Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 11/07/2009, 11 luglio 2009
Aveva tre obiettivi Luca Bianchini e li aveva annotati in un bigliettino che i poliziotti hanno trovato nel suo comodino
Aveva tre obiettivi Luca Bianchini e li aveva annotati in un bigliettino che i poliziotti hanno trovato nel suo comodino. scritto in stampatello: «1. Guarire definitivamente dalla malattia prima possibile. 2. Essere sereno e libero la sera quanto torno a casa. 3. Avere tanti rapporti con donne grandi e stare tranquillo senza impulsi a breve». Impulsi, come quello scattato il 2 giugno quando la telecamera puntata all’ingresso di un garage lo riprende mentre segue una donna. Si muove di soppiatto e appena la preda è a pochi metri si cala il passamontagna sul viso e tenta di braccarla. Lei comincia a urlare, lui fugge. Impulsi, come quello che dopo una violenza lo spinge a rivestire la vittima, ad accarezzarla e rassicurarla tanto che lei dirà poi in lacrime: «Mi ha trattata come fossi una bambina». Impulsi, come quello che lo incita a ripetere le scene viste nei filmini porno che collezionava: «Ti stuprerò », «Stupri dal vero», «Stupri gallery», «Violentata sulla sabbia», «Perché i gatti» che sulla copertina ha la foto di un aggressore con passamontagna, «Belve col mitra», «Arancia meccanica». Forse era copiato anche il video che il 26 giugno a mezzanotte e un quarto ha registrato sul suo telefonino: si vede il pavimento e in sottofondo lui ossessivamente ripete «bella, bella, bella». O forse era stato ispirato da un libro che custodiva come fosse una guida: «Ladri di piacere- stupri e violenze su donne» di Franco Pola. Ha 32 anni Luca Bianchini e una vita apparsa sempre normale ad amici e conoscenti. Un’esistenza addirittura «noiosa» per la sua fidanzata che venti giorni fa lo ha lasciato «perché lui non aveva mai voglia di fare nulla, la sera non ci vedevamo quasi mai» e adesso non sa darsi pace per aver vissuto oltre un anno accanto a un mostro. Ai poliziotti che ieri mattina sono andati ad arrestarlo nel suo ufficio di addetto contabile presso la società «Metropolitane srl» dice subito che «è uno sbaglio, avete preso un abbaglio». Ma la sua vera personalità emerge quando si trova faccia a faccia con Vittorio Rizzi, il capo della squadra mobile di Roma che per oltre un mese gli ha dato una caccia senza tregua. L’indagine è chiusa, le prove sembrano schiaccianti. Ma Rizzi è investigatore esperto, gioca la sua carta per ottenere una confessione: «Tra sei ore arriverà il risultato del tuo Dna e sarai in trappola. Possiamo avere un atteggiamento di comprensione se sarai tu a raccontare la verità ». Bianchini lo guarda fisso e lancia la sfida: «Sono tranquillissimo. Non ho fatto questi stupri». Ha due passioni Luca Bianchini, ma quella per il sesso violento è riuscito a tenerla segreta fino a ieri. L’altra invece è la politica e la sbandierava, probabilmente la utilizzava proprio per nascondere a tutti la sua reale personalità. Adesso chi credeva di conoscerlo bene dice che «quando è diventato coordinatore della sezione del Pd del Torrino ha coronato un sogno». E forse non è un caso che Riccardo Milana, il segretario romano del partito, non riesce quasi a credere che quanto è accaduto possa essere vero. «Quando l’ho saputo, mi stavo sentendo male» dice. Come la mamma di Luca che dopo l’arresto è svenuta. Il padre invece è andato subito in questura. Ha trascorso ore nella sala d’aspetto, ma aveva ben chiaro che sarebbe tornato a casa da solo. I genitori sanno bene quale macchia ci sia nel passato del loro ragazzo, ma forse erano convinti che quella brutta storia fosse stata davvero superata. Luca viveva con loro nel 1996 quando aggredì la vicina del piano di sotto e le diede una coltellata dopo aver cercato di stuprarla. Fu arrestato dopo qualche ora, però all’udienza preliminare il giudice stabilì che «al momento del fatto non era in grado di intendere e di volere», dunque lo mandò assolto. A nulla servirono le proteste della signora e del suo avvocato Francesco Caroleo Grimaldi che in aula affermò: «Si è stabilito che un ragazzo assolutamente normale può aggredire una donna oggetto delle sue fantasie erotiche e rimanere impunito in quanto la scienza ufficiale giustifica tutto con la teoria del raptus». Luca Bianchini fu mandato in un Centro di igiene mentale, rimase a lungo sotto osservazione. Lentamente cominciò ad acquistare un’apparente normalità che poi si è trasformata in una vita pubblica senza scosse. Lo specchio della sua vita è l’appartamento anonimo dove aveva scelto di vivere, nella zona di Cinecittà. Ingresso, bagno, cucina, saloncino a camera arredati con i mobili dell’Ikea, nessun tocco personale, niente quadri alle pareti, soltanto un grande televisore ai piedi del letto e tanti libri di giurisprudenza che continuava a sfogliare senza ormai alcuna speranza di arrivare alla laurea. I segni della sua perversione criminale che lo aveva trasformato in uno stupratore seriale li teneva celati nei mobili dove aveva nascosto filmini hard e quelle fascette nere di plastica che come fossero manette stringeva ai polsi delle sue vittime prima di cominciare a palparle e leccarle sul collo.