Stefano Agnoli, Corriere della Sera 11/07/2009, 11 luglio 2009
MILANO
In teoria un gasdotto che porta il nome di un’opera di Giuseppe Verdi, il «Nabucco», dovrebbe riscuotere la simpatia italiana, soprattutto se promette di allentare la dipendenza dalle forniture russe. In realtà gli interessi immediati delle aziende nazionali dell’energia, Eni e Edison, non coincidono con il tubo trans-europeo che lunedì 13 luglio, ad Ankara, farà un passo in avanti. Dopo lunghe trattative con il governo di Tayyip Erdogan, infatti, i paesi attraversati dalla futura linea Mar Caspio-Europa (Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria, oltre alla Turchia) sigleranno la necessaria intesa intergovernativa. Un atto dovuto perchè il progetto caldeggiato dall’Unione europea prenda finalmente il largo, con l’obiettivo di diminuire la vulnerabilità energetica del continente, troppo sbilanciato sul gas russo e algerino.
Lungo 3.300 chilometri, il Nabucco avrà una capacità di 31 miliardi di metri cubi di metano l’anno e un costo di 8 miliardi di euro. Finora è stato il tira e molla con i turchi sulla quota di gas da trattenere per i consumi interni a rallentare i preparativi. Ankara spingeva per accaparrarsi il 15%, gli altri partner e l’Ue non erano d’accordo. Alla fine si sarebbe raggiunto un compromesso: niente 15% ma un imprecisato diritto turco a prelievi aggiuntivi in caso di necessità.
Nel Nabucco, che piace anche agli Usa, non ci sono interessi diretti italiani in ballo, se non quello generico di diversificazione delle fonti di approvvigionamento. L’Eni, infatti, è in corsa con un progetto alternativo insieme ai russi di Gazprom, il «South Stream» che scavalcando l’Ucraina attraverso il Mar Nero porterebbe il gas in Bulgaria per poi diramarsi verso nord e verso sud. Un progetto assai costoso anche per il lungo tratto sottomarino (900 chilometri) e dilatato nelle sue prospettive dopo l’incontro di maggio a Soci tra i due premier, Vladimir Putin e Berlusconi. Ora dovrebbe arrivare a trasportare (nel 2015) addirittura 64 miliardi di metri cubi, per un investimento superiore a 20 miliardi di euro. Logico che persino all’interno del consiglio del Cane a sei zampe si nutra qualche dubbio per un progetto così impegnativo.
Ma anche la Edison italo- francese, con il suo Itgi destinato ad arrivare dalla Turchia alla Puglia via Grecia (anch’esso benedetto dall’Ue), si ritrova ad essere in competizione con il Nabucco. In questo caso per il gas che dovrebbe alimentare il tubo. Sia il Nabucco sia l’Itgi insistono all’incirca sullo stesso tratto turco (il primo sarebbe un tubo nuovo, il secondo un potenziamento dell’esistente), ma al momento non hanno in tasca neppure un metro cubo di gas. E entrambi lo chiederanno all’Azerbaigian, la repubblica ex sovietica che si affaccia sul Caspio. A Baku non aspettano altro che concludere dei contratti di vendita per avviare lo sfruttamento del giacimento marino di Shah Deniz 2. Ci sarà quindi una gara a due che dovrebbe tenersi entro la fine dell’anno, e alla Edison non disperano affatto. Anzi: visto che il gas azero di Shah Deniz non riempirebbe che un quarto del Nabucco mentre soddisferebbe tutta la capacità dell’Itgi (8 miliardi di metri cubi) ritengono di essere i candidati più adatti per il successo, anche se, nel frattempo, si sono premurati di fare un’offerta per il giacimento irakeno di Akkas.
In ogni caso, quindi, i promotori del Nabucco dovranno cercare nell’area del Caspio e del Medio Oriente dell’altro gas. Dove? Probabilmente in Turkmenistan, che ha dichiarato di voler aderire al progetto, e quasi sicuramente nell’Iraq, ironia della sorte, dell’antico re Nabucodonosor.