Maurizio Caprara, Corriere della Sera 11/07/2009, 11 luglio 2009
Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore d’Italia a Teheran e gli ha comunicato la «condanna» della Repubblica islamica di Mahmoud Ahmadinejad per «l’uso della forza, da parte della polizia italiana, volta a reprimere le manifestazioni degli oppositori» al vertice del G8
Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore d’Italia a Teheran e gli ha comunicato la «condanna» della Repubblica islamica di Mahmoud Ahmadinejad per «l’uso della forza, da parte della polizia italiana, volta a reprimere le manifestazioni degli oppositori» al vertice del G8. Considerato che il regime iraniano ha mandato i miliziani basiji a manganellare da moto in corsa studenti in corteo, che all’Aquila non è accaduto nulla di simile a quanto successe a Genova nel 2001, che in Iran i dissidenti finiscono in galera, la notizia di ieri a prima vista risulta surreale. In realtà, si tratta dell’ennesima puntata di una partita nella quale le mosse sono studiate con freddezza. Oltre all’ambasciatore Alberto Bradanini, chiamato in qualità di rappresentante del Paese che presiede il G8, è stato oggetto di una convocazione anche il suo collega tedesco. A entrambi è stato addebitato che l’Europa adotterebbe «restrizioni contro la minoranza islamica con il pretesto di combattere il terrorismo ». Secondo Teheran, il G8 avrebbe la colpa di un «silenzio» su una violazione dei diritti umani: l’uccisione di una egiziana a Dresda. Per capirne di più occorre guardare al passato recente e a ieri. L’Italia è lo Stato europeo che da anni coltiva di più i canali di dialogo con l’Iran. Nella conferenza stampa finale del vertice dell’Aquila, Silvio Berlusconi non ha riservato una parola alla messa in guardia ricevuta. Pur ricordando che il G8 ha espresso «deplorazione» per «le violenze» in Iran e «condanna» per le dichiarazioni di Ahmadinejad che negano la Shoah, il ministro degli Esteri Franco Frattini si è soffermato sull’offerta di dialogo avanzata dagli Otto affinché Teheran non spinga i suoi piani nucleari alla produzione di bombe atomiche: «Spero che l’Iran comprenda l’importanza di cogliere la mano tesa». Un’offerta che a Barack Obama, il promotore, sta costando qualche fatica mantenere aperta. «L’Iran deve riunirsi alla comunità internazionale. Se sceglierà di non varcare quella porta, dovremo compiere ulteriori passi», ha affermato il presidente degli Usa. «Non potremo aspettare all’infinito», ha aggiunto Obama. Qui sta il punto: mentre a Teheran non sono ancora del tutto chiari gli equilibri di potere post-elettorali e Mosca frena una linea dura, nel G8 la speranza di aprire un negoziato per convincere l’Iran a rinunciare all’atomica è stata preferita all’innalzamento di un muro in segno di difesa dei dissidenti iraniani. «Non è vero che puntiamo alle sanzioni», ha confermato Obama. Berlusconi in pubblico ha detto che «si è deciso all’unanimità» di non chiederne altre anche se Nicolas Sarkozy ne avrebbe volute, a suo avviso «perché una studentessa francese è stata arrestata e accusata di spionaggio». L’Italia è stata individuata a Teheran come Paese da avvertire. Non ha subito arresti di personale della sua ambasciata, come la Gran Bretagna, o di suoi cittadini, come la Francia. Il diplomatico che ha incontrato Bradanini, Mostafa Doulatyar, direttore generale per gli affari europei, è lo stesso al quale Frattini il 25 febbraio affidò l’invito al ministro degli Esteri iraniano per la conferenza di giugno sull’Afghanistan a Trieste. Prima che quel viaggio non si realizzasse, una visita di Frattini in Iran saltò perché Ahmadinejad voleva ricevere il ministro italiano nel Semnan. Da lì, il presidente iraniano aveva appena assistito al lancio di prova di un missile capace di raggiungere il Sud-Est dell’Europa. Giovedì, Frattini è stato preso di mira da Aly Akbar Velayati, consigliere della Guida suprema Ali Khamenei. Accuse di «interferenze sconsiderate», di «non essere adeguato a farci richiami». Il ministro ha cercato di schivare il colpo: «Evidentemente si riferisce a un’altra persona». Maurizio Caprara