con lo stop dei Tir che ha paralizzato l’Italia. Sono in tutto 163 mila imprese, per il 75% ditte individuali mentre appena il 4% ha più di 25 veicoli nel parco automezzi. Un mondo frammentato, spesso diviso, che si contende un mercato che trasporta su gomma il 75% delle merci in movimento d’Italia. I venti di crisi non lasciano indifferenti neppure le grandi aziende. Nella top ten degli operatori del trasporto, ben sei sono a capitale straniero: Dhl, Tnt, Gruppo Ceva, Saima, Kuhene, Shenker. I big player italiani, come Savino del Bene (800 milioni idi fatturato), Bartolini (764 milioni), Fercam (438 mln), Arcese (410 mln), sono ormai grandi gruppi di trasporto e logistica integrata. Ma anche per loro come ha sottolineato AnitaFedertrasporti, l’associazione aderente a Confindustria, è dura: flessione dei ricavi del 8% nel 2008 e del 10% per quest’anno. «Occorre però cogliere l’occasione per rinnovarsi ha ricordato il presidente Eleuterio Arcese Le nostre imprese, seppur con enormi difficoltà, ci stanno provando». A Trento, un gruppo di nove autotrasportori locali risponde alla crisi cercando di unire forze e strategie imprenditoriali lanciando una nuova società. Il nome c’è già: Trentino Cargo. Le trattative sono su strada da mesi, ma manca ancora l’accordo definitivo. In caso di successo la nuova società arriverà ad impiegare 950 addetti e a produrre un volume d’affari pari a 131 milioni di euro. Un esempio da seguire, secondo tutte le associazioni, ma non è una strada facile. In Italia le spinte aggregative hanno già portato, nel corso degli anni, alla creazione di oltre mille consorzi. Spiega Natale Mariella, vicepresidente di Anita e a capo del consorzio pugliese Coimba. «Siamo un consorzio di secondo livello, composto da 450 imprese, tra cooperative e consorzi. Nasciamo per rispondere a necessità molto pratiche: la gestione dei rimborsi viacard sullo sconto erogato dal governo a cui accediamo facendo massa critica e migliorando le agevolazioni. Oggi però con la crisi in atto, occorre un salto di qualità. Maggiore riconoscimento da parte delle istituzioni e uno sforzo delle imprese per creare nuove sinergie».