Giancarlo Radice, Corriere della Sera 11/07/2009, 11 luglio 2009
MILANO
Una maggiore tutela del copyright per evitare che il giornalismo di qualità venga spazzato via dallo strapotere dei siti web che offrono informazioni a titolo gratuito. E’ questo il senso dell’appello che un nutrito gruppo di editori di quotidiani e periodici ha rivolto al commissario europeo Viviane Reding.
«Molti provider internet utilizzano il lavoro di giornalisti, autori, editori, emittenti tv senza pagarlo - scrivono nella lettera alla Ue - e questo alla lunga rischia di far sparire l’informazione di qualità e minaccia la stessa esistenza del giornalismo indipendente ».
A lanciare l’allarme sono gruppi di primissimo piano, da News Corp ad Axel Spinger, da Lagardere a Burda. I quali puntano il dito soprattutto contro Google, Yahoo e le altre grandi web company che sui loro siti fanno da «aggregatori» di notizie, commenti, analisi prodotti dalle stesse testate degli editori che ora li accusano, e li mettono in rete gratis per i loro utenti. Di più: la popolarità di questi «aggregatori» di contenuti media vanifica anche gli sforzi che gli stessi editori stanno facendo per sviluppare canali propri di distribuzione, a pagamento, di news via internet. E tutto questo in una fase di forte crisi per la carta stampata di tutto il mondi sviluppato, che continua a perdere lettori. Proprio in questi giorni, non a caso, un grande quotidiano come il New York Times sta valutando se reintrodurre forme di abbonamento per la sua edizione online. Ci aveva già provato nel 2005, facendo pagare l’accesso agli articoli dei suoi più prestigiosi commentatori, ma l’esperimento è stato cancellato nel 2007 a causa degli scarsi introiti che aveva prodotto. Ora si parla di introdurre micro- pagamenti per l’accesso a tutti i contenuti del giornale: 5 dollari al mese, 2,5 per gli abbonati dell’edizione stampata. Finora, l’unico grande quotidiano internazionale ad essere riuscito a imporre un sistema di abbonamenti (attualmente 120 dollari l’anno) è il Wall Street Journal, mentre il Financial Times distribuisce a pagamento solo una parte dei suoi contenuti.