Massimo Mucchetti, Corriere economia 13/7/2009, 13 luglio 2009
MA LE BANCHE RAFFORZINO IL PATRIMONIO
Icrediti in sofferenza sono aumentati di 5 miliardi di euro nei primi tre mesi dell’anno. In alcuni dei maggiori gruppi bancari, i rendiconti si annunciano peggiori dei preventivi. Certo, la ridotta deducibilità fiscale degli accantonamenti a fondi rischi (0,3% sugli impieghi storici, 0,5% sui nuovi), induce le banche a nascondere la polvere sotto i tappeti. Se il governo, come ha annunciato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, mercoledì 8 luglio all’assemblea dell’Abi, alzerà questa soglia, ci sarà una maggior convenienza ad ammettere le difficoltà. E non sarebbe allora azzardato ipotizzare un incremento delle sofferenze fino a 30 miliardi su base annua. Una somma pari al 15% del patrimonio di vigilanza dell’intero sistema bancario, sufficiente a far fuori la metà abbondante delle riserve formalmente eccedenti.
In questo contesto, si riapre la questione di Basilea 2, come in gergo vengono chiamati i criteri per la determinazione dei requisiti patrimoniali delle banche concordati nella città svizzera dai governatori delle banche centrali dei 10 paesi più industrializzati del mondo nel 2001 e recepiti nel 2006. Basilea 2 avrebbe dovuto migliorare l’accordo originario del 1988.
L’intesa prevede di legare il capitale minimo richiesto per l’esercizio dell’attività bancaria non al totale delle attività indicato nello stato patrimoniale ma a un totale ponderato in base al grado di rischio delle diverse attività. In questo coacervo i crediti sono pesati secondo modelli di rating definiti dalla stessa banca.
Memori delle manipolazioni dei consigli di amministrazione liberi di valutare e svalutare in base al generico principio della sana e prudente gestione, i riformisti italiani hanno a lungo difeso Basilea 2 e il connesso principio di valutare ai prezzi di mercato tutto il valutabile come spinta verso la modernizzazione e la riduzione, se non proprio la cancellazione, dei favoritismi nei rapporti con la clientela.
Perché giudicare intuitu personae il merito di credito di un mobiliere della Brianza o considerare gli impatti di potere dei guai potenziali dei soliti noti quando si potrebbe ragionare solo sui numeri? L’uomo è influenzabile, il computer no. Con Basilea 2 verranno fuori le magagne delle banche, si diceva. Riallineando gli attivi al mark to market , quanti aumenti di capitale dovranno fare le banche e i loro amici!
Alla prova dei fatti, grazie a Basilea 2 le banche hanno lavorato con meno capitale di prima. E così hanno aumentato il rendimento delle azioni e il valore delle stock option senza curarsi di quanto, in tal modo, accrescessero il rischio in capo ai depositanti e agli Stati, nei casi in cui i depositi erano coperti da garanzia pubblica.
Fino a quando la finanza ha tirato, Basilea 2 sembrava il massimo della razionalità.
Ben pochi ne intuirono i pericoli. La Cassandra più autorevole, almeno in Italia, fu Vincenzo Maranghi, ma, allontanato da Mediobanca nel 2003, non poteva più influenzare i nuovi potenti.
Poi ci si è accorti che Washington Mutual, una delle principali banche americane, è andata in bancarotta nel settembre 2008 e ancora al 30 giugno esibiva un Tier 1 di 9,4 largamente superiore ai «tetti» di Basilea 2. E adesso si capisce che erogare il credito alle imprese secondo il rigido meccanismo del rating fa piovere quando è già tutto bagnato e toglie l’acqua quando c’è siccità. Se al variare delle prestazioni economiche varia fatalmente e in proporzione il merito di credito, la banca dovrà immediatamente far pagare di più il cliente in difficoltà e, a sua volta, assorbire più capitale di vigilanza a copertura del maggior rischio con la conseguenza di ridurre il monte degli impieghi a patrimonio costante.
Un po’ di libero arbitrio consentirebbe di condividere meglio il rischio d’impresa, sia pure senza confondere i ruoli tra creditore e debitore. Per questo oggi, nemmeno i riformisti sono più disposti a morire per Basilea.
Allentare i vincoli di Basilea 2, però, non esime le banche dall’aumentare la propria forza patrimoniale. Perché, se Basilea 2 ha fallito nel far emerge i problemi per tempo, la miglior funzione predittiva, conti alla mano, hanno dimostrata di averla il free capital e il rapporto secco di leverage . Nella recente analisi sulle grandi banche internazionali, Mediobanca osserva che il capitale libero, ovvero non immobilizzato in investimenti e avviamenti, era sempre basso o negativo nelle banche poi fallite, mentre il rapporto tra totale delle attività e patrimonio netto tangibile, depurato cioè dagli avviamenti, era invariabilmente molto alto.