Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 11/07/2009, 11 luglio 2009
QUANDO LO SCRITTORE PROMETTE ODIO PERENNE A CHI LO CRITICA
Va bene tutto, ma che uno scrittore prometta odio perenne al critico che l’ha stroncato ha un che di comicamente iperbolico. Specie se l’anatema viene lanciato da un filosofo che per definizione (almeno nell’immaginario diffuso) dovrebbe aver imparato a prendere con filosofia le peggiori sventure. proprio l’odio, senza mezzi termini, il sentimento che Alain de Botton, saggista svizzero (di lingua inglese), ha voluto esternare subito dopo aver letto sul New York Times la recensione di Caleb Crain sul saggio Lavorare piace, presentato da Guanda (che l’ha tradotto in Italia) come «un’ode all’intelligenza, alla peculiarità, alla bellezza e all’orrore del lavoro moderno».
Il critico in effetti era andato sul pesante, precisando, dopo aver definito superficiale e snob il saggio di de Botton, che alcune pagine del libro emanano una «puzza di cavolo appena bollito». De Botton non l’ha presa con filosofia e non ci ha pensato due volte a lanciare il suo anatema contro il recensore: «Ti odierò fino al giorno della mia morte» ha scritto, considerando la stroncatura un attacco personale. Attacco che per la verità sarebbe suonato come una vera e propria maledizione se de Botton avesse detto: «Fino al giorno della tua morte», ma questo per fortuna se l’è risparmiato. Anche se quel possessivo di prima persona finisce per prolungare la promessa a una sua eventuale (de Botton è poco più che quarantenne) posterità.
In Italia la cosiddetta società letteraria di solito usa toni più sfumati e più difficili da interpretare. E a una stroncatura, più che con un giuramento (alquanto impegnativo) di odio perenne, lo scrittore preferisce opporre sentimenti che sono figli di un malcelato vittimismo: per esempio, l’incredulità risentita e un po’ altera, l’orgoglio ferito o persino la delusione accorata («non me lo aspettavo...», «io che lo stimavo tanto...»). Il risultato è che per qualche anno i due contendenti eviteranno di incrociarsi ai convegni e se sarà inevitabile (un premio in comune...) fingeranno di non conoscersi, sopportando a distanza il reciproco puzzo di cavolo bollito.