Mattia Salvatore, Il Riformista 11/07/2009, 11 luglio 2009
Prc in bolletta taglia i dipendenti - Vento di crisi economica a Rifondazione Comunista. I conti non sono in rosso, peggio
Prc in bolletta taglia i dipendenti - Vento di crisi economica a Rifondazione Comunista. I conti non sono in rosso, peggio. E i dipendenti saranno i primi a pagarne le conseguenze. Le cifre sono da brivido: nel 2008 il partito ha chiuso con un buco di 500mila euro e quest’anno la stima prevista è ancor più gravosa, arriva a 2 milioni. Il Prc campa grazie ai rimborsi statali per le elezioni a Camera e Senato del 2006. Nel 2008 la batosta della Sinistra Arcobaleno e alle europee la lista Comunista, pur avendo miglior sorte, non ha ottenuto nessun rimborso perché l’asticella fissata al 4%. Prima della legge votata in fretta e furia l’anno scorso al Parlamento era al 2. Uno dei motivi per cui il segretario Paolo Ferrero è nero dalla rabbia. Ora si trova costretto, a malincuore, a tagliare posti di lavoro. Come qualsiasi altra impresa in stato di crisi. Anzi, forse anche peggio perché i dipendenti di partito non godono dello statuto dei lavoratori, quindi possono esser mandati per strada senza alcun problema. Dai 125 attuali si dovrà scendere a non più di 40. Per i licenziati la direzione del Prc ha previsto una buonuscita: 7mila euro per chi ha lavorato meno di 56 mesi, invece per chi supera questa soglia spetta una mensilità per ogni anno di servizio. Il piano al momento non è stato sottoscritto dalla maggioranza dei lavoratori tra cui monta il malcontento. M., quarantenne, ha diciotto anni di lavoro alle spalle nel Prc e adesso si troverà con quasi 30mila euro in tasca ma senza alcuna possibilità di futuro. Come lui molti altri. «Mi sembra di rivivere il caso Alitalia - denuncia qualcuno - I manager hanno portato l’azienda al fallimento e poi loro hanno buonuscite profumate mentre a rimetterci sono i lavoratori». Altri ricordano a Ferrero la battaglia sull’estensione dell’articolo 18. Tanto che per Vittorio Mantelli, responsabile del dipartimento Inchiesta, bisogna fare una battaglia politica per «estendere lo statuto dei lavoratori anche agli stipendiati di partito, bisogna fare pressioni su Fini perché spiga il Governo a fare subito un decreto». A sentire il tesoriere Sergio Boccadutri la situazione è ancor più grave: «Da aprile 2010 andranno per strada anche i dirigenti, perché toccheremo il fondo - dice - Quelli allontanati ora almeno avranno una buonuscita». Per risalire si punta alle regionali dell’anno prossimo, dove basta un eletto per avere il rimborso, e a ridurre le spese. «Sarò molto più rigoroso sui rimborsi spese», aggiunge Boccadutri, che tra le voci in entrate menziona «la valorizzazione del patrimonio». Forse il trasferimento in una sede più modesta. Poi c’è il capitolo Liberazione, un passivo gravoso per Rifondazione che per salvarla ci ha già rimesso 10 milioni in 5 anni. Il 16 luglio ci sarà un incontro tra Fnsi, Fieg e redazione per valutare un piano di ridimensionamento: giornale a 12 pagine, riduzione dei redattori da 33 a 16 con contratti di solidarietà e rilancio del web le proposte sul tavolo. Per gli altri dipendenti ci sarebbero prepensionamenti e cassa integrazione. «Capiamo lo stato di crisi ma il ridimensionamento è eccessivo», afferma il cdr di Liberazione, il quale non ha comunque intenzione di alzare muri, «vogliamo però che ci sia un piano di rilancio che adesso manca». Infine una grana tutta romana: la città è piena di manifesti «Rifondazione è come i padroni, non paga i lavoratori». Ad affiggerli una cooperativa di attacchinaggio «Zona Rossa» che da anni lavora per il Prc. Nel 2008 ha lavorato per la campagna elettorale della Sinistra Arcobaleno, fatturando alla fine 70mila euro. Soldi che non sono mai arrivati perché la federazione capitolina, scossa da scissioni, ha un buco di 300mila euro. Pare addirittura che il bilancio in rosso del partito sia finito nelle aule dei tribunali.